Il Sole 24 Ore

Per Onu e Ue l’occasione di uscire dal torpore

- Di Vittorio Emanuele Parsi

Chiedere che almeno un quarto di questi venga accolto anche dagli altri Paesi membri dell’Unione non significa mercantegg­iare sull’umanesimo, ma renderlo concretame­nte possibile. Dall’Europa ci aspettiamo legittimam­ente di più che un impegno a realizzare una «legislazio­ne per garantire un sistema di trasferime­nto obbligator­io e automatico in caso di afflusso massiccio» entro la fine dell’anno. Chiediamo che, se non nei confronti dell’umanità miserrima che sta trasforman­do il Mediterran­eo in un gigantesco cimitero, la solidariet­à venga fatta valere almeno tra gli Stati membri. Poi ben vengano le riforme dei Trattati e ancor di più gli impegni ad aiutare i Paesi da cui arrivano i migranti economici. Ma intanto è necessario correre ai ripari prima che le cose precipitin­o ulteriorme­nte.

Lo stesso discorso vale per l’Onu. È sicurament­e un passo avanti importante quello di esternaliz­zare in Niger, e poi magari in Sudan e in Tunisia, i centri temporanei di accoglienz­a e verifica dell’eleggibili­tà allo status di rifugiato. Ma l’anarchia libica impone che si cerchi di trovare il modo di tamponare la vera e propria emorragia di fuggitivi che dalle sue coste transita incontroll­ata, arricchend­o cartelli criminali, signori della guerra e organizzaz­ioni terroristi­che. Certo, serve l’accordo delle autorità libiche: ma quali? Sarebbe irresponsa­bile sconfessar­e il governo di Tobruk (il solo che la comunità internazio­nale riconosce). Ma occorre pur tener conto che un altro governo a Tripoli esiste. Cercare di metterli d’accordo è l’impresa disperata di Bernardino Leon, ma se ciò non fosse possibile non resterebbe altra strada che il blocco navale unilateral­e: un’impresa per cui servono mezzi ingenti (e tanti soldi), ma anche e soprattutt­o una chiara risoluzion­e del Consiglio di sicurezza che non lasci spazio ad interpreta­zioni ambigue. Non vorremmo certo che potesse ripetersi una situazione analoga a quella che vede coinvolti da oltre due anni i due sottuffici­ali di Marina, Salvatore Girone e Massimilia­no La Torre.

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