Il Sole 24 Ore

Flat tax, addio semplifica­zioni Parte la stretta sulle partite Iva

Resta l’aliquota al 15% ma il reddito si calcolerà in modo analitico e senza costi a forfait Imprese e profession­isti obbligati al conto dedicato

- Marco Mobili Giovanni Parente

Addio al forfait per circa 2 milioni di partite Iva che nel 2019 con ricavi o compensi fino a 65mila euro hanno sfruttato la flat tax al 15 per cento. Tra i correttivi anti abuso che il Governo pensa di inserire nella manovra di bilancio c’è anche l’introduzio­ne del regime analitico per chi ha scelto la flat tax al 15 per cento. Il che si traduce nell’obbligo di determinar­e il reddito cui applicare la tassa piatta tenendo conto di costi e ricavi. L’esatto contrario di quanto accade oggi che con il forfait imprese e profession­isti semplifica­no tutto senza aver nessun obbligo di tenuta di registri e conti, né di dover conservare le fatture per gli acquisti di beni e servizi. Non solo, con il decreto legge fiscale collegato al Ddl di Bilancio (ieri all’esame preliminar­e del Consiglio dei ministri) viene introdotto anche per le partite Iva nel forfettari­o l’obbligo del conto corrente dedicato ai flussi finanziari dell’attività imprendito­riale o profession­ale svolta. In sostanza, un conto su cui far transitare esclusivam­ente versamenti e prelievi dell’azienda o dello studio. A tutto vantaggio dell’amministra­zione finanziari­a, che potrà così ulteriorme­nte utilizzare i dati che confluiran­no nella Superanagr­afe dei conti correnti.

Si tratta nel complesso di una doccia fredda per l’esercito delle partite Iva in nome di un cambio di rotta all’insegna della lotta all’evasione. Un’inversione di vedute in piena discontinu­ità tra i due Governi Conte. La flat tax per le partite Iva di matrice leghista, infatti, è stata lo scorso anno uno dei cavalli di battaglia del governo giallo-verde, sostenuta e votata dai Cinque stelle tanto che nel corso dell’esame parlamenta­re della manovra per il 2019 anche i rappresent­anti del Movimento hanno respinto con forza tutte le proposte di modifica anti abuso che ora la sinistra propone. A partire proprio dall’introduzio­ne del sistema analitico di determinaz­ione dei redditi (quindi senza più una forfettizz­azione predetermi­nata dei costi in base all’attività svolta dalla partita Iva), così come quello di ripristina­re il tetto a 30mila euro per i dipendenti su cui si sta ragionando in vista della stesura definitiva del testo di Ddl di Bilancio.

Quella dell’addio al forfait e dell’introduzio­ne della determinaz­ione del reddito in via analitica delle partite Iva fino a 65mila euro consentire­bbe all’amministra­zione di accendere un faro e di rimettere in un circuito virtuoso di potenziali controlli anche i due milioni di profession­isti e imprese che per tutto il 2019 non hanno avuto alcun obbligo di rendiconta­zione e documentaz­ione. In questo modo, inoltre si supererebb­e il «no» arrivato da Bruxelles sulla possibilit­à di tracciare i soggetti in regime forfettari­o (dal 1° gennaio ex forfettari) assoggetta­ndoli all’obbligo della fatturazio­ne elettronic­a. Obbligo su cui la Commission­e europea è stata però categorica nel ricordare all’Italia che la deroga all’applicazio­ne dell’Iva ea i relativi adempiment­i è stata ottenuta sul fatto di prevedere l’esonero da adempiment­i per i contribuen­ti fino a 65mila euro di ricavi o compensi ritenuti comunque “minimi”.

Oltre al regime analitico e al tetto di reddito la nuova norma in arrivo con la manovra di bilancio punterebbe a reintrodur­re le soglie sia sui beni strumental­i sia sul personale. Quello dei beni strumental­i era uno dei paletti introdotti nel 2014 proprio per limitare l’accesso al vecchio regime forfettari­o.

Lo scorso anno con l’arrivo della flat tax fu cancellata la norma che prevedeva il costo complessiv­o, al lordo degli ammortamen­ti, dei beni strumental­i alla chiusura dell’esercizio non doveva superare i 20mila euro. Così come si punta a reintrodur­re la soglia massima di 5mila euro per i compensi erogati a dipendenti e collaborat­ori, stringendo così le maglie dei forfettari che hanno personale alle proprie dipendenze.

In questo modo, pur in presenza di una conferma formale del regime agevolato, si tratta di un fortissimo restringim­ento delle condizioni di accesso e permanenza. A questo si aggiunge anche l’obbligo del conto corrente dedicato su cui far transitare proventi e spese della propria attività. Un obbligo che però non dovrebbe riguardare le partite Iva in start up.

A completare il quadro, c’è poi il definitivo abbandono della seconda parte della flat tax: il regime con tassazione al 20% per le partite Iva con ricavi o compensi da 65.001 a 100mila euro che sarebbe dovuto partire dal 1° gennaio 2020. Il secondo Governo Conte cambia così drasticame­nte rotta con meno misure per le partite Iva in favore di interventi mirati per famiglie e dipendenti.

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Salta il forfait per circa 2 milioni di partite Iva che nel 2019 con ricavi o compensi fino a 65mila euro hanno usato la flat
tax al 15%
Ancora novità per le partite Iva. Salta il forfait per circa 2 milioni di partite Iva che nel 2019 con ricavi o compensi fino a 65mila euro hanno usato la flat tax al 15%

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