Ecco le condizioni di Telecom per la separazione della rete
Negli impegni all’Antitrust Tim vincola l’operazione a concessioni dall’Agcom Già nel 2013 Cardani aveva negato benefici ex-ante La posizione non è cambiata
Il progetto di separazione della rete Telecom rischia di finire per la seconda volta sul binario morto. Almeno a stare a quanto scritto dalla stessa Telecom negli impegni sottoposti all’Antitrust, che condizionano la realizzabilità della separazione all’impatto delle decisioni dell’Agcom sulla sostenibilità economico-finanziaria del progetto. Il documento, disponibile sul sito dell’Autorità garante della concorrenza, è di luglio, ma è tornato d’attualità perchè, dopo i commenti negativi raccolti dagli operatori di mercato (gli Olo, Open Fiber, Infratel), Telecom doveva fornire integrazioni entro il mese di ottobre (della cosa si è discusso nel cda di martedì 30). Il contesto è quello della procedura Antitrust per l’ipotesi di abuso di posizione dominante, aperta dapprima per il progetto Cassiopea (investimenti in fibra in aree a fallimento di mercato interessate dai bandi Infratel aggiudicati a Open Fiber) e poi estesa a comportamenti dell’incumbent «idonei - secondo il riassunto che ne fa l’Authority - a ostacolare lo sviluppo concorrenziale dei mercati wholesale e retail dei servizi a banda larga e ultralarga in Italia».
Dunque, l’«impegno numero 5 misure strutturali» prospettato all’Antitrust dalla compagnia telefonica guidata da Amos Genish recita testualmente: «Telecom si impegna a realizzare le proposte contenute nel documento depositato in Agcom in data 27-3-2018, una volta verificata la percorribilità del progetto di separazione legale della rete fissa di accesso sotto il profilo della sostenibilità economico-finanziaria delle due società separate nel medio-lungo periodo alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare che verrà adottato dall’Agcom all’esito del procedimento ex articolo 50-ter del codice delle comunicazioni elettroniche». E aggiunge: «Qualora la separazione non fosse sostenibile all’esito delle decisioni assunte da quest’ultima, Telecom si obbliga ad attuare misure, parimenti idonee ad eliminare le preoccupazioni concorrenziali di natura organizzativa ipotizzate nel provvedimento di avvio, che rappresentino un’evoluzione dell’attuale modello di equivalence, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente la parità di trattamento interna ed esterna». Decrittando, Telecom spiega in sostanza che dalle decisioni dell’Authority delle comunicazioni dipenderà la possibilità di assicurare la sostenibilità economico-finanziaria della separazione della rete d’accesso. E che con un responso negativo, è già pronta a un piano B di miglioramento del modello attuale, senza dover scorporare la rete.
Il punto è però che l’Agcom non può concedere nessun “dividendo regolamentare” ex-ante. Nel 2013 quando l’ipotesi di separazione era portata avanti dall’allora presidente Franco Bernabè, la richiesta Telecom era di poter contare sulla “stabilità” dei prezzi all’ingrosso, a fronte dell’ingente sforzo di implementare il modello di separazione della rete d’accesso più avanzato d’Europa. La risposta della commissione, anche allora presieduta da Angelo Marcello Cardani, era stata negativa: nessun beneficio prima di avere verificato gli effetti dell’operazione. Di conseguenza il cda Telecom aveva deciso di archiviare il progetto.
Il nuovo progetto di separazione della rete Telecom oggi non lo conosce ancora nessuno all’esterno se non l’Agcom, la quale ha intenzione di sottoporlo a consultazione pubblica, insieme all’analisi di mercato, entro Natale. Ma non risulta che la posizione sul “dividendo regolamentare”, sia cambiata, anche perchè la stessa Agcom ha regole di comportamento a cui attenersi. Il rischio che il progetto di scorporo della rete possa essere ritirato un’altra volta, dunque, è concreto. E allora perchè i sindacati del settore denunciano ad alta voce il rischio “spezzatino” per l’incumbent nazionale? Fonti informate spiegano che le preoccupazioni hanno origine dagli indizi che portano i sindacati a ritenere che l’intento del Governo sia quello di promuovere un’unificazione delle reti Telecom-Open Fiber, al di fuori del perimetro dell’ex monopolista. Paventando un destino di marginalizzazione (con possibile evoluzione verso la media company) per quella che una volta era una “grande” realtà nel panorama delle tlc a livello internazionale e la messa a repentaglio di 15mila-20mila posti di lavoro. Per questo sollecitano una convocazione urgente da parte del ministero del Lavoro e l’intenzione di chiedere, in assenza,un incontro direttamente col premier Giuseppe Conte. Qualche preoccupazione a riguardo è emersa anche in relazione alla supposta apertura di Genish a Open Fiber, così come riferita dal «Financial Times» di martedì. Ma fonti aziendali assicurano che la posizione del vertice Telecom sull’argomento è sempre la stessa: aperti a ipotesi di collaborazione con Open fiber sull’Ftth (fibra fino all’utente finale), come già espresso mesi fa.