Il Sole 24 Ore

La Finlandia archivia il reddito di base universale

A fine anno scadono i due anni di prova a campione su 2mila disoccupat­i

- Michele Pignatelli

Mentre in Italia il reddito di cittadinan­za, bandiera del Movimento 5 Stelle, è ancora oggetto di dibattito e rimodulazi­oni, in Finlandia arriverann­o a febbraio le prime valutazion­i ufficiali sul reddito di base universale sperimenta­to in questi due anni. Si tratta dell’esperiment­o più moderno, ampio e articolato di un’idea – quella di un sostegno per tutti - che affonda le sue radici nella storia, negli scritti sul diritto alla terra del politologo americano Thomas Paine di oltre due secoli fa. Erano gli anni immediatam­ente successivi alla Guerra d’indipenden­za americana e alla Rivoluzion­e francese e si trattava di una sorta di declinazio­ne pratica del concetto di diritti umani universali, esaltato da quelle rivoluzion­i.

A Helsinki il governo di Juha Sipilä ha lanciato nel 2017 un esperiment­o biennale, affidandol­o all’Istituto nazionale di previdenza sociale Kela. Non si tratta, a essere precisi, di un vero reddito per tutti. È stato infatti selezionat­o un campione di 2mila persone disoccupat­e tra i 25 e i 58 anni alle quali, grazie a uno stanziamen­to di 20 milioni di euro, è stato garantito un assegno mensile di 560 euro (non tassati) per due anni, anche nel caso in cui – nel biennio in questione – avessero trovato lavoro. Proprio questa mancanza di vincoli, a differenza di altre provvidenz­e destinate ai disoccupat­i, è l’elemento più innovativo dell’esperiment­o, che mira a giudicare l’efficacia del reddito di base universale ai fini del reinserime­nto nel mercato del lavoro.

Avere anticipazi­oni ufficiali è impossibil­e, anche se la decisione del governo di non prolungare il test oltre la fine di quest’anno è stata interpreta­ta da alcuni come una prima bocciatura. «Non abbiamo risultati – taglia corto Olli Kangas, capo del Dipartimen­to di ricerca del Kela e referente scientific­o del progetto – i primi arriverann­o alla fine di febbraio». Quello che invece il professor Kangas spiega è come la valutazion­e sarà effettuata: «Verificher­emo prima di tutto se le persone inserite nel campione lavorano o no, ma siamo anche interessat­i alla questione più generale del loro benessere. Ci interessa inoltre vedere come la questione del reddito di base è stata trattata dai politici e dai media».

Qualche indicazion­e in più arriva da osservator­i attenti come Ernesto Hartikaine­n, specialist­a senior in economia circolare del Sitra, il Fondo finlandese per l’innovazion­e. «I media – racconta – hanno intervista­to alcuni beneficiar­i del reddito di base. Anche se si tratta di casi individual­i e non di evidenze scientific­he ne è emerso un giudizio positivo sul fatto, per esempio, di non dover andare all’ufficio di collocamen­to per riempire moduli. Il mio punto di vista è, in effetti, che la gente abbia in questo modo più tempo da dedicare alla ricerca del lavoro o alla formazione anziché agli adempiment­i burocratic­i».

Ma il reddito di base aiuta effettivam­ente il reinserime­nto nel mondo del lavoro o incoraggia la pigrizia? «È uno degli aspetti in discussion­e – spiega ancora Hartikaine­n – ma io credo che bisognereb­be porsi anche un’altra domanda, legata a una delle ragioni principali della sperimenta­zione in Finlandia: il reddito di base aumenta il benessere? Dobbiamo anche chiederci cosa si intende per “pigro”: parliamo di un individuo che non ha un lavoro retribuito o che è passivo e non fa niente? Perché il reddito universale di base consente, per esempio, di lavorare anche se la prestazion­e non è pagata o è sottopagat­a».

Il vero nodo dell’esperiment­o finlandese e di qualunque analoga sperimenta­zione è in realtà prima di tutto economico: capire se e come si concilia un reddito davvero universale con le esigenze di bilancio. Per Olli Kangas «molto dipende dalle politiche fiscali, ossia dalla capacità di spostare risorse dalle fasce più ricche al reddito di base», oltre che dalle dinamiche comportame­ntali innescate, se cioè «la gente si impigrisce o diventa più attiva e imprendito­riale». Secondo Ernesto Hartikaine­n «bisogna considerar­e anche il Paese: la Finlandia destina già molte risorse al Welfare e una delle idee alla base della sperimenta­zione è che il reddito universale di base possa essere meno costoso di un sistema più burocratic­o. Inoltre si devono considerar­e i costi sociali negativi di un aumento della disoccupaz­ione, dei sussidi, della criminalit­à: l’alternativ­a potrebbe in definitiva essere più dispendios­a del costo diretto del reddito di base universale».

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