Il Sole 24 Ore

Cina, cosa c’è dietro il terzo taglio dei tassi in pochi mesi

- Rita Fatiguso

Un timido avvio, poi le borse hanno preso il volo alla notizia del terzo taglio dei tassi di interesse operato in sei mesi dal Governator­e della People’s Bank of China.

Ieri, a chiusura di giornata, l’indice Csi 300 è cresciuto del 2,9%, lo Shanghai Composite del 3%, a Hong Kong l’Hang Seng ha chiuso a 0,7%.

Domenica scorsa, a listini fermi, il Governator­e ha allentato ancora i freni sui tassi non certo e non solo per favorire l’accesso al credito delle medie imprese o per ridurre sadicament­e i margini dei giganti bancari cinesi più grandi o tenere a freno la deflazione che rischia di vanificare la limatura dei tassi stessi.

Zhou Xiaochuan, a monte, ha preso ben altre decisioni di concerto con i ministri dello State Council, alla luce delle quali va decifrata la manovra cinese di domenica pomeriggio che porta al 5,1% i tassi sui prestiti a un anno e al 2,25% quelli sui depositi.

Il taglio, l’ennesimo, va letto con la serie di riforme adottate nelle scorse settimane che puntano a risanare i conti a livello locale e anche per questo c’è bisogno di denaro meno caro, oltre che della capacità di indirizzar­lo nella giusta direzione.

Quale? L’obiettivo è sì la ripresa economica, pericolosa­mente sotto l’attesa soglia del 7%, ma soprattutt­o la soluzione di un problema vecchio e grosso come un macigno, la voragine dei conti degli enti locali cinesi.

Zhou, il Governator­e che non riesce, suo malgrado, ad andare in pensione, sa bene che la Cina ha un debito locale capace di ostacolare la ripresa e di vanificare gli sforzi del rilassamen­to della sua politica monetaria.

Quindi l’imperativo è smaltire la zavorra dei crediti inesigibil­i e innescare un nuovo corso con i nuovi local bonds grazie anche a un costo del denaro più abbordabil­e.

La svolta sui crediti locali è partita il 1° aprile scorso, ad opera del ministro delle Finanze, il potente Lou Jiwei, che non a caso da qualche giorno fa ha spedito uno dei suoi più stretti collaborat­ori, il vice Wang Baoan, a dirigere l’Istat Cinese: Lou ha indirettam­ente rimosso l’ostacolo risalente al lontano 1994, ovvero il divieto per gli enti locali di emettere local bonds introdotto proprio con una vecchia legge di bilancio nazionale.

La decisione non è stata immediata, perché il 1° aprile scorso lo State Council, infatti, ha approvato ufficialme­nte l’espan- sione degli obiettivi del National social security fund (Nssf), un passo preliminar­e, destinato a incidere sul problema del deficit territoria­le.

Negli ultimi anni la Cina ha investito molte risorse nella mappatura di questo debito e nel giugno del 2013, infatti, al termine di un lungo lavoro condotto gli ispettori del National audit office stabiliron­o che il debito locale cinese era di 17,9 trilioni di yuan, 2,93 trilioni di dollari Usa. In questi giorni è atteso un nuovo monitoragg­io sui conti del 2014, le autorità sono in attesa con le dita incrociate.

Un’enormità, in ogni caso. Per raddrizzar­e il timone la Cina ha cercato di individuar­e le modalità con le quali è possibile da parte degli enti locali autofinanz­iarsi attraverso bond municipali.

Lo State Council ha deciso di autorizzar­e il prelievo di oltre 300 miliardi di yuan, pari a 48 miliardi di dollari dal National social security fund (Nssf) da investire in bond locali e altri strumenti finanziari durante tutto il 2015.

Un costo del denaro più leggero può solo aiutare a velocizzar­e il nuovo meccanismo favorendo l’acquisto di questi prodotti a costo più contenuto anche da parte delle stesse banche cinesi.

Perché il cuore della svolta struttural­e dell’economia cinese sta proprio nei meccanismi della finanza locale e nel difficile bilanciame­nto tra poteri centrali e quelli periferici.

Come si potrà intuire, però, la manovra è complessa. Nonostante il coraggio dimostrato dal vecchio Governator­e della Banca centrale, Zhou Xiaochuan, e la caparbietà del ministro delle Finanze Lou Jiwei nell’ introdurre nuove regole del gioco attraverso la “sua” nuova legge di bilancio, nessuno può dire come andrà a finire.

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