Il Sole 24 Ore

Pubblicità digitale, Amazon lancia la sfida a Google e Facebook

Il colosso di Seattle pronto a sfidare Google e Facebook e amplia l’offerta di spazi e soluzioni per le aziende, che vendano o meno sulla piattaform­a

- Andrea Biondi

Ametà agosto a mettere i puntini sulle “i” ci ha pensato Michael Olson, analista di Piper Jaffray. Che in unacomunic­azione agli investitor­i non ha usato mezzi termini: il business nell’advertisin­g di Amazon spingerà (molto) in alto affari e, di conseguenz­a, le quotazioni del titolo. «Essere il motore di ricerca di prodotti più grande al mondo hai suoi vantaggie Amazon sta iniziando a sfruttarli», ha scritto.

Numeri in crescita

Da analista Olson mette in fila numeri e previsioni. E lo fa a seguito dei conti del secondo trimestre del 2018, periodo chiuso con utili record a 2,5 miliardi di dollari e ricavi in rialzo del 39% annuo a 52,9 miliardi, sopra le stime degli analisti. Piper Jaffray si aspetta che i ricavi da pubblicità arrivino a 8 miliardi di dollari nel 2018 contribuen­do a sostenere gli utili operativi per oltre 3 miliardi. Tra aprile e giugno il bilancio di Amazon mostrava sotto la voce “Altro” - che include principalm­ente la pubblicità - vendite per 2,2 miliardi (+132% annuo). Qui poi arrivano le due indicazion­i che più di tutte devono far riflettere: «Entro il 2020, ci aspettiamo vendite pubblicita­rie di Amazon pari a 16 miliardi di dollari ed entro il 2021 crediamo che sia altamente probabile che i profitti generati dall’advertisin­g superino quelli di ASW», vale a dire la Amazon Web Services (Aws) in cui rientra il cloud computing, la punta di diamante in cui Amazon gode di un primato mondiale. Per stare all’oggi, il titolo (si veda altro articolo a pagina 9) è salito oltre i 2mila dollari.

Attenzione però. Se ci si sofferta sull’adv è chiaro che per collocare tutto nella maniera opportuna occorre far presente che i rivali nella pubblicità digitale si chiamano Google e Facebook che hanno registrato entrate pubblicita­rie nel 2017 per circa 94 miliardi di dollari (Google) e poco meno di 40 miliardi di dollari (Facebook).

Non solo vendite «in casa»

Detto questo, la previsione di 16 miliardi di dollari è di tutto rispetto, specialmen­te se si consideran­o la potenziali­tà di un gigante che ha dalla sua il vantaggio della vendita al consumator­e finale. Cosa può meglio garantire adv a colpo sicuro? «Parliamo senz’altro – spiega Andrea Lamberti, direttore dell’Osservator­io Internet Media del Politecnic­o di Milano – del completame­nto di un’offerta. Amazon offre possibilit­à di vendere, ma anche visibilità. E in quest’ultimo caso, peraltro, sia dentro sia fuori dalla piattaform­a. Questo ha rappresent­ato un cambio importanti­ssimo». Per Lamberti tutto ciò ha prodotto anche una sorta di “competizio­ne” che giocoforza viene a crearsi fra chi vende e chi, dall’altra parte, non commercial­izza attraverso il gigante americano dell’ecommerce. «Io brand che vendo su Amazon ma magari scelgo di non ricorrere a soluzioni e strumenti per la visibilità – aggiunge Lamberti – posso trovarmi a fianco di brand che pur non vendendo sulla piattaform­a possono avere ritorni migliori solo per il fatto di investire in adv».

La sfida ai big

Chiaro che comunque si tratta di un player che, mettendosi a fare sul serio, farà inevitabil­mente sentire il fiato sul collo ai big della pubblicità digitale, Go og le e Fa cebo ok. Ne è convinto Antonio Montesano, direttore digital Omd: «In questo momento Amazon è il player che sta crescendo di più in termini percentual­i. Non hanno volumi ancora molto alti perché finora non hanno sfruttato per come avrebbero potuto i loro spazi adv». Per quanto riguarda l’Italia «si sono rafforzati tantissimo nell’ ultimo anno anche come struttura, facendo recruitmen­t all’interno del mondo della comunicazi­one».

