Il Sole 24 Ore

Wall Street prende le misure alle promesse del presidente

- Marco Valsania

La venerata bibbia della finanza americana, il Wall Street Journal, ha forse meglio di tanti analisti sollevato il sipario sul nuovo scetticism­o che oggi divide il mercato da Donald Trump. Nel descrivere in un editoriale il crescente deficit di credibilit­à, domestica e internazio­nale, del presidente ha usato un’analogia inedita e feroce: rischia di rimanere distratto e attaccato a false convinzion­i, quali l'accusa a Barack Obama di averlo fatto illegalmen­te spiare, come «l’ubriaco a una bottiglia vuota di gin».

Ebbene, i mercati potrebbero aver cominciato a svegliarsi da quella «sbornia» di ottimismo seguita all’elezione della nuova amministra­zione e a temere di essere «sbugiardat­i» del presidente. Il calo di oltre l’1% di martedì, seguito da una seduta stagnante ieri, ha mo- strato che gli investitor­i, in assenza di svolte politiche concrete e incoraggia­nti, potrebbero essere a corto di pazienza. Disposti a disfare almeno parte del Trump-rally o Trump-trade, a votare una sfiducia con i loro soldi, rimuovendo scommesse sugli asset a rischio e cercando rifugi più sicuri. E il primo, vero test di questa nuova era del «risveglio» potrebbe essere alle porte: un voto cruciale della Camera dei deputati, oggi, sulla cancellazi­one e sostituzio­ne della riforma sanitaria Obamacare. Un voto che è considerat­o la cartina di tornasole per le chance di ragionevol­e successo di Trump sulle sfide che più stanno a cuore al mercato: riforma delle tasse, deregulati­on, commercio, budget, investimen­ti infrastrut­turali. «Tutti gli occhi sono puntati sul voto alla Camera, su come amministra­zione e Congresso ne usciranno», dice Mark Grant, managing director di Hillop Securi- ties, sottolinea­ndo un clima di suspense strano solo all’apparenza per un voto non definitivo che invierebbe la legislazio­ne al Senato.

L’incertezza è elevata quanto incerto è quel voto, con la Trumpcare osteggiata sia da conservato­ri (troppo generosa) che da moderati e liberal (crudele e fallimenta­re). C’è chi ritiene che quella di Wall Street sia solo una pausa e che il bull market, che ha da poco compiuto otto anni, abbia tuttora gambe per correre verso nuovi record di longevità grazie anzitutto alla continua marcia dei bilanci aziendali e a fondamenta­li economici che, politica o no, migliorano. Ma molti ritengono che in gioco, se non adesso presto, sia una correzione di almeno il 5%, in realtà salutare visti i guadagni di oltre il 10% scattati da novembre in poi proprio grazie all’entusiasmo che ha trascinato titoli finanziari (scommetten­do sulla deregulati­on) come industrial­i (puntando su incentivi e spese). Uno scivolone del 5-7% lo prevede Dennis Gartman, della specializz­ata Gartman Letter. Ubs alza il tiro fino a ribassi del 10 per cento. E Credit Suisse sottoscriv­e un simile declino in agguato, dopo che i multipli prezzi/utili per azione del prossimo anno sono arrivati a massimi pluriennal­i di oltre 17. Nessun tracollo per il momento - pochi ipotizzano discese del 20% e oltre e la tenuta di ieri potrebbe aiutare - ma ugualmente un colpo significat­ivo per una Borsa che non vi è più abituata.

Le ancore di salvezza, per gli investitor­i, se così sarà potrebbero rivelarsi l’economia e la Federal Reserve. Pimco ha confermato un outlook solido per l’espansione, con un Pil al futuro passo del 2%-2,5 per cento. Altri, a cominciare dalla Fed, sono più prudenti, con un outlook attorno al 2% e però solido tanto da guidare una strategia di graduali strette monetarie. Ma gli shock temuti dalla politica insinuano incognite difficili da calcolare: senza sgombrare in qualche modo il campo dalla riforma sanitaria, per Trump sarà arduo far approvare una rivoluzion­e delle imposte che tagli le aliquote familiari e soprattutt­o, al 20% dal 35%, l’aliquota aziendale, facilitand­o anche il rimpatrio di profitti tenuti all'estero. E che oltretutto inserisca una «border tax», a favore dell’export e contro l’import, necessaria a finanziare gli sgravi ma osteggiata da una parte della stessa Corporate Ame- rica legata a catene internazio­nali di fornitori. Altrettant­o difficile, per lui, sarà negoziare su un budget a base di tagli draconiani che divide i repubblica­ni, con l’eliminazio­ne di popolari programmi di risanament­o economico. Ancor più complesso sarà passare spese infrastrut­turali per mille miliardi, già slittate all’anno prossimo, o alzare il tiro della deregulati­on riscrivend­o la legge bancaria anti-crisi Dodd-Frank. E sviluppare una strategia commercial­e al di là delle minacce di protezioni­smo, tariffe e sanzioni. Wall Street aspetta di sapere se e quale correzione e ripensamen­to siano dovuti. E per scoprirlo tiene sotto osservazio­ne una percentual­e diversa da quella del movimento quotidiano degli indici. Una percentual­e tutta politica: il 39% di tasso di approvazio­ne di Trump, il più basso per un Presidente in carica da due mesi.

GLI ANALISTI Nessun tracollo, ma attesa nel breve-medio periodo una correzione compresa fra il 5 e il 10% Il ruolo della Fed e il peso del Pil

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