Snaidero riparte grazie al fondo IDeA Ecco le cucine firmate Pininfarina
La famiglia Snaidero è rimasta con il 15% e la presidenza L’ad Manelli: «Non temiamo la concorrenza delle vendite online»
Snaidero riparte da qualità – ma declinata anche in linee giovani e alla portata di più tasche –, servizio e legame con il territorio. L’azienda di Majano, Udine, esporta le sue cucine da oltre 50 anni in 86 Paesi; finita in difficoltà a causa di investimenti che non hanno dato il risultato sperato proprio mentre iniziava la grande crisi, ha annunciato la svolta lo scorso maggio, quando il fondo IDeA Corporate Credit Recovery II, gestito da DeA Capital Alternative Funds SGR (società del Gruppo DeA Capital) ha depositato al Tribunale di Udine l'accordo ex art 182 bis con i creditori e la famiglia Snaidero per l’acquisizione della maggioranza del capitale azionario.
A luglio l’operazione è stata formalizzata, con il fondo affiancato da Banca IFIS e SGA che hanno co-investito nel riassetto azionario; la famiglia Snaidero – l’azienda è stata fondata nel 1946 come laboratorio artigianale dal cavalier Rino – è rimasta con una quota del 15% e il ruolo di presidente per Edi Snaidero.
Ora si guarda al futuro, seguendo l’esempio delle altre realtà nate come familiari che si sono aperte alla finanza e all’arrivo di nuovi manager: «Stiamo iniziando una fase nuova e incredibilmente dinamica – spiega l’ad Massimo Manelli – che parte dal valore del brand e presta grande attenzione ai clienti e alle loro esigenze. Le nostre cucine hanno una forte componente di servizio e di personalizzazione, grazie a una rete diffusa in modo capillare in Italia e all’estero, e questo ci permette di non temere fenomeni come quelli delle vendite online».
La riorganizzazione passa per aree funzionali e processi, e parte dalle fabbriche. Il gruppo è presente con una fabbrica in Italia a Majano ed una in Francia (a Nantes, dove si producono i marchi Arthur Bonnet e Comera) e infine in Germania con la filiale commerciale (del brand Rational). «Aree che non si cannibalizzano e ci permettono di offrire prodotti mirati su specifici mercati», spiega Manelli. Per il solo marchio Snaidero oggi il mercato Italia vale circa il 40%, quota che scende al 22% considerando il gruppo nel suo complesso. E proprio la domanda aggiuntiva per i prossimi anni è prevista in maggioranza dai Paesi stranieri, «ma l’Italia resta una vetrina sul mondo per il nostro prodotto, che vuole ritornare leader anche in casa propria. Tutte le economie avanzate hanno bisogno di un solido mercato interno per poter essere competitive a livello internazionale». E sul fronte estero, da poco è stato inaugurato un secondo showroom in Australia, a Sydney, dopo quello di Melbourne.
Nei giorni scorsi un open day Snaidero ha presentato - nella sede aziendale per metà era crollata durante il terremoto del 1976 e subito ricostruita secondo il motto “prima le fabbriche” - le ultime novità, come la nuova cucina Vision firmata Pininfarina dalle ante in laccato micalizzato secondo una tecnica rubata all’automotive. Un museo aziendale ripercorre attraverso riproduzioni i modelli storici firmati dall'azienda che oggi qui, su 115mila metri quadrati, svolge una produzione al 100% made in Italy, dalla lavorazione della materia prima alle fasi automatizzate in impianti di ultima generazione, con gli uffici e la progettazione a diretto contatto con la fabbrica e senza rinunciare al tocco originale in un processo che, grazie all’automazione, arriva a una media di 100 cucine al giorno.
Il legame con il territorio sta anche nei ringraziamenti che l’ad rivolge alla Regione Friuli VG, «che ha sostenuto e continua a sostenere Snaidero sia nel supporto per ottenere la cassa integrazione straordinaria, sia tramite Anpal (l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro). Altra possibilità, che si sta attivando in parallelo è quella di sviluppare programmi di formazione con la finalità di specializzare il personale su temi che possano essere utili alla Snaidero, consentendo un nuovo percorso all'interno dell'azienda stessa”.
Attualmente la Cigs per nove mesi, prorogabile di sei, ha comportato la dichiarazione di 100 esuberi (su un organico di 400 persone in Italia); fra le 30 e le 40 persone dovrebbero maturare i requisiti per la pensione. Se il piano di rilancio – che prevede 3,5 milioni di investimento nella sola fabbrica italiana, per un investimento complessivo da parte del fondo che arriva a 13 milioni –prosegue come previsto, la situazione occupazionale potrà essere rivalutata.