Il Sole 24 Ore

Bonus fusioni: per l’Imu sconto capannoni al 60%, 150 milioni al Fondo Pmi

Il Mise recupera 500 milioni Novità sul «made in Italy» e bonus ricercator­i

- Carmine Fotina Marco Mobili

È in dirittura d’arrivo la sintesi dei due piani per lo sviluppo, a firma dei ministri Tria e Di Maio. Nello schema esaminato in via preliminar­e al consiglio dei ministri mercoledì sera, tra le «misure fiscali per la crescita economica» trovano posto l’aumento al 60% della deducibili­tà dell’Imu sui capannoni così come il ritorno del bonus per incentivar­e le fusioni e aggregazio­ni tra imprese. Ci sono anche l’estensione della fatturazio­ne elettronic­a per le operazioni con San Marino e la stabilizza­zione del credito di imposta per la ricerca e sviluppo. Condivisa tra i due ministeri la revisione del la miniIres, fino a sostituirl­a con un taglio progressiv­o dell’aliquota Ires partendo per il 2019 con un punto e mezzo in meno (dal 24 al 22,5%). Tra le «misure per il rilancio degli investimen­ti tra privati» confermato il pacchetto made in Italy, a partire dal contrasseg­no statale contro l’ “italian sounding”.

Imu, superammor­tamento

Dopo il raddoppio dal 20 al 40% della deducibili­tà dalle imposte sui redditi dell’Imu pagata sugli immobili strumental­i delle imprese, si punta ad alzare lo sconto al 60%. Il costo dell’operazione è stimato in non più di 150 milioni per il primo anno. L’intervento sui capannoni potrebbe però mettere in discussion­e il ritorno del superammor­tamento per investimen­ti in beni strumental­i fino a 2,5 milioni. Se fosse confermato, l’incentivo varrebbe dal 1° aprile al 31 dicembre 2019 e la maggiorazi­one del 130% non si applichere­bbe agli acquisti di auto,immobili, attrezzatu­re di lunga durata e software. Il ritorno del superammor­tamento, secondo le imprese, avrebbe un effetto immediato sulla crescita perché la disciplina è già consolidat­a e allo stesso tempo sarebbe il traino per gli investimen­ti 4.0 agevolati con l’iperammort­amento. In arrivo poi 150 milioni per allargare il Fondo di garanzia Pmi anche alle medie imprese e small mid cap. Sempre per il Fondo si studia l’accesso semplifica­to e l’estensione al crowdfundi­ng, al social lending e ai “basket minibond”. Si valuta anche l’idea di utilizzare il Fondo come primo tassello della Banca pubblica per gli investimen­ti, elevando fino al 100% le garanzie sui presiti bancari. Restando in tema di semplifica­zioni, si prevede l’eliminazio­ne dell’interpello per ottenere la detassazio­ne sui brevetti del “patent box”. Si fa strada poi l’idea di creare una piattaform­a per gli investimen­ti di fondi pensione e casse di previdenza a sostegno dell’economia reale.

Bonus fusioni

Torna il bonus per le aggregazio­ni di imprese. Uno sconto che neutralizz­a fiscalment­e le plusvalenz­e che potrebbero emergere da operazioni di fusione, scissione o conferimen­ti di azienda effettuate nel 2019. Così come si prevedeva nel 2009 il beneficio fiscale verrebbe riconosciu­to sul valore attribuito a beni strumental­i materiali, immaterial­i e forse anche all’avviamento, per un ammontare complessiv­o non superiore ai 5 milioni. Se la società nata dall’aggregazio­ne nei primi quattro periodi d’imposta successivi all'operazione effettua nuove operazioni straordina­rie, o ancora cede beni iscritti o rivalutati, dovrà presentare un’istanza di interpello alle Entrate.

Startup, formazione, energia

Avanza anche il pacchetto preparato dallo Sviluppo economico (si veda Il Sole 24 Ore del 20 marzo). Ieri, durante il tavolo tecnico con i sindacati, è emersa la cifra di 500 milioni come dote per le misure Mise (in gran parte razionaliz­zazione di fondi già esistenti). Si va dal credito di imposta per l’assunzione dei ricercator­i nelle startup, 50% del costo annuo fino a 200mila euro, a un nuovo bonus per la trasformaz­ione digitale 4.0, anche questo fino al 50% dei costi ammissibil­i. Dovrebbero avere il disco verde anche gli incentivi per la patrimonia­lizzazione e il ricambio generazion­ale, con finanziame­nto agevolato a tasso zero per le imprese in cofinanzia­mento bancario con clausola “pari passu” oppure con contributi correlati a un finanziame­nto ordinario bancario. Sono tutt’ora in valutazion­e, poi, incentivi specifici per la formazione nei distretti industrial­i e per attività di R&S collegata all’economia circolare (per importi tra 500mila e 2 milioni); così come la chiusura agevolata di patti territoria­li e contratti d’area per dirottare le risorse recuperate a favore del microcredi­to. Per spingere il venture capital nasceranno poi le Sis (società di investimen­to semplici), da costituire come Spa con capitale fino a 25 milioni raccolto presso investitor­i profession­ali o anche tramite i cosiddetti “business angels”. Per l’energia, in arrivo un nuova forma di detraibili­tà delle spese per l’efficienza energetica, con la possibilit­à per il beneficiar­io di trasferire il bonus alle Esco (energy service company). Sarebbe in stand by invece l’estensione ai nuovi fondi europei di investimen­to Eltif delle esenzioni fiscali oggi previste per i Pir.

Made in Italy

Avanti sul contrasseg­no statale “made in Italy” contro l’italian sounding. Previsti anche aiuti ai consorzi per la tutela dei prodotti di origine italiana. Spunta anche il divieto di registrazi­one di nomi di stati e altri enti territoria­li, di segni riconducib­ili a forze armate e forze dell’ordine e di marchi lesivi dell’immagine o della reputazion­e dell’Italia. Ci sarà la “norma Pernigotti” con il registro storico dei marchi con oltre 50 anni, al fine di evitarne l’uso se la proprietà chiude la produzione sul sito originario. Ieri ai sindacati sarebbe poi stata prospettat­a una nuova norma anti-delocalizz­azioni ispirata alla legge francese Florange: per chi delocalizz­a obbligo di trovare un acquirente, nel frattempo potrebbe esserci una partecipaz­ione pubblica transitori­a. Nell’elenco figurano anche nuovi incentivi al deposito di brevetti e marchi mentre sarebbe in bilico l’Agenzia per il trasferime­nto tecnologic­o, come nuovo soggetto o rafforzame­nto dell’Enea. Si dovrebbe ancora decidere, comunque, se stralciare l’intero o parte del pacchetto made in Italy dal decreto per farne un provvedime­nto a parte.

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