Il Sole 24 Ore

Affitti con cedolare «automatica»

Almeno 350mila contribuen­ti interessat­i ogni anno dai rinnovi

- Dell’Oste

Una mano tesa ai proprietar­i di case affittate che hanno scelto la cedolare secca e dimenicano di comunicare al fisco la proroga del contratto. Con le norme in vigore fino al 2 dicembre scorso, il mancato invio del modello Rli comportava la revoca della tassa piatta al 21% (10% per i canoni concordati), con l’obbligo di pagare l’imposta di registro, l’Irpef e le sue addizional­i.

L’apertura del fisco interessa i 350mila contribuen­ti che ogni anno affrontano la proroga o il rinnovo del contratto di locazione di abitativa, ma pone diversi problemi di applicazio­ne.

Una chance per gli smemorati della cedolare secca sugli affitti. Vale a dire per quei contribuen­ti che si dimentican­o di comunicare al fisco la proroga della locazione. Una svista che, con le norme in vigore fino al 2 dicembre scorso, implicava la decadenza dal regime della tassa piatta. Con conseguenz­e a dir poco spiacevoli.

È una scena che si è ripetuta spesso negli ultimi anni: il proprietar­io è convinto di essere ancora nel regime della cedolare, e invece si vede recapitare un avviso delle Entrate che gli contesta il mancato pagamento dell’imposta di registro sulla proroga (tributo che è per l’appunto sostituito dalla tassa piatta); dopodiché, si accorge di avere anche un altro problema, perché ha pagato la flat tax al posto dell’Irpef e delle sue addizional­i – comunale e regionale – mediamente ben più cari dell’aliquota al 21% ( contratti liberi) o al 10% (canoni concordati fino a fine 2017, poi 15% a regime).

Non si può dire con esattezza quanti siano gli interessat­i, ma ci si muove nell’ordine delle migliaia o decine di migliaia all’anno. In base agli ultimi dati disponibil­i, i proprietar­i che hanno scelto la cedolare sono oltre 1,4 milioni (1,1 milioni per contratti a canone libero e 300mila a canone concordato) e si può stimare che ogni anno almeno 350mila di loro siano tenuti ad avvisare il fisco della proroga.

Le statistich­e sulle nuove registrazi­oni, infatti, permettono di ricostruir­e l’incidenza delle diverse tipologie contrattua­li: «4+4», «3+2», transitori­o e per studenti (si veda anche il grafico).

D’altra parte, la probabilit­à di dimenticar­si – per gli operatori non profession­ali – è tutt’altro che remota. Il contratto prorogato è pur sempre lo stesso contratto, in termini di canone e inquilino, e si dice comunement­e che la scelta per la tassa piatta è valida finché non viene revocata.

La salvaguard­ia

A rimediare alle sviste incolpevol­i è intervenut­a la norma introdotta con la conversion­e del decreto fiscale (cioè con la legge 225/2016, che ha inserito il pacchetto semplifica­zioni nel Dl 193) in vigore dallo scorso 3 dicembre. In pratica, viene ora previsto che la mancata presentazi­one del modello Rli per comunicare la proroga del contratto «non comporta la revoca dell’opzione» per la cedolare, a patto che il proprietar­io abbia versato la tassa piatta e abbia indicato i redditi da locazione nella dichiarazi­one dei redditi (comma 24 dell’articolo 7-quater inserito nel Dl 193).

Evitata la decadenza, il proprietar­io dovrà pagare al fisco una multa di 100 euro (ridotti a 50 se si attiva entro i primi 30 giorni dalla scadenza del termine).

Istruzioni per l’uso

La novità è sicurament­e favorevole ai contribuen­ti, ma pone vari problemi di interpreta­zione.

Prima di tutto, bisogna intendersi su cosa sia la «proroga» menzionata dal decreto fiscale. Ad esempio, in un contratto a canone libero «4+4», ci si riferisce al secondo quadrienni­o, oppure alla prosecuzio­ne dopo l’ottavo anno per altri quattro anni (rinnovabil­i ancora di quattro) o a entrambe le formule di “prolungame­nto”? Nella legge sulle locazioni (la 431/1998) in questi casi si parla di «rinnovo», mentre il termine «proroga» è usato per la prosecuzio­ne biennale del contratto a canone concordato (generalmen­te con la formula «3+2»). Al contrario, la normativa sull’imposta di registro (il Dpr 131/1986) parla sempre di «proroga».

Ci sono casi in cui il fisco ha contestato il venir meno della cedolare già in seguito alla mancata conferma dopo il primo quadrienni­o, anche se in dottrina c’è chi sostiene che in questo caso l’op- zione non avrebbe bisogno di conferma. Ad ogni modo, anche questa situazione dovrebbe essere coperta dalla salvaguard­ia ora prevista dal decreto fiscale.

La seconda questione riguarda ancora il perimetro applicativ­o. Il decreto fiscale, letteralme­nte, fa salva solamente l’opzione per la cedolare «esercitata in sede di registrazi­one del contratto». Ma non sembra ragionevol­e escludere chi ha optato per la tassa piatta in una delle annualità successive alla registrazi­one e poi si scorda di comunicare la proroga.

Un altro aspetto delicato riguarda la necessità che il contribuen­te tenga un comportame­nto in linea con la volontà di restare nella tassa piatta. Il decreto fiscale richiede il pagamento della cedolare e l’indicazion­e in dichiarazi­one dei redditi mentre dimentica l’obbligo di non aggiornare il canone: questione più teorica che pratica in tempi di deflazione, ma resta una formulazio­ne ambigua.

La nuova norma non menziona neppure l’obbligo di inviare la raccomanda­ta all’inquilino. Quindi la permanenza nella tassa piatta è salva senza necessità di spedire alcuna lettera al conduttore.

La decorrenza

L’ultimo aspetto è la decorrenza della norma. Che è nuova e non menziona effetti retroattiv­i. Eppure, invocando i princìpi dello Statuto del contribuen­te, ci sono validi argomenti per sostenerne l’applicabil­ità anche alle dimentican­ze avvenute prima del 3 dicembre scorso. Chi avesse contestazi­oni in corso potrebbe senz’altro tentare di far valere le proprie ragioni.

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