Tutto quel che va fatto per trasporto pubblico, edilizia sociale e riuso
Non è un’illusione ma una triste realtà quella di consumare troppo e quella di agitarci troppo per poi rimanere, alla fine, delusi ed insoddisfatti (Il Sole 24 Ore del 18 settembre 2016). Marcuse diceva che la colpa era dei falsi bisogni e di chi li spingeva. Non solo noi ma tutto il mondo è intento ad infarcire il Pil di un eccessivo volume di beni e servizi futili, poco utili, inutili e addirittura dannosi. A parte i traffici di droghe, di armi, di immondizie e veleni, nel mondo si producono e si gettano ogni giorno milioni di tonnellate di cibo, articoli di abbigliamento; si lasciano invendute e disabitate centinaia di migliaia di case costruite per speculazione; migliaia di Km di autostrade per agevolare il traffico a milioni auto superflue; milioni di seconde, terze e quarte case in abbandono. Lei, Galimberti, ci insegna che per azzerare la disoccupazione e riavviare l’economia sarebbe auspicabile e sufficiente poter ghigliottinare gli sprechi e investire produttivamente almeno una parte di quelle risorse destinate alla spazzatura. In quali settori? Fernando Santantonio
Caro Santantonio, la sua indignazione, la sua passione civile, sono ammirevoli e giustificate. Tuttavia, agli italiani si potrebbe dire quello che diceva – ma non ne sono sicuro – Confucio: se vuoi cambiare il mondo comincia a cambiare te stesso. Quei beni e servizi “futili, poco utili, inutili e addirittura dannosi” che lei lamenta non sono gettati in pasto agli italiani da qualche malvagio regista che organizza quel che la gente deve consumare. Sono beni e servizi che la gente richiede e che il mercato fornisce. Ricordo – forse l’ho già detto in passato – quando negli anni 60 stava arrivando la televisione a colori e c’era una forte contrapposizione, nelle alte sfere, fra chi voleva il sistema Pal e chi voleva il Secam (due standard tecnici). Ugo La Malfa disse dovevamo rinunciare ai colori, il bianco e nero andava benissimo, e i soldi per passare al colore avrebbero dovuto essere spesi in scuole e ospedali. Posizione moralmente ineccepibile, ma realisticamente destinata alla sconfitta.
Secoli prima Bernard de Mandeville, con la sua «Favola delle api» aveva avanzato una tesi eretica: i vizi, i consumi opulenti, non sono da rigettare ma sono quelli che fanno girare l’economia, perché se tutti fossero austeri, perderebbero il lavoro tutti quelli che producono i famosi beni “futili, poco utili, inutili...”. E dopo de Mandeville, Adam Smith opinò che la spesa su «aggeggi di frivola utilità» è quello che «tiene in moto perpetuo l’industria dell’uomo».
Tutto questo non vuol dire che non ci sia niente da fare. A parte il miglioramento individuale e il sistema educativo, c’è da lavorare su regole e istituzioni: per esempio privilegiando il trasporto pubblico e l’edilizia sociale, spingendo il riciclaggio, combattendo la corruzione (fonte di consumi opulenti)... Un lavoro in salita. fabrizio@bigpond.net.au
Serve un’educazione digitale
Dopo il caso di Tiziana, la ragazza suicida per la vergogna, non credete che si debba tentare un approccio più serio, intelligente ed approfondito rispetto ai vari post e ai commenti letti a riguardo? La tragica vicenda è stata una notizia agghiacciante che ci ha angosciato. Non penso neanche che si possa demonizzare il web nella misura in cui, al pari di qualsiasi medium o strumento tecnologico, è anch’esso neutrale in sé, per cui il suo valore (negativo o positivo) dipende dall’utilizzo che se ne fa. Si dovrebbero incoraggiare ed incentivare sapienti interventi formativi rivolti all’educazione digitale dei nostri giovani nelle scuole. Si sprecano tanti soldi per finanziare iniziative sterili, attività improduttive e inconsistenti. Eppure, si dovrebbe istituire una valida ed efficace opera in senso preventivo ed educativo dei cosiddetti “nativi digitali” per abituarli a un uso più saggio e razionale delle tecnologie, in particolare dei socialnetwork. Ritengo che sarebbe un’esperienza lodevole ed auspicale, da promuovere in modo prioritario nelle scuole. Una seria progettualità di educazione digitale, concepita non come un arido e banale insegnamento di ordine tecnico, da “manualetto di istruzioni”, bensì in termini di formazione globale e integrale della persona sul terreno etico e civico, in stretta correlazione con le altre educazioni che rientrino nella sfera più vasta dell'educazione all’affettività, ad una socialità sana e corretta, alla cittadinanza attiva e cosciente, al pieno rispetto del prossimo. Non sarebbe affatto un’ipotesi da scongiurare, anzi.
Lucio Garofalo