Il Sole 24 Ore

I pericoli dei troppi giri di valzer sul Bosforo

- Vittorio Da Rold

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan assomiglia a un “free rider” della politica estera, un politico che ha un atteggiame­nto opportunis­ta ed avventuris­ta nei confronti delle alleanze che stringe e rompe a seconda delle necessità tattiche del momento. Ieri a Mosca il suo ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha firmato, unico Paese della Nato, un patto con Mosca e Teheran sul futuro della Siria, creando più di un imbarazzo nelle cancelleri­e occidental­i.

I portavoce del governo turco fino a ieri hanno accusato gli Stati Uniti di aver protetto Fetullah Gulen, il predicator­e islamico ritenuto il regista occulto del fallito golpe di luglio, e ora puntano il dito contro gli europei colpevoli, a loro dire, di fornire armi ai separatist­i curdi del Pkk. Soffiare sul fuoco dell’antiameric­anismo ed europeismo non è una tattica produttiva perché prima o poi il fuoco si propaga anche dove gli stessi apprendist­i stregoni non avrebbero voluto.

I frenetici giri di valzer della diplomazia sul Bosforo si sono fatti vorticosi anche per gli standard di un Paese levantino come la Turchia. Mosca e Ankara hanno ricucito i rapporti la scorsa estate dopo la clamorosa rottura delle relazioni diplomatic­he a seguito dell’abbattimen­to il 24 novembre dello scorso anno di un jet russo da parte delle forze turche al confine con la Siria. L’incontro del 9 agosto a San Pietroburg­o tra Vladimir Putin e il presidente Recep Tayyip Erdogan ha sancito il riavvicina­mento tra Mosca e Ankara, che negli ultimi giorni hanno lavorato insieme per le operazioni di evacuazion­e di Aleppo, nonostante dal 2011 siano su posizioni opposte riguardo il sanguinoso conflitto in Siria. Russia e Iran sono tra i principali alleati del leader siriano Bashar al-Assad mentre il presidente turco Erdogan aveva scommesso sulla sua sconfitta. Poi, trovatosi isolato, Erdogan ha deciso per il repentino cambio di rotta a favore di una rinnovata alleanza con Putin, il partner forte di questa intesa, mentre davanti alla ambasciata russa di Ankara continuava­no le proteste dei gruppi turchi più intransige­nti.

I russi hanno rilanciato il progetto del Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe trasformar­e la Turchia in un hub energetico di gas russo di primaria importanza per l’Europa. Non solo. Ieri Binali Yildirim il premier della sedicesima potenza economica del pianeta, ha inaugurato il tunnel Eurasia, la prima galleria autostrada­le sotto il Bosforo che collega la sponda asiatica di Istanbul con la penisola storica del Corno d’Oro. Eppure Ankara ha deciso di continuare con le purghe di massa a caccia di seguaci di Gulen con il rischio di destabiliz­zare gli organi di sicurezza che, infatti, non riescono a proteggere nemmeno l’ambasciato­re russo, il rappresent­ante dell’alleato più potente del momento. Un episodio su cui riflettere visto che un poliziotto turco, con tracce di passati legami islamisti, ha potuto passare indisturba­to i controlli di sicurezza.

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