BoT, tassi raddoppiati JP Morgan: nessun crollo
Gartside: «Alcuni dei nostri fondi stanno aumentando l’esposizione in BTp» «Lo spread non supererà stabilmente la soglia d’allarme di 400 punti» Fitch: rischi considerevoli per l’Italia dai target della manovra, specie dopo il 2019
Se molti investitori esprimono timori sull’Italia, con i tassi in tensione, c’è chi vede nel crollo delle valutazioni dei BTp un’opportunità. «I fondamentali restano buoni» dice Nick Gartside, capo della divisione reddito fisso di Jp Morgan AM, braccio di asset management della banca Usa. «C’è volatilità sui BTp ma se gestita può essere un’opportunità». Nessuna crisi bancaria in vista: «Lo spread Bund-BTp non supererà stabilmente la soglia di allarme dei 400 punti».
L’agenzia di rating Fitch intanto avverte: «Vediamo rischi considerevoli per i target della manovra, specie dopo il 2019»: deficit 2020 al 2,6%.
Ad aprile (quando le acque sul debito pubblico italiane erano calme) chi acquistava BoT a 12 mesi anziché ricevere interessi dallo Stato pagava, a scadenza, qualcosa in cambio. Questo perché i rendimenti erano negativi, per l’esattezza a -0,4%. Ieri invece il Tesoro ha collocato 6 miliardi di euro in BoT con scadenza a un anno al tasso dello 0,949% (i massimi da 5 anni), 51 punti base in più rispetto alla precedente asta di settembre e ben 135 in più rispetto alla scorsa primavera. A conti fatti questo sbalzo dei tassi costerà al Tesoro solo per questa emissione 81 milioni in più rispetto ai livelli di aprile e 30 in confronto ai tassi che “giravano” sul mercato un mese fa.
Ovviamente non si tratta di una sorpresa per gli investitori. Perché i tassi fissati in asta sono pressoché allineati a quanto si può vedere il giorno prima sul mercato secondario di cui il mercato primario (titoli all’asta appunto) funge da notaio. Lo stesso discorso vale per le aste di titoli a medio-lungo termine (BTp 3, 7, 15 e 30 anni) in programma oggi. Il Tesoro proverà a collocare un range compreso tra 6 e 8 miliardi. I tassi del mercato secondario indicano un aumento medio di 155 punti base rispetto ai livelli di aprile che, ponderati per gli importi emessi per ciascun titolo, dovrebbero corrispondere a un esborso aggiuntivo complessivo (spalmato negli anni di durata dei titoli) di circa 1,2 miliardi rispetto ai livelli di aprile, mese prese a riferimento in questo confronto in quanto considerato il punto di riferimento per misurare il livello dei rendimenti dell’Italia slegato dalle pressioni finanziarie e più agganciato ai fondamentali economici del Paese. Fondamentali che però, a suon di fissare tassi sempre più alti in asta (e quindi di consolidare nel futuro questo scenario di tensione sulla carta italiana che ci si augura solo momentaneo ) potrebbero peggiorare. Anche perché in ballo ci sono i dubbi sulle stime del Pil contenute nella legge di Bilancio che entro il 15 ottobre il governo dovrà presentare alla Commissione europea in bozza. Ieri al coro degli scettici si è unita anche l’agenzia di rating Fitch secondo cui «ci sono rischi considerevoli per i target (della manovra, ndr) specie dopo il 2019». L’agenzia scrive inoltre che «i dettagli della politica di bilancio e la messa in pratica rimangono un elemento chiave della nostra valutazione sul rating sovrano». A differenza di Moody’s e Standard and Poor’s, che si esprimeranno sull’Italia a fine mese, la prossima «revisione messa in programma (da Fitch, ndr) è nel primo trimestre 2019».
Vista dal lato degli Stati Uniti, al momento la pressione sul debito pubblico italiano (che tuttavia è molto lontano da uno scenario di panic selling tanto che i titoli a 2 anni offrono rendimenti molto più bassi, circa 190 punti base, rispetto ai decennali) per ora non è un fattore di destabilizzazione. Ne è convinto il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin secondo cui «al momento né l’Italia né la Brexit» sono fonti «di una significativa preoccupazione».
Intanto nell’ultima seduta i rendimenti dei BTp a 10 anni sono rimasti invariati al 3,53% (lontani 20 punti base rispetti ai picchi intraday toccati alla vigilia). Ma dato che quelli del rispettivo Bund tedesco sono saliti di due punti base (allo 0,55%) lo spread tra i due Paesi è sceso da 299 a 297 punti. È probabile che nelle prossime sedute sul mercato obbligazionario mondiale la volatilità resterà alta, così come i tassi potrebbero continuare a salire. Questo a maggior ragione dopo il dato arrivato ieri dagli Usa sull’aumento dei prezzi alla produzione dello 0,2% su base mensile e del 2,6% su base annuale. Potrebbe essere l’anticamera di un aumento dell’inflazione americana superiore alle attese. Ed è per questo che i rendimenti dei Treasury a 10 anni hanno superato la soglia del 3,2%, raggiungendo livelli che non vedevano da sette anni. La rottura di questa soglia ha innescato un picco di volatilità (ieri Borse europee e Wall Street in forte ribasso, si veda articolo a pagina 14). Nel frattempo gli investitori stanno vendendo tanto le azioni (che in prospettiva potrebbero soffrire il confronto con cedole di bond più remunerative) quanto le obbligazioni (per portare i rendimenti sui nuovi e più alti livelli attesi). Vedremo nelle prossime settimane se questo scenario di vendite generalizzate sui bond annebbierà o inasprirà le tensioni in corso sul debito italiano.