Wall Street prende le misure alle promesse del presidente
La venerata bibbia della finanza americana, il Wall Street Journal, ha forse meglio di tanti analisti sollevato il sipario sul nuovo scetticismo che oggi divide il mercato da Donald Trump. Nel descrivere in un editoriale il crescente deficit di credibilità, domestica e internazionale, del presidente ha usato un’analogia inedita e feroce: rischia di rimanere distratto e attaccato a false convinzioni, quali l'accusa a Barack Obama di averlo fatto illegalmente spiare, come «l’ubriaco a una bottiglia vuota di gin».
Ebbene, i mercati potrebbero aver cominciato a svegliarsi da quella «sbornia» di ottimismo seguita all’elezione della nuova amministrazione e a temere di essere «sbugiardati» del presidente. Il calo di oltre l’1% di martedì, seguito da una seduta stagnante ieri, ha mo- strato che gli investitori, in assenza di svolte politiche concrete e incoraggianti, potrebbero essere a corto di pazienza. Disposti a disfare almeno parte del Trump-rally o Trump-trade, a votare una sfiducia con i loro soldi, rimuovendo scommesse sugli asset a rischio e cercando rifugi più sicuri. E il primo, vero test di questa nuova era del «risveglio» potrebbe essere alle porte: un voto cruciale della Camera dei deputati, oggi, sulla cancellazione e sostituzione della riforma sanitaria Obamacare. Un voto che è considerato la cartina di tornasole per le chance di ragionevole successo di Trump sulle sfide che più stanno a cuore al mercato: riforma delle tasse, deregulation, commercio, budget, investimenti infrastrutturali. «Tutti gli occhi sono puntati sul voto alla Camera, su come amministrazione e Congresso ne usciranno», dice Mark Grant, managing director di Hillop Securi- ties, sottolineando un clima di suspense strano solo all’apparenza per un voto non definitivo che invierebbe la legislazione al Senato.
L’incertezza è elevata quanto incerto è quel voto, con la Trumpcare osteggiata sia da conservatori (troppo generosa) che da moderati e liberal (crudele e fallimentare). C’è chi ritiene che quella di Wall Street sia solo una pausa e che il bull market, che ha da poco compiuto otto anni, abbia tuttora gambe per correre verso nuovi record di longevità grazie anzitutto alla continua marcia dei bilanci aziendali e a fondamentali economici che, politica o no, migliorano. Ma molti ritengono che in gioco, se non adesso presto, sia una correzione di almeno il 5%, in realtà salutare visti i guadagni di oltre il 10% scattati da novembre in poi proprio grazie all’entusiasmo che ha trascinato titoli finanziari (scommettendo sulla deregulation) come industriali (puntando su incentivi e spese). Uno scivolone del 5-7% lo prevede Dennis Gartman, della specializzata Gartman Letter. Ubs alza il tiro fino a ribassi del 10 per cento. E Credit Suisse sottoscrive un simile declino in agguato, dopo che i multipli prezzi/utili per azione del prossimo anno sono arrivati a massimi pluriennali di oltre 17. Nessun tracollo per il momento - pochi ipotizzano discese del 20% e oltre e la tenuta di ieri potrebbe aiutare - ma ugualmente un colpo significativo per una Borsa che non vi è più abituata.
Le ancore di salvezza, per gli investitori, se così sarà potrebbero rivelarsi l’economia e la Federal Reserve. Pimco ha confermato un outlook solido per l’espansione, con un Pil al futuro passo del 2%-2,5 per cento. Altri, a cominciare dalla Fed, sono più prudenti, con un outlook attorno al 2% e però solido tanto da guidare una strategia di graduali strette monetarie. Ma gli shock temuti dalla politica insinuano incognite difficili da calcolare: senza sgombrare in qualche modo il campo dalla riforma sanitaria, per Trump sarà arduo far approvare una rivoluzione delle imposte che tagli le aliquote familiari e soprattutto, al 20% dal 35%, l’aliquota aziendale, facilitando anche il rimpatrio di profitti tenuti all'estero. E che oltretutto inserisca una «border tax», a favore dell’export e contro l’import, necessaria a finanziare gli sgravi ma osteggiata da una parte della stessa Corporate Ame- rica legata a catene internazionali di fornitori. Altrettanto difficile, per lui, sarà negoziare su un budget a base di tagli draconiani che divide i repubblicani, con l’eliminazione di popolari programmi di risanamento economico. Ancor più complesso sarà passare spese infrastrutturali per mille miliardi, già slittate all’anno prossimo, o alzare il tiro della deregulation riscrivendo la legge bancaria anti-crisi Dodd-Frank. E sviluppare una strategia commerciale al di là delle minacce di protezionismo, tariffe e sanzioni. Wall Street aspetta di sapere se e quale correzione e ripensamento siano dovuti. E per scoprirlo tiene sotto osservazione una percentuale diversa da quella del movimento quotidiano degli indici. Una percentuale tutta politica: il 39% di tasso di approvazione di Trump, il più basso per un Presidente in carica da due mesi.
GLI ANALISTI Nessun tracollo, ma attesa nel breve-medio periodo una correzione compresa fra il 5 e il 10% Il ruolo della Fed e il peso del Pil