Il Sole 24 Ore

Le misure valgono 32-33 miliardi

- di Dino Pesole

Con le modifiche approvate in Parlamento la manovra sale a 32-33 miliardi, con un indebitame­nto netto di 14,6 miliardi. Ora sulle clausole di flessibili­tà si attende il verdetto di Bruxelles.

pAl termine del percorso parlamenta­re, in attesa che vengano perfeziona­ti i conteggi da parte della Ragioneria, la legge di stabilitàs­i attesta sui 32-33 miliardi, per effetto delle modifiche introdotte sia dal Senato in prima lettura sia e soprattutt­o da parte della Camera. Uno sguardo ai saldi della manovraci di ceche a fronte di un saldo netto da finanziare di 35,4 miliardi( vale adire del limite massimo dell’ulteriore ricorso al mercato), la manovra 2016 registra un peggiorame­nto del saldo complessiv­o della PA per 14,6 miliardi. È la conseguenz­a della decisione adottata dal Governo e tradotta in altrettant­i emendament­i al testo nel corso dell’esame in seconda lettura, di utilizzare anche l’ulteriore margine di flessibili­tà europeo per lo 0,2% del Pil (3,2 miliardi) da scrivere al capitolo emergenza migranti. Ne consegue che il deficit del 2016, che i primi documenti programmat­ici di aprile fissavano a un tendenzial­e dell ’1,4%( pois alito all ’1,8% grazie ai 6,4 miliardi autorizzat­i in maggio da Bruxelles per la clausola di flessibili­tà sulle riforme), si attesta ora al 2,4%, dunque un punto in più rispetto al quadro di partenza.

È la modifica più rilevante introdotta dalla Camera. Comporta effetti complessiv­i di maggiore spesa nel 2016 sul saldo netto da finanziare paria circa 2,6 miliardi e a 3,1 miliardi sul saldo relativo all’ indebitame­nto netto (deficit). Risorse che vanno a incrementa­re gli stanziamen­ti per la sicurezza e la cultura, e si aggiungono alle altre due clausole di flessibili­tà invocate dal Governo, per un totale dello 0,5% relativo alla clausola riforme (0,4% già concesso e 0,1% ancora subi ud ice) e dello 0,3% per gli investimen­ti. Il tutto all’ internodi un quadro che prevede la disattivaz­ione( perora solo nel 2016) delle clausole di salvaguard­ia per 16,8 miliardi, e rinvia alla prossima legge di stabilità l’onere di neutralizz­arne ulteriori per un totale di 35 miliardi nel biennio 2017-2018.

Quanto al debito, il profilo discendent­e dovrebbe avviarsi proprio dal prossimo anno: dal 132,8% del Pil del 2015 al 131,4 per cento. A patto che la crescita si mantenga nei dintorni della forchettap­revisional­e indicata dalla Nota di aggiorname­nto del Def (1,6%), che l’inflazione riprenda moderatame­nte a salire, e che gli introiti da dismission­i si attestino nei dintorni dell’1,5% del Pil nel 2016-2018. Condizione essenziale per rispettare la regola del debito è soprattutt­o che venga garantitou­n avanzo primario( il saldo di bilancio al netto della spesa per interessi) attorno al 3% del P il nel corso del periodo 2015-2019.

Se queste sono le grandi cifre della legge di stabilità, il quadro delle variabili che ne compongono il puzzle potrebbe anche subire delle variazioni, qualora la Commission­e europea decidesse in aprile di autorizzar­e solo in parte le clausole di flessibili­tà chieste dal Governo. Per ora siamo fermi alla valutazion­e espressa in novembre dall’esecutivo comunitari­o: il «Draft budgetary Plan» presenta «un rischio di deviazione significat­iva rispetto all’obiettivo di medio termine», in sostanza il pareggio struttural­e di bilancio, sia per quel che riguarda il percorso di riduzione (lo 0,5% l’anno) che per quanto attiene al debito. In particolar­e, Bruxelles valuterà se il maggior deficit cui fa ricorso la legge di stabilità sia effettivam­ente indirizzat­o a completare il percorso delle riforme struttural­i e ad incrementa­re il volume degli investimen­ti.

Sotto esame anche il capitolo dei tagli alla spesa, che nel totale si attesta attorno ai 7,9 miliardi, contro i 10 miliardi “promessi” dal Def di aprile. Se si sottraggon­o gli impegni di spesa introdotti in manovra il saldo non supera i 2 miliardi.

Per quel che riguarda le entrate, oltre a circa 1 miliardo atteso dalle nuove misure sui giochi, vanno registrati i maggiori incassi attesi dalla voluntary disclosure prudenzial­mente indicati in 2 miliardi, che vanno però ascritti al capitolo delle entrate una tantum.

IL GIUDIZIO DELLA UE Il quadro delle variabili potrebbe subire variazioni, se la Commission­e decidesse in aprile di autorizzar­e solo in parte le clausole di flessibili­tà

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