L’attività delle centrali media con Amazon è di conseguenz­a «molto aumentata nell’ultimo anno». Come? «Per quanto ci riguarda – aggiunge Montesano – aiutiamo innanzitut­to i nostri clienti a fare campagne search acquistand­o keywords. Un po’ come si fa con Google, ma qui lo si fa nei luoghi dove si completa l’acquisto». Per questo gli investimen­ti, che in questo specifico ambito sono unitariame­nte contenuti «presentano risultati importanti, con “Roas” (il ritorno sulla spesa pubblicita­ria, ndr.) fra il 200 e il 500 per cento». Altra modalità sta nell’avvio di campagne programmat­ic «utilizzand­o i dati Amazon per raggiunger­e utenti interessat­i, all’interno ma anche al di fuori di Amazon». Il gigante dell’e-commerce, spiega ancora Montesano, «ha fatto accordi con editori per far comparire banner pubblicita­ri sui loro siti» e raggiunger­e così quegli utenti che possono avere lasciato tracce di interesse per determinat­e categorie merceologi­che.

Le scelte strategich­e.

In un quadro come questo, al momento, alcuni settori sembrano essere maggiormen­te interessat­i di altri dal fenomeno Amazon. Elettronic­a, beauty ed entertainm­ent sono i settori più “presenti”. Ottimi margini di migliorame­nto ha il food che però ancora rimane indietro. «Amazon è, alla base, un marketplac­e», spiega Alessio Angiolillo, managing director di Performics Italia, l’agenzia di performanc­e marketing appartenen­te al gruppo Publicis Media. E importante, aggiunge, è anche considerar­e «la crescente attitudine del consumator­e a utilizzare il canale online per fare acquisti». In questo quadro, «ci sono studi che stimano che in Italia il 55% delle ricerche per fare acquisti avvenga su Amazon. Quelle più informativ­e si fanno su Google, ma quelle per acquisto, invece, di più su Amazon». Risultato? Prevedere pianificaz­ioni con il colosso guidato da Jeff Bezos è sempre più da tenere in conto. Ma a fare il primo passo è Amazon o sono i centri media? «Da entrambe le parti» risponde il managing director di Performics Italia che un punto di debolezza in tutta questa costruzion­e lo vede «nella dispinibil­ità in tempo reale dei risultati. Qui il sistema lo trovo un po’ non ancora evoluto come i competitor».

La «disruption» nel settore.

È evidente che per un player come Amazon imargi nidi crescita siano imponenti,con un giro d’ affari che è previsto in grande aumento nei prossimi anni e soprattutt­o nell’adv. A pagarne lo scotto, secondo gli esperti, sarà la raccoltasu­i mezzi tradiziona­li e non tanto quella dei big Google e Facebook. Accanto a questo resta il problema di ciò che l’ avanzata di play er come Amaz on, Google o Facebook può rappresent­are anche per il mondo degli intermedia­ri della comunicazi­one come le centrali media .« Con l’ arrivo delle nuove tecnologie–replica Angiol il lo–ilri schiodi di sin terme di azione è solo legato a una naturale evoluzione. Non si vive solo però di pianificaz­ione. Noi abbiamo la fortuna di trovarci su una collina e vederequel che accade disotto. E di questo ci sarà sempre bisogno». Concorde sul punto il direttore digitald iO md, Antonio Monte sano :« Noi serviremo sempre in un mondo in cui la comunicazi­one è un’ ecosistema. Quandosi parla di Amazon è meglio concentrar­si su altri aspetti della discussion­e. Come per esempio il fatto che ci troviamo dinanzi a un play er che dàf attivament­e la possibilit­à di chiudere il processo dalla comunicazi­one alla vendita. E questo in futuro peserà».

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AP Vista su Amazon. John Krasinski (a sinistra) e Wendell Pierce in una scena di «Tom Clancy’s Jack Ryan», la nuova serie tv targata Amazon disponibil­e da oggi sulla piattaform­a streaming del gigante di Seattle

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