Gestori finti attivi, cambia l’analisi non il risultato
Arriva altra carne al fuoco ad alimentare il dibattito dei falsi fondi attivi riportato alla ribalta da un recente report dell’Esma. Senza fare nomi l’autorità di vigilanza europea ha puntato il dito sul 5- 15% di 2600 fondi comuni monitorati che, pur prelevando profumate commissioni, offrono la semplice replica del mercato di riferimento senza il decantato valore aggiunto del gestore ( si veda sull’argomento Plus24 del 13 febbraio scorso).
Successivamente uno studio di Morningstar ha rincarato la dose sottolineando che in Italia tra i gestori specializzati sui listini azionari europei più di uno su due ( oltre la metà!) è “finto” attivo. L’analisi della società di analisi internazionali dei fondi, a differenza dell’Esma, ha menzionato anche i nomi dei fondi meno attivi nell’arco degli ultimi tre anni: Candriam Business Equities Europe, Eurizon EasyFund Equity Europe LTE e MiFonds ( CH) EuropeStock. Per contro i fondi più attivi della stessa categoria per Morningstar nello stesso arco temporale sono Luxicav Azionario Europa, Amundi Valeurs Durables e Focus Generation.
Dulcis in fundo in settimana è arrivato l’ormai consueto report annuale di Europe S&P Indices Versus Active Funds (SPIVA) Scorecard, diffuso da S&P Dow Jones Indices, che fin dalla prima pubblicazione 14 anni orsono, ha svolto la funzione di pallottoliere nell’acceso dibattito sulla gestione attiva e passiva dei fondi comuni d’investimento evidenziando, in questo caso, non i “fondi a benchmark” ma i “fondi sotto benchmark”. E quest’anno i numeri sono ancora più “pesanti”, soprattutto sulla lunga distanza.
Nel pluriennale raffronto con l’indice S&P Europe 350, la sottoperformance dei fondi azionari europei a gestione attiva cresce bruscamente anno dopo anno: dal 31,9% nel primo anno al 63,8% alla fine del terzo anno, fino all’ 80,6% nel quinto anno e addirittura all’ 86,3% che sulla dei 10 anni non supera l’asticella del benchmark. E anche dal confronto con i propri benchmark oltre due terzi dei fondi azionari europei perde la sfida con il mercato di riferimento considerando le performance di lungo periodo dell’ultimo decennio, con percentuali che vanno dal 72% dei prodotti domiciliati nel Regno Unito al 97% dei Paesi Bassi. I risultati dei gestori italiani, in termini relativi rispetto alla media dei colleghi europei, in questo caso sono “lusinghieri” perché in linea con la débacle dei gestori inglesi.