La trasformazione ha trainato anche l’indotto
Attorno ai poli produttivi è cresciuto un tessuto di imprese or ientato ai comparti di r ifer imento
È lo stabilimento del Gruppo Fiat Chrysler che per primo ha raggiunto gli standard più alti del World Class Manufacturing e l’anno scorso ha prodotto 207mila Panda, un numero cresciuto del 16,9% rispetto al 2015 e di oltre il 30% sul 2013. Un risultato che ha contribuito all’aumento dei volumi produttivi negli stabilimenti auto del Gruppo in Italia – oltre 721mila vetture nel 2016, l’8,2% sul 2015, quasi il doppio rispetto alle 391mila unità del 2013 – ma che non ha garantito la saturazione produttiva del polo dove si lavora con i contratti di solidarietà. Per il Giambattista Vico di Pomigliano, dunque, si prospetta un cambio radicale di mission industriale, come annunciato da Sergio Marchionne. Entrerà nel piano Alfa Romeo, come lo stesso ad aveva ipotizzato l’anno scorso.
«Lo stabilimento di Pomigliano ha la capacità di fare altre auto» ha detto da Ginevra Marchionne. Il riferimento è alla tra- sformazione industriale di tutti gli altri stabilimenti italiani, orientati a produzioni nei comparti premium: il polo del lusso di Torino e Grugliasco con Maserati, il cuore del rilancio Alfa a Cassino, la produzioni dei crossover a Melfi, primo stabilimento italiano del Gruppo ad ospitare una linea di produzione a marchio Jeep dopo la fusione con Chrysler. Le linee della Panda, come la produzione della Punto a Melfi, sono rimaste le due eccezioni ad una trasformazione industriale delle produzioni del Gruppo in Italia anche se, per volumi, rappresentano poco meno di un terzo del totale delle auto fatte da Fiat Chrysler in Italia. Una trasformazione che ha trascinato anche l’indotto automotive, cresciuto costantemente nelle esportazioni e allo stesso tempo in grado di seguire il car maker nazionale verso una crescente specializzazione sui comparti premium. Il passaggio di Pomigliano registrerà probabilmente volumi inferiori rispetto all’attuale produzione ma con un maggiore valore aggiunto nella catena della filiera. A cominciare dagli stabilimenti più vicini dove nascono sedili, plance e sistemi di condizionamento, di fornitori storici come Lear, Proma, Gruppo Tiberina o Valeo, nella maggior parte dei casi già orientati alle produzioni più complesse.
Pomigliano, secondo stabilimento italiano per volumi dopo Melfi, con ogni probabilità si concentrerà sui modelli Alfa che completeranno la gamma. Il suv più piccolo del Biscione, per esempio, mentre a Mirafiori dovrebbe essere destinato il fuoristrada più grande, sulla stessa linea del suv di casa Maserati, il Levante. Non si può però escludere che il futuro industriale di Pomigliano possa essere misto, come per Melfi (500 X e le Jeep Renegade). Allo stabilimento campano potrebbe essere affidata la produzione di una Junior Jeep a cui, secondo alcune indiscrezioni, si sta già lavorando, sul fronte design e progettazione, agli Enti centrali di Mirafiori, uno degli snodi per i nuovi progetti del Gruppo. Resta sul tavolo l’ipotesi che la stessa Giulietta, oggi prodotta a Cassino, possa trasferirsi a Pomigliano se i volumi nel polo laziale cresceranno in maniera significativa. Le nuove produzioni del Biscione hanno generato i primi effetti positivi, con quasi 72mila vetture l’anno scorso, anche se la salita vera e propria ci sarà quest’anno. Dal punto di vista produttivo, poi, gli scambi tra il Giambattista Vico Plant e Cassino sono destinati a rafforzarsi anche grazie all’accordo sindacale che ha previsto l’assunzione di 700 addetti e il trasferimento temporaneo di altri 500 operai da Pomigliano.
L’ORGANIZZAZIONE Destinati a rafforzarsi gli scambi tra il sito campano e lo stabilimento di Cassino A Grugliasco e Mirafiori i segmenti top del gruppo