Gdo, impasse sul contratto
Federdistribuzione offre più dell’inflazione, ma ai sindacati non basta
Se i sindacati della grande distribuzione (Filcams, Fisascat e Uiltucs) si sono fatti sentire il 15 agosto per ribadire la loro contrarietà alla liberalizzazione delle aperture festive e degli orari, Federdistribuzione continua sulla sua strada nel rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro che, se si considera anche il franchising, riguarda oltre 200mila lavoratori diretti (230mila comprendendo anche il franchising, si veda la ricerca di PwC pubblicata dal Sole 24 Ore il 19 luglio). Sono passati due anni e mezzo da quando il contratto è scaduto, ci sono stati molti momenti di tensione e ostilità con tanto di scioperi anche durante le scorse festività natalizie, ma questo non ha spostato la posizione datoriale. Stiamo parlando delle grandi imprese della distribuzione moderna e organizzata che da un lato sono fermamente convinte nel sostenere la centralità del contratto nazionale, ma dall’altro vogliono che questo rinnovo rappresenti uno spartiacque con il passato.
Il nuovo contratto dovrà tenere conto delle esigenze del settore e aiutare a creare le condizioni per essere in grado di reagire al meglio ai momenti di difficoltà. La crisi dei consumi non è finita, come rilevano i dati, e le aziende non possono permettersi di pagare cifre che vanno al di là dell’inflazione. Su questo capitolo però il sindacato, rappresentato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, non ha dato disponibilità a discutere e chiede innanzitutto un aumento che sia allineato a un altro contratto che è stato chiuso ormai oltre un anno fa, quello di Confcommercio. Federdistribuzione fa però un ragionamento che è legato alla competitività delle imprese associate, molte delle quali stanno facendo i conti con le diverse crisi che si sono succedute. Per la parte economica, nell’ultimo incontro, lo scorso aprile, si sono dette disponibili a corrispondere un aumento di 85 euro mensili in diverse tranche spalmate nel triennio 2016-2018. La proposta determinerebbe una massa salariale pari a circa 1.830 euro per il livello medio di inquadramento e questo consentirebbe di recuperare il doppio dell’inflazione del triennio, oltre all’inflazione del 2014 e del 2015. La proposta di Federdistribuzione porterebbe infatti a un aumento delle retribuzioni del 4,3% circa contro un’inflazione prevista tra l’1,6 e il 2%: numeri alla mano, il potere di acquisto dei lavoratori a cui si appellano i sindacati sarebbe quindi mantenuto. Ma Filcams, Fisascat e Uiltucs nell’ultimo incontro, in aprile, hanno detto no a questa proposta facendo saltare una trattativa giunta verso la sua conclusione «in una maniera piuttosto ingiustificata», spiega Francesco Quattrone, direttore area lavoro e relazioni sindacali di Federdistribuzione.
Le imprese hanno preso atto del rifiuto e pur cercando di mantenere aperto il dialogo vogliono far valere le loro ragioni. «Abbiamo lavorato intensamente due anni sul rinnovo del contratto di lavoro - spiega Quattrone – sempre con l’idea di arrivare a una conclusione perché sono le nostre aziende a chiederci di dare ai lavoratori una cornice di riferimento e un riconoscimento. Ma c’è una situazione nuova, anche per i sindacati. Un tempo c’erano il contratto di Con- fcommercio, quello di Confesercenti e quello della Distribuzione cooperativa. Federdistribuzione nel 2012 è uscita da Confcommercio e gli interlocutori sono cambiati». Il settore ha una percentuale di iscritti al sindacato che oscilla tra il 20 e il 25%, «la maggior parte dei quali sono nella grande distribuzione dove l’organizzazione del lavoro ha le dinamiche delle grandi aziende e si fa contrattazione di secondo livello», continua Quattrone. Proprio questo è stato uno dei temi oggetto della trattativa su cui non si è trovata una sintesi. I no dei sindacati sono stati un po’ a 360°. Le imprese hanno chiesto di recepire il Jobs act «perché contiene norme che migliorano la flessibilità» dice Quattrone, e la risposta è stata no, hanno chiesto di valorizzare la contrattazione di secondo livello per distribuire la ricchezza là dove viene prodotta e hanno ricevuto un altro diniego, hanno chiesto di demandare al secondo livello la gestione delle grandi crisi e ancora una volta la risposta è stata no. Infine la bilateralità. Per Federdistribuzione così com’è non va bene per le imprese associate perché «non sta erogando prestazioni in relazione al contributo effettivo – osserva Quattrone – e per questo vorremmo istituire un solo ente bilaterale». Ancora una volta la risposta è stata no. Le imprese hanno lasciato la porta del dialogo aperta, ma da aprile di incontri formali non ce ne sono più stati. «Non è alzando l’asticella per tutti – interpreta Quattrone – che si possono risolvere i problemi. Il rischio è una vittoria sindacale che in cambio di un certo aumento costringerà le imprese a fare i conti con le ristrutturazioni».
Quarta puntata di una serie Le altre puntate sono state pubblicate il 2, 9 e 18 agosto
IL RISCHIO Alzando l’asticella per tutti, data la situazione di crisi, le aziende potrebbero poi essere costrette a fare delle ristrutturazioni