Niente rettifica per artigiani-dipendenti
pÈ illegittima la rettifica nei confronti dell’artigiano che non si è adeguato agli studi di settore, se prova di essere anche lavoratore dipendente. A stabilirlo è la Corte di cassazione con la sentenza 18447/2016 depositata ieri.
La vicenda trae origine da una rettifica di maggiori ricavi dell’agenzia delle Entrate a un elettricista. Al contribuente era in particolare contestato maggior reddito sul presupposto che per un periodo di imposta avesse emesso una sola fattura, per di più di importo particolarmente basso (circa 270 euro).
Secondo l’Ufficio, tale reddito, oltre a presentare un rilevante scostamento rispetto ai risultati degli studi di settore, palesava un comportamento antieconomico: l’elettricista, infatti, aveva iniziato l’attività con l’apertura della partita Iva alcuni anni prima e, per lo svolgimento, aveva nominato un responsabile tecnico per la certificazione degli impianti.
L’atto impositivo veniva impugnato innanzi la Ctp che accoglieva il ricorso. La sentenza veniva riformata dalla Ctr, poiché riteneva evidente il predetto comportamento antieconomico del contribuente. Peraltro secondo il collegio di appello, a nulla ri- levava il fatto che l’artigiano fosse dipendente di una società e che, per tale causa, poteva svolgere l’attività autonoma solo marginalmente. Mancava infatti, la prova della tipologia di contratto se cioè fosse un dipendente a tempo pieno o parziale.
Il contribuente presentava ricorso per Cassazione, sostenendo che fin dal primo grado emergesse in realtà lo svolgimento a tempo pieno di lavoro dipendente, idoneo a giustificare lo scostamento dei redditi dichiarati rispetto ai risultati di Gerico.
Peraltro, da tale attività di lavoro derivava un reddito annuo idoneo a giustificare lo svolgi- mento di un’attività autonoma in via solo residuale.
L’asserito comportamento antieconomico non si poteva desumere dall’apertura in anni precedenti, della partita Iva, tanto meno dalla nomina di un responsabile tecnico per la certificazione degli impianti, obbligatoria per legge.
La Cassazione ha accolto il ricorso. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la pronuncia della commissione regionale fosse incorsa in un palese vizio di motivazione. Il collegio di appello, infatti, non aveva adeguatamente considerato lo svolgimento del lavoro dipendente da parte dell’elettricista.
Il contribuente aveva infatti dato prova di svolgere una concomitante attività lavorativa dipendente, dalla quale conseguiva redditi adeguati, che lasciavano logicamente presumere lo svolgimento di quell’attività a tempo pieno. Pertanto, la Ctr avrebbe dovuto motivare in modo più puntuale perché ha ritenuto fondate le ragioni addotte dall’ufficio per la rettifica dei maggiori ricavi non potendosi basare soltanto sul mero scostamento dalla soglia di congruità.
La sentenza conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale incombe sull’ufficio l’onere di individuare altri idonei elementi a sostegno dello scostamento derivante dagli studi di settore.