Il Sole 24 Ore

«Lloyd’s di Londra contro la Brexit»

Il presidente John Nelson parla dei nuovi r ischi

- Laura Galvagni

pI bassi tassi di interesse e l’alta volatilità si sono fatti sentire sul bilancio che i Lloyd’s hanno appena chiuso. «I nostri profitti sono scesi dai 3 miliardi di sterline del 2014 ai 2,1 miliardi del passato esercizio, complice un ritorno sugli investimen­ti che è calato dal miliardo del 2014 ai 400 milioni del 2015», ha spiegato a Il Sole 24 Ore il presidente John Nelson, attribuend­o proprio al contesto generale il rallentame­nto registrato da quella che può essere definita la “piazza” ideale per negoziare la copertura di ogni genere di rischio. E proprio per la sua specificit­à, ha ricorda- to Nelson, Lloyd’s, a differenza degli altri operatori gestisce un sistema che necessita di «grandi capitali». Ecco perché i denari sono stati traghettat­i su prodotti monetari piuttosto che bond a breve termine, tutte soluzioni che in questo scenario hanno offerto rendimenti limitati. Nonostante ciò, il Roe «è stato pari al 9,1%» e Lloyd’s «si è confermata capace di attrarre importanti capitali». Non solo, malgrado «le pressioni competitiv­e attorno ai premi assicurati­vi», la raccolta lorda «è stata migliore rispetto a quella dei competitor e il combined ratio si è attestato al 90%». Una reddittivi­tà solida, dunque, le cui radici verranno protette nel corso del 2016, anno che, come ha sottolinea­to Nelson, «sarà nuovamente caratteriz­zato dalle dinamiche di tassi bassi e alta volatilità». Ma i Lloyd’s sono «ben posizionat­i» e in questo contesto sono pronti a muoversi andando ad assicurare rischi crescenti e «in costante movimento». Rispetto ai quali, tuttavia, l’organizzaz­ione dei sindacati si sente particolar­mente attrezzato: «Noi siamo diversi dagli altri assicurato­ri, siamo degli specialist­i capaci di coprire il più particolar­e o complesso dei rischi».

pT ra i quali, il presidente Nelson ne individua alcuni: «Il cyber -risk, i droni, le catastrofi e i cambiament­i climatici». I Lloyd’s, in particolar­e, stanno monitorand­o da vicino i mutamenti del clima e i riflessi che questi possono avere sul business al punto da aver «sviluppato metriche specifiche» per poter introdurli nei propri modelli di calcolo. L’attualità, poi, ha imposto all’organizzaz­ione di affrontare un’altra grande minaccia: il terrorismo. «Siamo rimasti tutti colpiti da quanto accaduto a Bruxelles. Il terrorismo è in aumento e noi siamo in prima linea per coprire e provare a mitigare questo genere di rischi. Stiamo assi- curando imprese e infrastrut­ture e tutto ciò che viene colpito da questo tipo di eventi». Perché i Lloyd’s «difendono il business».

Cosa non semplice da fare se si opera in un ambito dove spesso le imprese decidono di non assicurars­i. In Italia, per esempio, il fenomeno della sotto-assicurazi­one è un tema spesso assai dibattuto. Tuttavia per il presidente Nelson la dinamica del paese non è differente da quanto accade in altre aree: «L’Italia non è meno assicurato rispetto ad altri paesi, se guardiamo il rapporto tra i premi sottoscrit­ti lordi e PIL (20 %) non è al di sotto di altre realtà europee. L’Italia è un mercato importante per noi. In Italia abbiamo una buona presenza. Abbiamo solo bisogno di continuare a lavorare così. Siamo certi che possiamo crescere ancora nel paese con una visione di lungo termine».

Preoccupa, invece, la possibile uscita del Regno Unito dall’Europa: «Noi dei Lloyd’s siamo convinti della necessità di restare nella Ue e per tre ragioni. La prima è che rimanendo possiamo giocare alla pari con gli altri operatori sia nelle assicurazi­oni che sul mercato finanziari­o. La seconda è che non va dimenticat­o che l’Unione è uno dei più potenti blocchi commercial­i al mondo e il sindacato beneficia di questo. Infine, noi operiamo sulla piazza internazio­ne e attiriamo buona parte dei capitali dall’estero, il 90%, e ci riusciamo proprio perché facciamo parte dell’Europa. Sarebbe una grave perdita per noi». Ecco perché i Lloyd’s premono per la permanenza della Gran Bretagna nella Ue, tanto più considerat­o il quadro economico in cui già si sta muovendo il consorzio dei sindacati.

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