«La Pa digitale parte dai pagamenti»
Diego Piacentini fa il punto dei due anni a Palazzo Chigi: «L’amministrazione deve trovarsi laddove ci sono i cittadini: il sistema di PagoPA lo dimostra e funziona. Ma è solo l’inizio»
La buona notizia è che la digitalizzazione della Pubblica amministrazione continuerà ad avere una cabina di regia a Palazzo Chigi: il Dpcm è già pronto e il candidato è stato individuato, «ma per scaramanzia è meglio non fare nomi». La cattiva notizia è che la macchina statale fatica più del previsto a cambiare mentalità e modificare i processi per rendere più semplice la vita di cittadini e imprese, che è poi il suo compito: «Siamo solo all’inizio, ma dobbiamo smuovere una montagna». Allarga le braccia Diego Piacentini, l’ex vicepresidente di Amazon chiamato due anni fa da Matteo Renzi a guidare il Team digitale che avrebbe dovuto affrontare un missione all’apparenza impossibile: digitalizzare la Pubblica amministrazione italiana. A fine mese lascerà, ma anticipa che ci sarà un nuovo commissario a proseguire il lavoro con le 29 competenze innovative del suo Team. Lui tornerà a Seattle, ma Amazon rimarrà un capitolo del suo passato: l’aspettativa è scaduta ad agosto e ora deve decidere cosa fare “da grande”.
Ora tira le fila di questi due anni: «Siamo partiti dall’assunto che i sistemi non possano essere cambiati dall’interno», afferma a Milano, ai margini dell’Innovation Forum di Mastercard. Insieme alla sua squadra Piacentini ha individuato alcune leve da utilizzare per smuovere la montagna. A partire dai pagamenti digitali: «Non solo portano efficienza e razionalizzazione nel sistema, in chiave di rendicontazione, riconciliazione, contabilità velocità e gestione dei flussi di incasso, ma la vera chiave è il processo di trasformazione che innesca: la rivoluzione è rendere più semplice la vita al cittadino».
La sua innovazione in questo campo è PagoPA, la piattaforma unica di pagamento alla Pubblica amministrazione. Un esempio? Il Comune di Milano ha adottato il sistema per la Tari e la prima rata ha registrato un aumento del 30% degli incassi: «Se mi avvicino alle sue esigenze, il cittadino è più disposto a pagare, con punte di operazioni alla sera o di domenica: il rapporto con i pagamenti è esperienza quotidiana per tutti - con la Pa un po’ meno frequente, per fortuna - e quindi c’è bisogno di un sistema pervasivo, che sappia avvicinarsi all’utente laddove si trova, che sia al tornello della metropolitana, sul sito di ecommerce o nella app di messaggistica». È la logica che sta rivoluzionanndo anche il mondo finanziario, dove i sistemi di pagamento innovativi stanno cambiando i comportamenti dei singoli, aprendo nuovi mondi fatti di dati e informazioni che si muovono insieme al denaro digitale.
Oggi le transazioni totali effettuate su PagoPA arrivano a quasi 15 milioni, in crescita di oltre il 200%. Ma il commissario alla Pa digitale non nasconde la sua delusione: «Speravamo che molte più amministrazioni saltassero sul treno, e più velocemente: non è solo questione di numero ma anche di servizi integrati nella piattaforma. È stato un errore di valutazione: ogni singola amministrazione ha dipartimenti diversi con banche, referenti e software diversi». Al fianco di Piacentini c’è l’artefice di PagoPA, Giuseppe Virgone, il responsabile del team per i pagamenti digitali, chiamato ora a proseguire in termini di monitoraggio e innovazione del sistema.
Decisamente meglio procede l’Anagrafe unica nazionale: «È il nostro gioiello, era un progetto morto e invece adesso ogni giorno si aggiungono dieci comuni. Siamo arrivati a un punto di non ritorno: nei prossimi due anni si dovranno integrare anche le amministrazioni centrali, dall’Istat all’Inps all’Agenzie delle entrate». Quei dati saranno la base su cui sta prendendo forma un’altra colonna dell’innovazione: l’app Io.Italia.it, che nei progetti dovrebbe diventare la modalità unica di rapporto con la Pa, dal fascicolo digitale ai dati sanitari, dall’anagrafe ai tributi. «Il progetto è di un’app che diventi un wallet in grado di gestire anche i rimborsi: PagoPA è integrata nei pagamenti verso l’amministrazione, poi arriverà anche il sistema inverso». Potrebbe essere il volano per risolvere il problema dei crediti nei confronti della Pa, un dareavere digitale che potrebbe produrre, potenzialmente, grande efficienza.
Non mancano le amministrazioni locali che sposano il cambiamento: «Per fortuna, perché l’errore più clamoroso è puntare a uno Stato che decida tutto: uno Stato verticistico è l’anti-innovazione. Se invece l’innovazione viene dalla periferia, il centro poi si adegua». La politica diventa cruciale per «togliere gli ostacoli operativi che frenano la trasformazione: si tratta di eliminare le norme che complicano i processi, ma anche di obbligare la Pa ad adottare i nuovi sistemi». «Quello che manca davvero, a cui io stesso non ero preparato - ammette Piacentini - è però l’assoluta incapacità all’interno della PA, a ogni livello, nella gestione dei processi: c’è un livello di capacità di project management di base davvero imbarazzante, che parte dalle piccole cose».
Quella della trasformazione è «una sfida culturale che mette insieme competenze tecnologiche e gestione dei processi, una sfida da affrontare - questa sì - al centro del sistema, a livello di Presidenza del Consiglio: la mia proposta è un team di 500 persone, con il dettaglio delle competenze necessarie e della distribuzione territoriale». A proseguire il suo lavoro sarà il successore che dovrebbe essere nominato a breve, ma la strada è tracciata: «Servono tanti esperti di tecnologia, che sappiano coniugare la competenza tecnica con l’aspetto culturale. I politici illuminati sono quelli che capiscono l’importanza di riorganizzare le strutture in modo da ottimizzare le competenze, partendo dalle persone. E andando oltre le divisioni, perché l’innovazione digitale non ha colore politico».
La Pa deve facilitare la vita di persone e imprese: è una sfida culturale. Io lascio ma tutto fa sperare che l’opera continui