Un premier per Macron, lunedì l’annuncio
Valls vuole candidarsi nella lista del presidente: il Partito socialista è morto
L’annuncio è previsto per lunedì, dopo l’insediamento all’Eliseo. Ma a Parigi è già grande attesa per il “nome” del premier che Emmanuel Macron sceglierà per guidare il governo.
L’annuncio è previsto per lunedì prossimo, all’indomani dell’insediamento all’Eliseo. Ma da domenica sera, quando ancora i sostenitori di Emmanuel Macron stavano festeggiando sulla spianata del Louvre, non si parla d’altro: chi sarà il premier del nuovo presidente?
La scelta è cruciale e Macron non può sbagliarla. Il capo del Governo avrà infatti il compito di guidare la campagna elettorale delle legislative di metà giugno, il cui risultato è vitale per assicurare a “La République en marche” (Lrem) – e quindi al presidente – una maggioranza parlamentare. Senza la quale Macron sarà un’anatra zoppa, nella sostanziale impossibilità di agire nei tempi e nei modi necessari all'applicazione del suo programma. A partire dalle legge che gli dovrebbe con- sentire di adottare per decreto, cioè con la massima rapidità, almeno le prime misure.
Macron ha dichiarato di averlo già scelto. E ne ha tracciato il profilo: «Qualcuno che abbia una solida esperienza politica e le competenze per dirigere una maggioranza parlamentare». Per ottenerla, dopo aver portato a termine con successo l’Opa sul partito socialista, il presidente deve andare a cercare voti nell’elettorato della destra, dei Républicains. Tra i simpatizzanti più moderati del partito di Sarkozy e Fillon.
L’uomo giusto per questa missione – ed è infatti il nome che circola con maggiore insistenza – potrebbe essere Xavier Bertrand. Esponente dell’ala più centrista (e laicista) dei Républicains, apprezzato anche da parte della sinistra, ha 52 anni e prima di fare il politico a tempo pieno ha lavorato, come assicuratore. Cosa che non guasta. Massone, a lungo membro del Grande Oriente di Francia, è stato uno stimato ministro del Lavoro tra il 2007 e il 2012. Dall’inizio dell’anno scorso è presidente della regione Hauts-de-France ( Nord-Pas-de-Calais-Picardie). Dopo aver vinto – grazie alla desistenza del partito socialista – il duello proprio con Marine Le Pen. Si tratterebbe di convincerlo, perché lui avrebbe fatto capire di non essere disponibile.
L’altro nome su tutte le bocche è quello del centrista Jean-Louis Borloo, 66 anni. Dopo aver fatto a lungo l’avvocato – specializzato in M&A, a metà degli anni 80 è stato segnalato da “Forbes” come uno dei più pagati al mondo – e aver insegnato ana- lisi finanziaria alla prestigiosa Hec, ha iniziato a far politica guidando una lista civica a Valenciennes, disastrata cittadina industriale del Nord di cui è stato sindaco dal 1989 al 2002, contribuendo al suo rilancio. Eletto al Parlamento europeo nella lista Udf guidata da Simone Veil, è stato un popolare ministro del Lavoro e dell’Ambiente con Chirac e Sarkozy. Molto attento ai temi della coesione sociale, ha abbandonato la politica attiva nel 2014 per dedicarsi alla Fondazione che ha creato per finanziare l’elettrificazione dell’Africa. È ricomparso in scena il 30 aprile, con un “endorsement” a favore di Macron, dichiarando di «essere pronto a dare una mano».
Ma non si può ovviamente escludere che Macron abbia in mente un altro nome, riservando magari al Paese l’ennesima sorpresa di questa fase politica del tutto inedita. Non dovrebbe comunque essere Jean-Yves Le Drian, che rimarrebbe alla guida del ministero della Difesa.
Nell’immediato, c’è poi da gestire la grana Manuel Valls. L’ex premier ha infatti annunciato ieri mattina l’intenzione di lasciare il partito socialista, che «ormai è morto», per candidarsi con il partito di Macron nel suo collegio di Evry. Il problema è che Lrem in quella circoscrizione ha già scelto un altro candidato (una candidata, per la precisione) e non può mettere a repentaglio la propria strategia del rinnovamento dando l’impressione di favorire un peso massimo della vecchia politica. Tanto più che mancano ormai poche ore alla presentazione ufficiale – prevista per domani mattina – dei 577 candidati del partito.
Alle legislative si stanno evidentemente preparando anche le altre forze politiche. La destra e i socialisti attenuando gli aspetti più contestati dei programmi di Fillon (via l’aumento dell’Iva e taglio di 500mila posti pubblici in sette anni invece che in cinque) e Hamon. Il Front National, che punta a una quarantina di seggi, cercando di mettere a tacere – almeno per ora - i diffusi malumori interni sulla campagna della Le Pen (in particolare sull’euro). Il partito dovrà in qualche modo fare i conti anche con la decisione di Marion Maréchal Le Pen (deputata dal 2012, la più giovane parlamentare di sempre, e figura centrale del partito nella regione Provenza-Costa Azzurra) di ritirarsi dalla politica attiva. Ufficialmente per ragioni personali - ha una figlia piccola, è separata e vuole provare a fare qualcos’altro nella vita, come aveva già anticipato nei mesi scorsi - anche se certo lo scontro ideologico con la zia Marine (e il superconsigliere Florian Philippot) e il risultato elettorale (lei aveva scommesso sul 40%, sei punti in più) hanno pesato sulla scelta.
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