La coesione diventa competitività
Più valore aggiunto per le imprese che sanno coinvolgere consumator i e lavorator i Territori più performanti se c’è attenzione a legalità, non profit e qualità della vita
pVi hanno probabilmente già detto tutto sull’importanza dell’apertura ai mercati internazionali o dell’accesso al credito per il successo di un’impresa. Quello che probabilmente nessuno vi ha ancora detto è che tra i fattori di successo di un soggetto imprenditoriale c’è anche il grado di “coesione”, ossia la capacità di camminare con le comunità, coinvolgere i cittadini e i consumatori, valorizzare e sostenere i lavoratori, relazionarsi alle energie dei territori. Un fattore che conta eccome, se consideriamo che le imprese “coesive” d’Italia hanno registrato nel 2015 aumenti del fatturato nel 47% dei casi, mentre tra le imprese “non coesive” tale quota si ferma al 38 per cento.
Lo rivela il rapporto “Coesione è Competizione. Le nuove geografie della produzione del valore in Italia” realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, uno studio che coglie fattori strategici che talvolta possono collocarsi su lunghezze d’onda che gli indicatori economici più diffusi non percepiscono. Anche qui da noi ci sono infatti imprese che intrattengono relazioni con altri soggetti imprenditoriali, comunità, istituzioni, consumatori e terzo settore. E a quanto pare hanno una marcia in più che permette loro di andare lontano: il 10% delle imprese coesive ha dichiarato per esempio assunzioni nel 2015, contro il 6% delle altre. Idem dicasi per le esportazioni: le imprese coesive hanno ordinativi esteri in aumento nel 50% dei casi, a fronte del 39% delle non coesive e sono maggiormente presenti sui mercati internazionali (il 76% di esse sono esportatrici contro il 68% delle non coesive). Sempre le realtà attente alla coesione sono quelle che hanno nel dna una considerazione maggiore di valori come l’ambiente (investe infatti in prodotti e tecnologie green il 53% delle imprese coesive contro il 38% delle non coesive), la creazione di occupazione e di benessere economico e sociale, gli investimenti in qualità (l’81% delle imprese coesive ha fatto social investment nel 2015 contro il 76% delle altre). «Con questo studio – spiega Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola – continua la nostra indagine nel campo della qualità. A quanto dimostrano i risultati della ricerca, esiste una polarizzazione del mercato tra chi investe in fattori di coesione e chi non lo fa. E i primi, ossia le aziende che si pensano aperte rispetto al contesto nel quale operano, ottengono risultati migliori».
Se la coesione è nel territorio
Non di sole imprese tratta lo studio di Symbola e Unioncamere, ma anche di territori coesivi, cioè caratterizzati dalla presenza di legami e relazioni solide e profonde tra le loro diverse componenti: comunità, imprese, istituzioni, soggetti più deboli. Dove tutti questi rapporti contribuiscono a migliorare e rafforzare la qualità della vita. Ebbene le regioni più coesive, quelle con una maggiore attenzione al lavoro e alla legalità, con maggiore presenza del non profit e maggiore livello di relazionalità delle imprese, sono in ordine Trentino Alto Adige (137,4 sulla media dell’Italia uguale a 100), Lombardia (114,5), Veneto (113,5), Toscana (109,4), Friuli Venezia Giulia (108,5). Territori in cui la coesione sociale è superiore al livello medio nazionale. Evidentemente non sarà per caso che le regioni più coesive siano anche quelle in cui la ricchezza misurata in Pil procapite e reddito disponibile delle famiglie è maggiore e meglio distribuita. Le imprese che vivono in questi territori, secondo lo studio, hanno capito che la coesione conviene.
Eccellenze della coesione
IL TESSUTO ECONOMICO
LO STUDIO Le imprese «coesive» d’Italia hanno registrato nel 2015 aumenti del fatturato nel 47% dei casi, le imprese «non coesive» si sono fermate al 38%
LE ASSUNZIONI Secondo il rapporto Symbola, il 10% delle imprese «coesive» ha dichiarato assunzioni nel 2015, contro il 6% delle altre