Il Sole 24 Ore

Un massimale di garanzia

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Il progetto di riforma della crisi di impresa in discussion­e in Parlamento potrebbe rappresent­are l’occasione per disciplina­re questa delicatiss­ima questione. I sindaci devono sicurament­e continuare a rispondere personalme­nte dei danni cagionati ma spesso le richieste risarcitor­ie sono esose e sproporzio­nate: si potrebbe introdurre una sorta di “massimale” proporzion­ato alla remunerazi­one annua del sindaco (per esempio, 20, 50, 100 volte il compenso), onde evitare che lo svolgiment­o di un incarico di poche migliaia di euro esponga al rischio di risarcimen­ti di decine di milioni. trimoniale della società.

A questo riguardo, i giudici di legittimit­à ritengono poi che sussiste una presunzion­e di coincidenz­a tra il dies a quo di decorrenza della prescrizio­ne e la dichiarazi­one di fallimento e che spetti all’amministra­tore/sindaco convenuto nel giudizio (che eccepisca la prescrizio­ne dell’azione di responsabi­lità) dare la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimonia­le.

Ne consegue che l’amministra­tore/sindaco dovrà non solo dimostrare che lo squilibrio patrimonia­le della società si sia verificato precedente­mente alla data dichiarazi­one di fallimento, ma anche che di tale insufficie­nza patrimonia­le l’intero ceto creditorio potesse oggettivam­ente esserne a conoscenza.

Tale prova, come evidenziat­o dalla costante giurisprud­enza di legittimit­à, dovrà fondarsi su fatti sintomatic­i di assoluta evidenza.

In merito poi al danno risarcibil­e, secondo le Sezioni unite (sentenza 9100/2015) la relativa liquidazio­ne deve essere operata avuto riguardo agli specifici i nadempimen­ti dell’amministra­tore, che l’attore (il curatore) ha l’onere di allegare, al fine di verificare il nesso causale tra gli i nadempimen­ti e il danno lamentato.

Nelle azioni, la mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabi­le all’amministra­tore, di per sé non giustifica che il danno da risarcire sia individuat­o e liquidato nella differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimenta­re. Tale criterio può essere utilizzato soltanto per la liquidazio­ne equitativa del danno, ove ne ricorrano le condizioni per una simile liquidazio­ne, e quindi: 1 siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamen­to degli effetti dannosi concretame­nte riconducib­ili alla condotta dell’amministra­tore; 1 il ricorso a detto criterio si presenti logicament­e plausibile in rapporto alle circostanz­e del caso concreto.

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