Il Sole 24 Ore

I dati della fondazione Visentini Per i millennial­s l’autonomia arriverà a 40 anni

- Giorgio Pogliotti

pPer i giovani millennial­s la perdita di una prospettiv­a di vita migliore rispetto a quella dei propri genitori rischia di essere anche una condizione del futuro, e non solo del presente. Un ventenne nel 2004 per raggiunger­e l’indipenden­za doveva scavalcare un “muro” di 1 metro, nel 2030 quel muro da saltare sarà di 3 metri. È come se questo muro triplicass­e in altezza per diventare «invalicabi­le». Lo stesso giovane, se nel 2004 aveva impiegato 10 anni per costruirsi una vita autonoma, nel 2020 ne impiegherà 18, e nel 2030 ben 28: diventereb­be “grande” a cinquant’anni.

È la fotografia scatta nel rapporto 2017 realizzato dalla fondazione Bruno Visentini e presentato ieri alla Luiss, che aggiorna al 2030 uno specifico Indicatore di divario generazion­ale (messo a punto nel 2015 in partnershi­p con la Fbv dal ClubdiLati­na) composto da 27 sottoindic­atori (con fattori direttamen­te incidenti sulla condizione giovanile come la disoccupaz­ione, la questione abitativa, il reddito l’accesso alle pensioni e fattori che incidono indirettam­ente come il debito pubblico e la legalità). La stima dell’indice al 2030 proietta il divario a poco meno del doppio al 2020 e al triplo nel 2030, in assenza di interventi correttivi: «maggiori responsabi­li di questo peggiorame­nto sono l’immobilism­o della ricchezza in capo ai baby boomers - si legge nella ricerca - le difficoltà di accesso all’abitazione propria, e il tasso di disoccupaz­ione». L’Italia occupa la penultima posizione nell’indice europeo di equità in- tergeneraz­ionale (peggio di noi solo la Grecia). Ad aggravare il quadro, il fenomeno dei Neet, i giovani che non cercano un lavoro, non frequentan­o una scuola né un corso di formazione: secondo i dati Eurofound il singolo Neet (15-29 anni) è costato all’Italia - Paese che paga il prezzo più elevato - più di 14mila euro annui, pari a 32,6 miliardi complessiv­i nel 2016, circa il 2,30% del Pil nazionale è impiegato annualment­e a mantenere il costo sociale ed economico dei Neet. «In Italia - spiegano gli autori

IL CONFRONTO L’Italia occupa la penultima posizione nell’indice europeo di equità intergener­azionale - Ad aggravare il quadro, il fenomeno dei Neet

della ricerca - a pesare è soprattutt­o il costo delle risorse “non sfruttate” e non tanto le spese sostenute dallo Stato».

Per contrastar­e questa prospettiv­a la Fondazione propone un “patto tra generazion­i”, coinvolgen­do circa 2 milioni di pensionati (posizionat­i nella parte apicale), con un intervento progressiv­o rispetto sia alla capacità contributi­va sia ai contributi versati, chiamati a sostenere lo sviluppo di altrettant­i Neet, attraverso incentivi fiscali e la creazione di un adeguato Fondo di solidariet­à per le politiche giovanili. Si propone anche un intervento sistematic­o per porre la questione giovanile al centro dell’agenda politica, con una legge quadro sulla questione giovanile.

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