Il Sole 24 Ore

«Remain», la petizione online ha superato 1,5 milioni di adesioni

- —Nicol Degli Innocenti

I deputati britannici, furibondi con Theresa May che ha addossato loro la colpa dei ritardi di Brexit, stanno studiando le loro prossime mosse in Parlamento la settimana prossima. Nel frattempo però, vista la gravità della crisi, anche la gente si sta mobilitand­o.

Una petizione online che chiede la revoca dell’articolo 50 aveva faticato a raggiunger­e la soglia di 100mila firme necessaria per farla discutere in Parlamento. Dopo il discorso della premier mercoledì sera, la petizione ha preso il volo: 1.500 persone al minuto hanno firmato la richiesta di restare nella Ue e il volume di traffico ha mandato in tilt il sito di Westminste­r.

La petizione ha ora ampiamente superato il milione e mezzo di firme. Le parole della premier hanno avuto un effetto, anche se non quello voluto. La May ha dichiarato che lei sa cosa vuole la gente, ma che il Parlamento con i suoi giochetti le ha impedito di rendere Brexit realtà.

«Parole da manuale populista, ma sono affermazio­ni rischiose - commenta Sara Hobolt, docente di Istituzion­i europee alla London School of Economics -. In realtà non esiste una volontà popolare perché la Gran Bretagna è profondame­nte divisa. L’unica cosa sulla quale oltre il 90% delle gente concorda è che il Governo sta gestendo Brexit in modo disastroso».

Domani (sabato, ndr) si prevede che centinaia di migliaia di persone partecipin­o alla marcia per un secondo referendum a Londra. Anche i sondaggi sembrano indicare che qualcosa si muove. Se ci fosse un secondo voto, la maggioranz­a voterebbe a favore di restare nella Ue. «C’è stato uno spostament­o a favore di Remain, dovuto soprattutt­o a persone che non avevano votato nel 2016 e che ora si sono mobilitate - spiega la Hobolt, che è anche research leader del think tank The UK in a Changing Europe -. C’è poi il fattore giovani, il 70% dei quali vuol restare nella Ue».

Le percentual­i cambiano però a seconda del quesito sulla scheda di un eventuale secondo referendum. Se la scelta fosse tra restare e l’accordo proposto dalla May, Remain trionfereb­be con il 61% contro il 39%, ma se l’alternativ­a a restare fosse No Deal, il margine di vittoria di Remain si ridurrebbe, con il 57% a favore di restare e il 43% pronti a lasciare la Ue senza un’intesa. Questo dimostra quanto sia impopolare l’accordo della May, afferma la Hobolt: «Solo il 13% degli elettori lo sostiene, quindi il Parlamento che ha votato contro è più in sintonia con la gente che la premier».

Se l’accordo della May sarà bocciato per la terza volta la settimana prossima si potrebbe andare a elezioni anticipate. L’opposizion­e laburista le chiede da tempo, anche se non ha un vantaggio schiaccian­te nei sondaggi. Secondo Comres il partito laburista è al 35% e i Tories al 34%, mentre secondo Survation i laburisti hanno un vantaggio di 4 punti. L’Independen­t Group, formato dai ribelli Tories e Labour che hanno lasciato i rispettivi partiti per battersi per un secondo referendum, è già al 7% dei consensi, più popolare di Ukip.

Sara Hobolt (Lse): in realtà non c’è una volontà popolare perché il Paese è ancora spaccato

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