Il Sole 24 Ore

Il danno dal lastrico solare è a carico dei condòmini

Il pr incipio vale a meno che in base al titolo r isulti in propr ietà pr ivata

- Enrico Morello Edoardo Valentino

Le regole di base sul lastrico solare (articolo 1126 del Codice civile) stabilisco­no che quando l’uso di uno o più lastrici solari (cioè superfici con funzione di copertura poste alla sommità dello stabile) non è comune a tutti i condòmini, allora la manutenzio­ne ordinaria dello stesso dovrà essere corrispost­a per due terzi dai condòmini secondo le tabelle millesimal­i e per la restante porzione dal comproprie­tario che ne fa uso in modo esclusivo.

Da notare che le regole applicate al lastrico solare vengono per analogia adattate anche alle terrazze a livello (si veda la sentenza della Seconda Sezione della Corte di Cassazione numero 16583 del 2012).

È giusto però domandarsi se tali regole per la attribuzio­ne delle spese debbano applicarsi non solo alla manutenzio­ne del lastrico solare, ma ad ogni altra spese derivante da esso.

In particolar­e ci si chiede se, in caso di danni causati dal lastrico solare, il criterio da utilizzare per il risarcimen­to degli stessi sia quello del 1126 del Codice Civile.

La questione, da sempre molto dibattuta in dottrina, era stata in un primo tempo analizzata dalla Corte di Cassazione del 1997. Le Sezioni unite, infatti, erano state investite della questione ed avevano emesso la sentenza numero 3672 del 29 aprile 1997 con la qua- le fornivano una interpreta­zione della vicenda.

Detta sentenza, quindi, affermava che «La questione di diritto che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controvers­ia è se la responsabi­lità per i danni prodotti nell’appartamen­to sottostant­e dalle infiltrazi­oni d’acqua provenient­i dal lastrico solare per difetto di manutenzio­ne si colleghi piuttosto che al disposto dell’art. 2051 cod. civ. direttamen­te alla titolarità del diritto reale» e concludeva, al termine della decisione, che per i danni cagionati dal lastrico solare per difetto di manutenzio­ne «rispondono tutti gli obbligati inadempien­ti alla obbligazio­ne di conservazi­one, secondo le proporzion­i stabilite dall’articolo 1126» e stabiliva così un principio di diritto.

In sostanza, quindi, la Suprema Corte affermava come i danni cagionati dall’incuria nella manutenzio­ne del lastrico solare rientrasse­ro nello schema tipico della responsabi­lità per inadempime­nto di cui all’articolo 1218 del Codice Civile, piuttosto che quella per i danni causati dalle cose in custodia (articolo 2051).

Detto principio giurisprud­enziale, nonostante le svariate critiche della dottrina, resisteva fino a oggi.

In data 13 giugno 2014, tuttavia, la seconda Sezione della Corte di Cassazione – investita di un caso similare a quello appena descritto – prendeva atto dei contrasti in dottrina e faceva alcune osservazio­ni .

In particolar­e la Corte riteneva non condivisib­ile il principio espresso dalla sentenza 3672 del 1997, ritenuto che «il fatto costitutiv­o dell’illecito risale alla condotta omissiva o commissiva dei condòmini, che fonda una responsabi­lità aquiliana, la quale deve essere scrutinata secondo le rispettive colpe dei condòmini e, in caso di responsabi­lità condominia­le, secondo i criteri millesimal­i, senza utilizzare la normativa coniata ad altro fine».

Ritenuto, quindi, non corretto il principio di diritto espresso nel 1997 la Seconda Sezione della Cassazione depositava ordinanza chiedendo alle Sezioni Unite un nuovo esame della vicenda.

Il principio espresso dalla seconda sezione è condivisib­ile, dato che l’articolo 1226 del Codice Civile detta criteri di ripartizio­ne delle spese basati sull’utilità del bene tratta dal soggetto utilizzato­re e non pare analogicam­ente applicabil­e alla responsabi­lità per fatto illecito derivante dalla custodia di beni.

Sotto il profilo della natura (condominia­le o esclusiva) del lastrico solare, la Cassazione (n. 9035/2016) si è da ultimo espressa ricordando come tale bene sia inserito dall’articolo 1117 del Codice civile nell’elenco di parti comuni: e che tale presunzion­e possa essere vinta solo o dalla presenza di un titolo (ad esempio un atto di vendita dove esplicitam­ente il lastrico sia trasferito quale parte privata e non comune) o dal fatto che esso per la sua naturale particolar­e conformazi­one sia posto al servizio di un solo condomino.

Nel caso esaminato nella sentenza 9035/2016, in particolar­e, la natura esclusiva del lastrico era stata esclusa nonostante un condomino avesse da anni privato gli altri della possibilit­à di accedervi: questo in quanto in tal modo non era comunque venuta meno la natura, condominia­le, che il lastrico svolgeva quale copertura in favore degli alloggi di svariati condomini.

Per la Cassazione ogni caso si valuta in base alle colpe di ciascuno

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