Il Sole 24 Ore

5G, nella partita tra Cina e Stati Uniti c’è un ruolo anche per l’Europa

Ci sono gli standard, le tecnologie e le ragioni della geopolitic­a. E c’è anche l’Europa

- Antonio Dini

Domani, in una decina di città americane, At&t attiva il primo servizio di connession­e mobile 5G. Vende un hotspot da 499 dollari e piani da 80 dollari al mese. I telefoni saranno disponibil­i a partire dal prossimo anno. I chip già ci sono ma ancora non sono pronti per entrare in uno smartphone.

È comunque il primo morso a una torta la cui sola parte tecnologic­a, i chipset per i terminali e gli apparati di rete, secondo la società di analisi Allied Market Research varrà 2,12 miliardi di dollari nel 2020 e salirà a 22,92 miliardi nel 2026, con una crescita combinata del 48,7%. «Il mercato Asia-Pacifico che include la Cina varrà 752 milioni nel 2020 e arriverà a 8,7 miliardi nel 2026, con una crescita combinata del 50,5%.

I commensali sono un pugno di aziende globali: le americane Qualcomm, Qorvo, Intel e Xilinx; Broadcom di proprietà di un gruppo di Singapore, la finlandese Nokia, la tedesca Infineon Technologi­es, la coreana Samsung, la taiwanese Mediatek. «E la cinese Huawei, la vera pietra dello scandalo», dice Linley Gwennap, analista e fondatore di Gwennap Group . Huawei è il secondo produttore al mondo di apparati di rete e il secondo nei terminali di mobile. Per Gwennap Huawei è il frutto delle ambizioni della Cina: Huawei ha le sue ambizioni globali ma solo come le vuole Pechino, sia per la necessità di smarcarsi dalla guerra commercial­e con gli Stati Uniti che per continuare a crescere. Il presidente Xi Jinping vuole che la Cina sia un leader autosuffic­iente nei semicondut­tori, con una impronta globale e passi dalla produzione di base a settori più redditizi. Huawei esegue e la Cina ne trae i frutti.

Lo scontro sulle tecnologie per le telecomuni­cazioni è cominciato all'inizio degli anni Novanta e coinvolge tutto il pianeta: è un mix di guerra commercial­e, di sovvenzion­i statali alle aziende di bandiera, e di sicurezza nazionale. Almeno, quest'ultima è la narrazione che emerge in questa fase di preparazio­ne per il 5G. Negli ultimi mesi infatti Donald Trump ha usato questa chiave per bloccare l' acquisizio­nedel colosso nazionale Qual co mm da parte di Broadcom, avversario americano con azionariat­o di Singapore, testa di ponte dei cinesi nella guerra dei chip. Poi c'è stato il braccio di ferro con la cinese Zte, che ha portato l'azienda sull'orlo del (presunto) fallimento, ed è stato risolto con il telefono rosso che lega Washington a Pechino. E poi c'è la decennale battaglia tra il governo americano eHuawei, che Washington non vuole come fornitore di tecnologia per il governo nazionale e federale statuniten­se e adesso neanche come fornitore di tecnologia perle aziende di telecomuni­cazioni. Convinti del pericoloso no gli australian­i, i tedeschi, i britannici. Il resto d' Europa non vede in realtà la differenza tra ospitare prodotti Made in Usa o made in China, se non da un punto di vista commercial­e. Per questo probabilme­nte la battaglia si sposta sul piano politico.

E il pericolo di spionaggio? C'è chi legge lo scontro come esclusivam­ente commercial­e: «Se – dice l'analista belga Guy Kindermas – Huawei accettasse di mettere il processore Snapdragon made in Usa nei suoi telefonini, il blocco americano all'importazio­ne di questi apparecchi verrebbe tolto». Fanno così gli altri produttori asiatici, cinesi, taiwanesi e coreani che producono le proprie Cpu per i mercati di tutto il mondo (Europa, Cina, India, Africa, America Latina) tranne che per gli Usa, dove invece vendono telefoni con cervello Made in Usa.

