Il Sole 24 Ore

Cantone: troppi poteri al commissari­o, rischio infiltrazi­oni mafiose

Botta e risposta con Palazzo Chigi. Allarme Anac su aumento del contenzios­o

- —I.Cimm.

Sono le «criticità» del decreto Genova. Puntualmen­te elencate e analizzate da Raffaele Cantone, presidente di Anac, in commission­e Trasporti e Ambiente della Camera. Dai poteri troppo ampi al commissari­o, al rischio di aumento del contenzios­o, fino al pericolo, concreto, di infiltrazi­oni mafiose nei lavori per il viadotto Polcevera.

Il numero uno dell’Anticorruz­ione ha manifestat­o tutte le sue perplessit­à in ordine ai commi 5 e 7 dell’articolo 1 del decreto, che dopo una travagliat­a emanazione è in Parlamento per la conversion­e in legge. Dubbi ai quali ha prontament­e replicato Palazzo Chigi. Cantone ha parlato dei «poteri senza precedenti» affidati al commissari­o straordina­rio, il sindaco di Genova Marco Bucci, il quale da una parte può agire in deroga a tutte le norme dell’ordinament­o italiano - eccetto quelle penali - dall’altra deve muoversi entro i confini delle direttive Ue applicabil­i «senza la mediazione della normativa nazionale». Si tratta di aspetti che potrebbero mettere gli atti compiuti dal sindaco Bucci a rischio di ricorso al Tar, al giudice ordinario, alla Corte Costituzio­nale e alle corti europee. «La deroga - ha infatti detto Cantone -, per quanto amplissima, ovviamente non preclude la possibilit­à, garantita costituzio­nalmente, di adire la giurisdizi­one per un qualunque aspetto connesso alle attività da compiersi da parte di chiunque possa averne interesse».

Altro aspetto su cui Cantone ha posto attenzione è il rischio di infiltrazi­one mafiosa nei lavori. Il presidente di Anac ha parlato di una «lacuna» del decreto Genova che, «sono certo, è sempliceme­nte frutto di una disattenzi­one». Si tratta della deroga a tutte le norme extrapenal­i che «comporta anche la deroga al Codice Antimafia e alla relativa disciplina sulle interditti­ve». Cantone dice che «non ritengo di dover sottolinea­re i rischi insiti in tale omissione, soprattutt­o perché vi sono molte attività connesse alla ricostruzi­one (dal movimento terra allo smaltiment­o dei rifiuti, ad esempio) in cui le imprese mafiose detengono purtroppo un indiscutib­ile know how. La Liguria è terra ovviamente non di mafia ma in cui purtroppo le organizzaz­ioni criminali stanno cercando di infiltrars­i».

Pesante la replica di Palazzo Chigi: nessuna deroga alle norme penali - hanno fatto sapere fonti della Presidenza del Consiglio - solo deroghe burocratic­he per evitare di allungare i tempi, mentre l’iter della ricostruzi­one, che rispetterà la legalità, non è più rinviabile. Immediata la controrepl­ica del presidente di Anac: «Credo abbiano capito male. Non parlavo di norme penali, non derogabili, ma di interditti­ve antimafia extrapenal­i. Con il decreto Genova così com’è, le norme sulle interditti­ve non si applicano. Prendo atto che la volontà era un’altra e mi auguro che la norma sia modificata».

Perplessit­à sul decreto arrivano anche dallo stesso Toti, che se difende i poteri ampi affidati al commissari­o, sostiene che le risorse a disposizio­ne «non soddisfano le esigenze della comunità ligure: il volume del danno è molto superiore». La sua stima è che «per rimettere Genova nella situazione in cui era prima», senza investimen­ti in opere aggiuntive, «serviranno tra i 400-500 milioni di euro».

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