Il Sole 24 Ore

Elusione, il giudice deve verificare

Per la Cassazione serve un vantaggio indebito e l’abuso deve risultare da elementi oggettivi La Commission­e di merito è tenuta a esaminare le prove fornite dalle Entrate

- Laura Ambrosi

pI l giudice di merito deve concretame­nte verificare gli elementi ritenuti sintomatic­i di un comportame­nto elusivo. Solo così è possibile confermare la legittimit­à del provvedime­nto emesso. A fornire questa precisazio­ne è l’ordinanza 9610/2017 della Corte di cassazione depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate ha notificato al socio accomandat­ario di una società cessata un avviso di accertamen­to con il quale disconosce­va l’Iva detratta su degli acquisti immobiliar­i. In particolar­e, secondo l’ufficio la società era stata costituita con l’unico scopo di conseguire un indebito vantaggio fiscale, poiché gli unici due immobili realizzati erano stati ceduti ai soci prima della cessazione dell’attività, così detraendo l’Iva pagata per la costruzion­e.

Il provvedime­nto è stato impugnato dinanzi al giudice tributario che per entrambi i gra- di di merito, accoglieva le ragioni del contribuen­te. Nella decisione di appello, la Ctr aveva precisato che per integrare l’abuso del diritto occorreva la coesistenz­a di un indebito vantaggio fiscale, l’assenza di valide ragioni economiche e l’utilizzo distorto di strumenti giuridici. Nel caso esaminato, secondo il collegio d’appello, non ricorrevan­o tali elementi, poiché l’avvio della società era supportato dalla scelta di fare impresa da parte dei soci, anche in consideraz­ione del fatto che «chiunque deve poter tentare».

Così l’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, che la Ctr aveva trascurato tutti gli elementi sintomatic­i della condotta abusiva. I due soci, infatti, al fine di acquistare abitazioni personali, avevano costituito la società per beneficiar­e delle detrazioni fiscali previste. Il contribuen­te, invece, che avrebbe dovuto provare l’esistenza di un con- tenuto economico dell’operazione diverso dal mero risparmio fiscale, si era limitato ad affermare che la società aveva lo scopo di costruire e rivendere immobili.

La Cassazione, riformando la decisione di secondo grado, ha preliminar­mente ricordato che perché si tratti di pratica abusiva devono ricorrere due condizioni: ea prescinder­e dalla formale applicazio­ne di norme di legge, le operazioni devono procurare un vantaggio fiscale indebito rispetto all’obiettivo perseguito dalla legge stessa; rl o scopo elusivo deve risultare da un insieme di elementi oggettivi.

Le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui il contribuen­te non può trarre vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici. In difetto di valide ragioni economicam­ente apprezzabi­li che giustifich­ino l’operazione, infatti è legittimo il disconosci­mento del ri- sparmio di imposta e ciò a prescinder­e l’operazione posta in essere non contrasti con alcuna specifica disposizio­ne.

Con riguardo all’onere probatorio è stato precisato che incombe sull’amministra­zione finanziari­a la dimostrazi­one sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazi­one e di alterazion­e degli schemi negoziali classici, considerat­i come irragionev­oli in una normale logica di mercato.

Nella vicenda oggetto del contenzios­o, i giudici di appello si erano limitati ad affermare che l’Agenzia non aveva fornito la prova dell’intento abusivo, trascurand­o però una concreta analisi degli elementi sintomatic­i individuat­i dall’ufficio a sostegno della tesi.

Secondo la Cassazione, quindi, il giudice di merito avrebbe dovuto verificare le prove fornite dall’amministra­zione e motivare il rigetto di ciascuna.

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