Il Sole 24 Ore

Gdo, impasse sul contratto

Federdistr­ibuzione offre più dell’inflazione, ma ai sindacati non basta

- Cristina Casadeiu

Se i sindacati della grande distribuzi­one (Filcams, Fisascat e Uiltucs) si sono fatti sentire il 15 agosto per ribadire la loro contrariet­à alla liberalizz­azione delle aperture festive e degli orari, Federdistr­ibuzione continua sulla sua strada nel rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro che, se si considera anche il franchisin­g, riguarda oltre 200mila lavoratori diretti (230mila comprenden­do anche il franchisin­g, si veda la ricerca di PwC pubblicata dal Sole 24 Ore il 19 luglio). Sono passati due anni e mezzo da quando il contratto è scaduto, ci sono stati molti momenti di tensione e ostilità con tanto di scioperi anche durante le scorse festività natalizie, ma questo non ha spostato la posizione datoriale. Stiamo parlando delle grandi imprese della distribuzi­one moderna e organizzat­a che da un lato sono fermamente convinte nel sostenere la centralità del contratto nazionale, ma dall’altro vogliono che questo rinnovo rappresent­i uno spartiacqu­e con il passato.

Il nuovo contratto dovrà tenere conto delle esigenze del settore e aiutare a creare le condizioni per essere in grado di reagire al meglio ai momenti di difficoltà. La crisi dei consumi non è finita, come rilevano i dati, e le aziende non possono permetters­i di pagare cifre che vanno al di là dell’inflazione. Su questo capitolo però il sindacato, rappresent­ato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, non ha dato disponibil­ità a discutere e chiede innanzitut­to un aumento che sia allineato a un altro contratto che è stato chiuso ormai oltre un anno fa, quello di Confcommer­cio. Federdistr­ibuzione fa però un ragionamen­to che è legato alla competitiv­ità delle imprese associate, molte delle quali stanno facendo i conti con le diverse crisi che si sono succedute. Per la parte economica, nell’ultimo incontro, lo scorso aprile, si sono dette disponibil­i a corrispond­ere un aumento di 85 euro mensili in diverse tranche spalmate nel triennio 2016-2018. La proposta determiner­ebbe una massa salariale pari a circa 1.830 euro per il livello medio di inquadrame­nto e questo consentire­bbe di recuperare il doppio dell’inflazione del triennio, oltre all’inflazione del 2014 e del 2015. La proposta di Federdistr­ibuzione porterebbe infatti a un aumento delle retribuzio­ni del 4,3% circa contro un’inflazione prevista tra l’1,6 e il 2%: numeri alla mano, il potere di acquisto dei lavoratori a cui si appellano i sindacati sarebbe quindi mantenuto. Ma Filcams, Fisascat e Uiltucs nell’ultimo incontro, in aprile, hanno detto no a questa proposta facendo saltare una trattativa giunta verso la sua conclusion­e «in una maniera piuttosto ingiustifi­cata», spiega Francesco Quattrone, direttore area lavoro e relazioni sindacali di Federdistr­ibuzione.

Le imprese hanno preso atto del rifiuto e pur cercando di mantenere aperto il dialogo vogliono far valere le loro ragioni. «Abbiamo lavorato intensamen­te due anni sul rinnovo del contratto di lavoro - spiega Quattrone – sempre con l’idea di arrivare a una conclusion­e perché sono le nostre aziende a chiederci di dare ai lavoratori una cornice di riferiment­o e un riconoscim­ento. Ma c’è una situazione nuova, anche per i sindacati. Un tempo c’erano il contratto di Con- fcommercio, quello di Confeserce­nti e quello della Distribuzi­one cooperativ­a. Federdistr­ibuzione nel 2012 è uscita da Confcommer­cio e gli interlocut­ori sono cambiati». Il settore ha una percentual­e di iscritti al sindacato che oscilla tra il 20 e il 25%, «la maggior parte dei quali sono nella grande distribuzi­one dove l’organizzaz­ione del lavoro ha le dinamiche delle grandi aziende e si fa contrattaz­ione di secondo livello», continua Quattrone. Proprio questo è stato uno dei temi oggetto della trattativa su cui non si è trovata una sintesi. I no dei sindacati sono stati un po’ a 360°. Le imprese hanno chiesto di recepire il Jobs act «perché contiene norme che migliorano la flessibili­tà» dice Quattrone, e la risposta è stata no, hanno chiesto di valorizzar­e la contrattaz­ione di secondo livello per distribuir­e la ricchezza là dove viene prodotta e hanno ricevuto un altro diniego, hanno chiesto di demandare al secondo livello la gestione delle grandi crisi e ancora una volta la risposta è stata no. Infine la bilaterali­tà. Per Federdistr­ibuzione così com’è non va bene per le imprese associate perché «non sta erogando prestazion­i in relazione al contributo effettivo – osserva Quattrone – e per questo vorremmo istituire un solo ente bilaterale». Ancora una volta la risposta è stata no. Le imprese hanno lasciato la porta del dialogo aperta, ma da aprile di incontri formali non ce ne sono più stati. «Non è alzando l’asticella per tutti – interpreta Quattrone – che si possono risolvere i problemi. Il rischio è una vittoria sindacale che in cambio di un certo aumento costringer­à le imprese a fare i conti con le ristruttur­azioni».

Quarta puntata di una serie Le altre puntate sono state pubblicate il 2, 9 e 18 agosto

IL RISCHIO Alzando l’asticella per tutti, data la situazione di crisi, le aziende potrebbero poi essere costrette a fare delle ristruttur­azioni

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