Mediaset-Vivendi al lavoro sull’intesa nella pay-tv
L’ostacolo maggiore resta la valutazione degli asset - Al centro dell’accordo contenuti e distr ibuzione L’ipotesi di scambio di quote intorno al 3% e rappresentanza incrociata nei cda
pUno scambio azionario (limitato) per disegnare l’alleanza tra Vivendi e Mediaset: la soglia sarebbe stata fissata al 3%.
Nessuna vendita di Premium, hanno tagliato corto due giorni fa da Cologno Monzese. Mediaset non intende rinunciare alla sua pay-tv , ma l’eventuale accordo Bollorè-Berlusconi sarà molto più ambizioso: uno scambio azionario. Su questo si starebbe trattando, ma l’ostacolo maggiore sono le valutazioni degli asset. Si parla dunque di una quota attorno al 3% del capitale di Mediaset e con una quota più o meno dello stesso livello di Vivendi. I francesi, già primi azionisti di Telecom Italia (col 24,9%), entrerebbero nel principale gruppo tv privato italiano. In cambio l’ex premier Silvio Berlusconi riceverebbe una quota analoga in Vivendi. Ma siccome le due aziende non hanno la medesima capitalizzazione (Vivendi è a 26 miliardi, Mediaset a 4,5), l’equity swap andrebbe compensato: probabilmente il ribilanciamento potrebbe consistere in un conguaglio di azioni Mediaset Premium, che permetterebbe a Vivendi di entrare direttamente dentro la paytv e puntare ai contenuti.
Lo schema di accordo prevederebbe inoltre la presenza di un consigliere Mediaset nel board Vivendi e uno di Vivendi in quello Mediaset.
pUn
piccolo scambio azionario per disegnare una grande alleanza, quella tra Vivendi e Mediaset: la soglia del 3%. Il finanziere Vincent Bollorè, l’uomo crocevia delle partite più strategiche in Italia, e PierSilvio Berlusconi su contenuti, distribuzione e pay tv, cercano il bandolo della matassa di una partita complicata.
Nessuna vendita di Premium, hanno tagliato corto due giorni fa da Cologno Monzese. E così infatti sarà: Mediaset non intende rinunciare alla sua pay-tv (anche perchè sarebbe una mossa industrialmente suicida visto che i contenuti a pagamento sono il futuro della tv), ma l’eventuale accordo BollorèBerlusconi sarà molto più ambizioso: uno scambio azionario e di governance. Su questo si starebbe trattando, ma è ancora tutto in alto mare: l’ostacolo maggiore sono le valutazioni degli asset. L’ipotetico annuncio di un’operazione italo-francese non ci sarà prima di Pasqua, come invece era circolato fino a qualche settimana fa, ma dovrebbe richiedere più tempo. Nessun cda di Mediaset è previsto a breve.
I riflettori sono puntati sullo scambio azionario tra Vivendi e Mediaset che dovrebbe cementare l’alleanza: si parla di una quota attorno al 3% del capitale di Mediaset e con una quota più o meno dello stesso livello di Vivendi. I francesi, già i dominus di Telecom Italia (col 24,9%), entrerebbero nel principale gruppo tv privato italiano. In cambio l’ex premier Silvio Berlusconi riceverebbe una quota analoga in Vivendi. A cementare l’unione, l’ingresso, anch’esso incrociato, di un consigliere delle due famiglie nei rispettivi cda dell’altra azienda. Ma siccome le due aziende non hanno la medesima capitalizzazione (Vivendi è a 26 miliardi, Mediaset a 4,5), l’equity swap andrebbe compensato: probabilmente il ribilanciamento potrebbe consistere in un conguaglio di azioni Mediaset Premium, che permetterebbe a Vivendi di entrare direttamente dentro la pay-tv e puntare ai contenuti. I legali del- le parti sarebbero al lavoro per produrre i contratti necessari all’accordo e per definire la governance dell’alleanza: lo studio Chiomenti per conto di Mediaset e Carnelutti per Vivendi.
A lavorare a un accordo tra Vivendi e Mediaset, come regista e mediatore di tutta l’operazione, sarebbe l’imprenditore franco-tunisino Tarak Ben Ammar, consigliere di Mediobanca e in ottimi rapporti sia con Bollorè sia con Berlusconi (entrami peraltro soci di Piazzetta Cuccia). Il piano «Ben Ammar» prevederebbe un accordo su tre livelli: contenuti, distribuzione e pay tv. Le aree geografiche coinvolte saranno Francia, Spagna, Italia e probabilmente Germania.
Il primo livello sarà la costituzione di una piattaforma per la distribuzione dei contenuti: dunque la famosa «piattaforma europea pay» per contrastare gli americani di Netflix, terzo incomodo sulla pay-tv tra Sky e Mediaset in Italia e con una strategia pna-europea. Un accordo Vivendi, operatore Tlc anche tramite Telecom, con Mediaset aggredirebbe i cosiddetti «Over-The-Top», ossia gli operatori che offrono, solo via internet, film e serie televisive a pagamento. Il progetto antiNetflix che starebbero studiando Vivendi e Mediaset prevede infatti una piattaforma comune partecipata da entrambi e aperta ad altri soggetti. Dovrebbe riunire Infinity, la piattaforma di tv on-demand e mobile che Mediaset presente in Italia e Spagna, ma anche altre piattaforme come la società tedesca di streaming Watchever, comprata due anni fa proprio da Vivendi. Il pericolo del resto è serio: non solo per i gruppi media come Vivendi e Mediaset,ma per le major di Hollywood stesse (da Universal a Fox e Sony) che hanno creato in modo involontario un colosso come Netflix. Il gigante guidato da Reed Hastings, da puro distributore di contenuti, è diventato produttore realizzando ad esempio serie di successo planetario come House of Cards. E proprio sui contenuti dovrebbe essere il secondo livello dell’accordo tra Vivendi e Mediaset. Vivendi ha 8 miliardi in cassa ma ha bisogno di alleati come Mediaset ed altri gruppi media in Europa per produrre contenuti esclusivi da distribuire. Resta infine il terzo livello dell’alleanza: l’accordo sulle pay tv. Canal+ sul fronte Vivendi e Mediaset Premium. Le due tv a pagamento potrebbero sposarsi per costituire un polo unico in Europa, in questo caso per fare la guerra a Sky.
Intanto ieri, Mediaset è scivolata a Piazza Affari dopo i conti 2015: il titolo, tra i peggiori di Milano assieme a Telecom, ha ceduto il 3,33% a 3,65 euro. Al mercato non sono piaciute le stime 2016 della raccolta pubblicitaria, più debole delle attese, l’andamento nel business televisivo in Italia e le stime sulla redditività degli abbonati di Mediaset Premium (il cui pareggio è stato rinviato al 2017, secondo alcune stime di mercato).