Arriva la web tax: 150 milioni nel 2019, poi cresce a 600
Il taglio di investimenti da 2,2 miliardi arriva per 800 milioni dal Fondo sviluppo coesione, per 850 dal cofinanziamento ai fondi Ue, per 600 da rimodulazioni Fs
Una web tax a tre “vie” sotto forma di prelievo del 3% sulle imprese con ricavi complessivi non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali superiori a 5,5 milioni. Che garantisce un gettito di 150 milioni nel 2019 e di 600 milioni l’anno nel biennio successivo. Una parziale marcia indietro sugli investimenti, a partire dallo svuotamento del Fondo ad hoc per 700 milioni e del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale per 800 milioni nel 2019 poi rimodulato per gli anni successivi. Una riprogrammazione dei trasferimenti alle Fs ridotti di 600 milioni il prossimo anno e poi aumentati nel triennio 20222024. Una nuova stretta sui giochi da 450 milioni l’anno e una nuova fase di spending review facendo leva, oltre che su spostamenti di dotazioni da un all’altro, anche su tagli di fatto lineari, come quello da 75 milioni nel 2019 e 25 milioni nel 2020 operato sul bugdet del ministero dell’Economia per definanziare le risorse del Fondo per favorire lo sviluppo del capitale immateriale, la competitività e la produttività.
È a tutto campo il restyling della manovra comunicato ieri al Senato dal premier Giuseppe Conte e materializzatosi solo in serata in commissione Bilancio, dopo un prolungato stand by, sotto forma di “mini-maxi emendamento” con la variazione dei saldi del disegno di legge di bilancio, al quale, ha assicurato l’esecutivo, nelle ore successive se ne sarebbero aggiunti altri con le singole misure: dai nuovi ritocchi fiscali, come la riduzione della platea della mini-Ires con lo stop dell’agevolazione per la Chiesa, a quelli sulle pensioni, a cominciare dal ridimensionamento del Fondo per quota 100 che si riduce non di 2 ma di 2,7 miliardi fermandosi a quota 4 miliardi nel 2019, dal contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro (partendo da una soglia di 100mila euro lordi annui) e dal raffreddamento dell’indicizzazione sugli assegni (253 milioni nel 2019, 745 nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021), fino al ritorno alle clausole Iva in formato “pieno” per il 2020 e 2021 rinunciando alla parziale sterilizzazione e confermando solo lo stop integrale per il prossimo anno.
Il ritardo accumulato dal Governo nella presentazione degli emendamenti sulla variazione dei saldi, frutto dell’accordo con Bruxelles, ha di fatto bloccato i lavori in commissione Bilancio. Con tutta probabilità il testo approderà in Aula tra questa sera e domani mattina senza mandato ai relatori. I “mini-maxi correttivi” dell’esecutivo saranno accorpati nel tradizionale maxi-emendamento da approvare con la “fiducia” su cui convogliare i ritocchi dei relatori depositati e un pacchetto ristretto degli emendamenti segnalati dai gruppi parlamentare della maggioranza e anche dell’opposizione su cui votare in giornata oppure raggiungere un accordo all’interno della stessa commissione. Il Governo dovrà anche mettere nero su bianco la revisione delle previsioni macro-economiche per il prossimo anno rispetto al quadro tratteggiato con l’ultima Nota di variazione al Def. Il via libera di Palazzo Madama dovrebbe arrivare entro sabato. il testo tornerà poi alla Camera per ottenere l’ok definitivo probabilmente entro lunedì.
La web tax confezionata dal Governo si sviluppa su tre “vie”: pubblicità mirata agli utenti della rete on line; fornitura di servizi venduti su piattaforme digitali (la definizione di marketplace è così ampia che verrebbero ricompresi anche i nuovi operatori della ristorazione come Deliveroo o Justeat o ancora le piattaforme che offrono alloggio come Airbnb, Booking, così come il marketplace di Facebook dove si vendono a basso costo beni usati e nuovi); trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo sempre di un’interfaccia digitale. Per diventare pienamente operativa la digital tax dovrà comunque attendere le regole attuative dei ministeri dell’Economia e dello Sviluppo economico, delle Authority per le comunicazioni e per la Privacy nonché dell’Agenzia dell’Italia digitale da emanare entro 4 mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio.
Il restyling della manovra è caratterizzato da una frenata sul fronte delle risorse per investimenti, in parte compensata dalla flessibilità ottenuta dalla Ue (lo scomputo dal deficit di 0,2 punti di Pil) per interventi di messa in sicurezza di infrastrutture e contro il dissesto idrogeologico. Arriva poi la stretta sul gioco e in particolare su new slot (Awp) e Videolottery (Vlt) e su quello on line. Tra i correttivi del Governo ci sarebbe un ulteriore incremento del Prelievo erariale unico (Preu) tale da assicurare all’Erario ulteriori 350 milioni. In sostanza intervenendo sul testo della manovra licenziato dalla Camera che già prevedeva un aumento dello 0,50% a decorrere dal nuovo anno, il Governo chiederebbe un ulteriore 0,70% portando così il Preu a 1,25%. Complessivamente con la sola manovra il mercato delle slot è chiamato a versare 600 milioni che si vanno ad aggiungere ai 400 milioni del decreto di luglio. Un miliardo in un anno solo sulle macchinette. Contestualmente all’aumento del Preu viene diminuita la possibilità di vincita. Il cosiddetto payout verrebbe ridotto al 69% (un punto in meno) per le Slot e all’84,5% (0,5 in meno) per le videolottery.
Dati in milioni di euro
Il maxiemendamento.
Fonte: allegati alla lettera del Governo alla Commissione Ue