Terna, piano da 6,2 miliardi per potenziare la rete
Cedola più ricca: crescita media annua del 7% per il triennio 2019-2021
Con la rotta puntata sulla rete elettrica nazionale, chiamata a supportare il «ruolo dominante» (copyright dell’ad Luigi Ferraris) nella transizione energetica, Terna è pronta a investire 6,2 miliardi nei prossimi cinque anni per accompagnare l’infrastruttura lungo la strada della decarbonizzazione. Così il nuovo piano 2019-2023, presentato ieri da Ferraris, insieme alla presidente Catia Bastioli e al cfo Agostino Scornajenchi, contiene una robusta iniezione di risorse (il 20% in più della precedente strategia e sopra le stime degli analisti), la più alta di sempre, senza tralasciare la gratificazione degli azionisti ai quali promette una politica dei dividendi generosa con una crescita media annua, già nei primi tre anni, del 7% (superiore al 6% del vecchio piano) rispetto al 2018 (23,3 cent per azione) e con un pay-out del 75% nel biennio successivo ancorato comunque a un livello minimo garantito (la cedola del 2021).
Lo sforzo sarà focalizzato sulla rete tra esigenze di ulteriore decongestionamento, avvio di nuove linee (il 60% delle quali sarà totalmente “invisibile” in ossequio alla sostenibilità del business, altro pilastro della strategia), e completamento delle interconnessioni con l’estero (con il cavo Italia-Montenegro operativo già nella seconda metà del 2019, mentre quello con la Francia entrerà in esercizio nell’arco di piano), sempre nell’ottica di un continuo confronto con i territori. Gli investimenti saranno dunque destinati allo sviluppo della rete (3,3 miliardi), ad attività di rinnovo ed efficienza (2,2 miliardi) e ad aumentare sicurezza e stabilità (900 milioni), con alcuni grandi cantieri pronti a partire nel corso del piano, tra cui il Sacoi 3 (l’ammodernamento del collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana) per un esborso di 650 milioni suddivisi tra Terna e i francesi di Edf che, precisa Scornajenchi, contribuiranno «per circa il 25% del totale» proporzionalmente al grado di utilizzo.
L’accelerazione degli investimenti riguarderà anche l’impegno su digitalizzazione e innovazione con 700 milioni sul piatto (100 milioni in più del vecchio piano) tra sviluppo di soluzioni e progetti innovativi (come l’uso di sensori sulla rete elettrica, a partire dal Veneto) e l’avvio di veri e propri “innovation hub” in tutte le direzioni territoriali (4 già nel 2019).
Poi ci sono le attività non regolate, che dovrebbero contribuire per 400 milioni all’Ebitda nell’arco di piano, con la società intenzionata a proporsi come fornitore di servizi a valore aggiunto e a valorizzare anche quella fibra spenta che passa dentro le funi di guardia aeree lungo tutta la rete. «Se stiamo lavorando ad accordi con operatori di tlc o di torri? La fibra ci aiuta nelle attività di gestione della rete spiega il ceo -, ma c’è spazio, dal punto di vista infrastrutturale, anche per metterla a disposizione degli operatori con una fee (un pagamento, ndr), noi non abbiamo ambizioni in tal senso. Al momento non ci sono colloqui, ma attività già in essere con Telecom, Open Fiber e con chi è interessato a sfruttarla». Sull’estero, il piano prevede invece un investimento sotto i 300 milioni: il focus resta l’America Latina (lì sono concentrati i progetti in corso) con Ferraris che non esclude possibili alleanze con investitori di lungo periodo: «Al momento non ci sono discussioni con nessuno, ma se ci fosse un partner appropriato lo prenderemo in considerazione».
Con questo mix, la società conta così di arrivare al 2023 con 2,7 miliardi circa di ricavi e 2 miliardi circa di Ebitda (oltre il 4% di crescita media annua su entrambi i fronti), mentre la Rab (il valore degli asset regolati) è attesa a 18,5 miliardi a fine piano, con un ritmo di crescita annua sopra il 4% rispetto ai 15,7 miliardi previsti a fine 2019 e ai 15,2 miliardi del 2018. Numeri che spingono il titolo in Borsa, facendogli raggiungere a fine seduta il massimo storico (5,55 euro, +0,4%).