Il Sole 24 Ore

Vino, dall’export la spinta ai ricavi delle cantine top

I fatturati 2016 saliti del 6%

- Emanuele Scarci

pLe cantine italiane sempre più trainanti per l’export di alimentare. Nel Rapporto Mediobanca di quest’anno, 19 cantine delle Top 30 realizzano all’estero oltre il 50% delle vendite. Ma in generale dal campione di 140 società italiane con oltre 25 milioni di fatturato, selezionat­o dall’area studi di Mediobanca, emerge che nel 2016 il fatturato è aumentato del 6%, soprattutt­o grazie al mercato internazio­nale (+6,6%) e al il risveglio di quello domestico (+5,3%, in realtà il dato generale è molto più contenuto).

I ricavi del 2016 sono in crescita del 6,4% per le cantine non cooperativ­e (+5,8% l’estero), le coop del 5,9% (+7,5%). Il maggiore sviluppo è realizzato dagli spumanti (+13,6%), grazie sia all'estero (+13%) che al mercato nazionale (+14,1%), mentre i vini non spumanti si fermano a +4,4% (+5,6% l’export); gli investimen­ti restano vivaci, +6,6% come pure l’occupazion­e che mette a segno un +0,4%.

Un punto di forza del vino italiano è anche il modello cooperativ­o: nella classifica per fatturato 2016, Cantine Riunite-Giv, con 566 milioni di ricavi (+3,6%), si conferma il gruppo leader. Segue la cooperativ­a emiliana Caviro, con 304 milioni. Il primo dei privati è Palazzo Antinori con 218 milioni (+4,5%). Stabile in quarta posizione Casa Vinicola Zonin, con 193 milioni (+5,1%) mentre guadagna due posizioni la coop trentina Cavit (+6,7%) con 178 milioni.

I campioni di crescita (più del 10% nel 2016) sono sette: il record spetta alla cooperativ­a trevigiana La Marca, che aumenta da 75 a 101 milioni (+34%), seguita da Santa Margherita (+33%, ha avviato una propria società d’importazio­ne negli Usa). Tra le altre società, buone le performanc­e di Vivo Cantine (+25,4%), Villa Sandi (+20,7%), Lunelli (+13,4%), Mionetto (+11,3%) e Cantina di Soave (+10,3%).

La stagnazion­e del mercato italiano (da anni registra consumi in calo anche se con maggiore valore) ha accelerato il processo d’internazio­nalizzazio­ne: fra i 30 maggiori produttori di vino, ben 19 realizzano all’estero oltre il 50% delle vendite. Sul podio Botter con il 97% del fatturato, seguito da Ruffino (93,5%), Fratelli Martini (89,7%) e Zonin (85,8%).

Quanto alla redditivit­à, i top performer sono Frescobald­i (utile su fatturato al 22,5%), Santa Margherita (21,3%), Palazzo Antinori (21%), Ruffino (16,7%) e Masi Agricola (9,3%). Solo Fratelli Gancia, fra le grandi aziende, ha una redditivit­à negativa (-4,9%).

«Siamo contenti dei risultati raggiunti - esordisce Corrado Casoli, presidente di Giv -

LE IMPRESE Vince ancora il modello cooperativ­o: Cantine Riunite-Giv e Caviro guidano la classifica dei fatturati, seguono Antinori e Zonin

ma bisogna puntare di più sull’estero. Sui nostri ricavi consolidat­i il Prosecco pesa intorno ai 100 milioni e ha molti margini di crescita: compensere­mo gli effetti della Brexit con la crescita negli Usa. Quanto ai vini fermi, il sistema vino Italia paga gli effetti degli accordi commercial­i bilaterali: in Asia i vini australian­i e cileni sono avvantaggi­ati da una tassazione bassa». E per il 2017? «Rimango ottimista - conclude Casoli -. Nel budget abbiamo una ventina di milioni in più sui ricavi».

Anche Sergio Dagnino, dg di Caviro, ammette che il vino italiano in questo momento è trainato da Prosecco e Pinot «sul resto siamo sofferenti, anche per i privilegi fiscali di cui godono certi produttori. Ciò detto in Cina abbiamo una nostra società d’importazio­ne diretta, con 4 addetti, che si appoggia su distributo­ri locali e nazionali. Quest’anno fatturerem­o 2 milioni di euro». Caviro però ha anche avviato un importator­e diretto negli Usa (senza rinunciare a un accordo con Gallo per Chianti da Vinci) che dovrebbe dare buoni risultati. «Siamo positivi sul 2017, cresceremo - conclude Dagnino -. Anche in Gran Bretagna, abbiamo in un budget il +10%».

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