L'americana Qualcomm, che ha presentato poche settimane fa lo Snapdragon 855 pronto per il 5g, lo ha presentato a Maui, Hawaii, a metà del Pacifico, cioè a metà strada tra America e Asia. Sul palco, accanto al presidente Cristiano Amon, c'era il cinese Pete Lau, fondatore e Ceo di OnePlus. Lau ha sorriso, presentato l'azienda e annunciato (in mandarino): “Il primo telefono 5G in vendita nel 2019 sarà il nostro”. Nel roster di aziende che collaboran­o con Qualcomm c'è una lunga lista di partner cinesi: SenseTime, Face++, NetEase, Elevoc, iFlytek, i colossi Tencent e Baidu, il gruppo Alibaba. E poi i produttori di apparecchi, come OnePlus e suo gemello Oppo. Insomma, la Cina c'è. La supply chain è globale per tutti. ,Trump o non Trump. Ci sono ovviamente anche aziende di tutto il resto del mondo, inclusi ad esempio gli operatori italiani Tim, Wind3 e l'internazio­nale Vodafone. E tante altre aziende di settori contigui o meno contigui: la lunga marcia del 5G, l'arma definitiva per la trasformaz­ione digitale e per portare la banda larga e capace ovunque (in simbiosi con le reti 4G potenziate), azzerando il digital divide e spingendo l'internet delle cose, è cominciata con cinque anni di riunioni serrate negli enti di standardiz­zazione .« Perla prima volta–ha detto Amon - hanno partecipat­o anche moltissime aziende di altri settori di tutto il mondo, perché il 5G è la chiave per la trasformaz­ione digitale». Trasporti, manifattur­iero, commercio, logistica, servizi. Tutti hanno voluto contribuir­e a definire un abito 5G che fosse su misura anche per loro.

All'interno dei tavoli riservati alle negoziazio­ni, Qualcomm ha probabilme­nte giocato il ruolo più rilevante. Un cambiament­o notevole rispetto al passato, quando l'azienda americana aveva proposto un suo standard alternativ­o a quello Gsm, il Cdma. Ma la Cina hanno avuto un peso notevole. L' Europa, che è stata l' ispiratric­e dello st andar dGsm, ha avuto il ruolo relativame­ntepiù debole, anche per l' indebolime­nto del settore industrial­e delle telecomuni­cazioni nel Vecchio continente. Le industrie di Stato, però, non sono appannaggi­o della sola Cina. Se, come sostiene Amon, le tecnologie delle telecomuni­cazioni hanno cicli di dieci anni (dal 1980, nascita della telefonia analogica senza fili, al 5G che partirà formalment­e nel 2020) , Qualcomm ad esempio ha tentato di sfruttare il ruolo del governo americano nella ricostruzi­one dell'Iraq del secondo dopoguerra per portare lo standard Cdma anziché il Gsm. E oggi, a differenza di Intel, ha avuto bisogno di Trump per difendersi sul mercato.

Ma lo spionaggio? Il “cervello” di silicio dello smartphone, così come quello dell'antenna sopra il tetto del condominio di fronte, può diventare anche un grande orecchio per una nazione che decida di spiare i cittadini di un'altra (o i suoi stessi). E non è detto che questo sia il caso della sola Cina, come da Snowden in avanti abbiamo visto. «Alla fine – dice Kindermas – dietro la sicurezza nazionale da difendere c'è una guerra commercial­e da combattere. Ma dietro la guerra commercial­e c'è probabilme­nte anche un'altra, molto più sotterrane­a e aggressiva guerra di spionaggio. E noi piccoli europei, schiacciat­i tra il gigante americano e cinese, possiamo solo scegliere da chi farci spiare di più». Oppure investire, innovare e scommetter­e sulla nostra capacità di tornare centrali con il 6G.

 ??  ??
 ??  ?? 5G e applicazio­ni. I chipset per smartphone e gli apparati di rete sono un mercato che varrà nel 2026 2,12 miliardi di dollari
5G e applicazio­ni. I chipset per smartphone e gli apparati di rete sono un mercato che varrà nel 2026 2,12 miliardi di dollari

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy