Elusione, il giudice deve verificare
Per la Cassazione serve un vantaggio indebito e l’abuso deve risultare da elementi oggettivi La Commissione di merito è tenuta a esaminare le prove fornite dalle Entrate
pI l giudice di merito deve concretamente verificare gli elementi ritenuti sintomatici di un comportamento elusivo. Solo così è possibile confermare la legittimità del provvedimento emesso. A fornire questa precisazione è l’ordinanza 9610/2017 della Corte di cassazione depositata ieri.
L’agenzia delle Entrate ha notificato al socio accomandatario di una società cessata un avviso di accertamento con il quale disconosceva l’Iva detratta su degli acquisti immobiliari. In particolare, secondo l’ufficio la società era stata costituita con l’unico scopo di conseguire un indebito vantaggio fiscale, poiché gli unici due immobili realizzati erano stati ceduti ai soci prima della cessazione dell’attività, così detraendo l’Iva pagata per la costruzione.
Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al giudice tributario che per entrambi i gra- di di merito, accoglieva le ragioni del contribuente. Nella decisione di appello, la Ctr aveva precisato che per integrare l’abuso del diritto occorreva la coesistenza di un indebito vantaggio fiscale, l’assenza di valide ragioni economiche e l’utilizzo distorto di strumenti giuridici. Nel caso esaminato, secondo il collegio d’appello, non ricorrevano tali elementi, poiché l’avvio della società era supportato dalla scelta di fare impresa da parte dei soci, anche in considerazione del fatto che «chiunque deve poter tentare».
Così l’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, che la Ctr aveva trascurato tutti gli elementi sintomatici della condotta abusiva. I due soci, infatti, al fine di acquistare abitazioni personali, avevano costituito la società per beneficiare delle detrazioni fiscali previste. Il contribuente, invece, che avrebbe dovuto provare l’esistenza di un con- tenuto economico dell’operazione diverso dal mero risparmio fiscale, si era limitato ad affermare che la società aveva lo scopo di costruire e rivendere immobili.
La Cassazione, riformando la decisione di secondo grado, ha preliminarmente ricordato che perché si tratti di pratica abusiva devono ricorrere due condizioni: ea prescindere dalla formale applicazione di norme di legge, le operazioni devono procurare un vantaggio fiscale indebito rispetto all’obiettivo perseguito dalla legge stessa; rl o scopo elusivo deve risultare da un insieme di elementi oggettivi.
Le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui il contribuente non può trarre vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici. In difetto di valide ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, infatti è legittimo il disconoscimento del ri- sparmio di imposta e ciò a prescindere l’operazione posta in essere non contrasti con alcuna specifica disposizione.
Con riguardo all’onere probatorio è stato precisato che incombe sull’amministrazione finanziaria la dimostrazione sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato.
Nella vicenda oggetto del contenzioso, i giudici di appello si erano limitati ad affermare che l’Agenzia non aveva fornito la prova dell’intento abusivo, trascurando però una concreta analisi degli elementi sintomatici individuati dall’ufficio a sostegno della tesi.
Secondo la Cassazione, quindi, il giudice di merito avrebbe dovuto verificare le prove fornite dall’amministrazione e motivare il rigetto di ciascuna.