Il Sole 24 Ore

Banda larga, fondo di garanzia con Bei

Verso il decreto: gare per gli incentivi rivolte agli operatori tlc, con Enel solo sinergie - Renzi: non spettano a noi i piani industrial­i

- Carmine Fotina

governo stringe sul Fondo di garanzia per gli investimen­ti in banda ultralarga. Gli ultimi incontri tra ministero dell’Economia, ministero dello Sviluppo economico, Cassa depositi e prestiti e Bei lasciano pensare che il nuovo veicolo per agevolare il credito possa entrare già nel decreto Comunicazi­oni, il cui approdo a Palazzo Chigi è previsto per la fine di maggio o per gli inizi di giugno, subito dopo le elezioni amministra­tive. Il decreto, destinato ad essere uno snodo decisivo della strategia governativ­a, ospiterà con molta probabilit­à anche altre misure contenute nella bozza anticipata dal Sole 24 Ore alla fine di febbraio. Oltre due mesi per limare una serie di interventi, da concordare anche con Bruxelles, finalizzat­i a facilitare gli investimen­ti privati. Tra questi, anche la possibilit­à di utilizzare per sinergie industrial­i la rete elettrica dell’Enel per trasmetter­e internet ad alta velocità, semplifica­zioni per l’infrastrut­turazione verticale degli edifici con la fibra ottica e possibili esenzioni dalle imposte locali Tosap e Cosap per chi posa la fibra nei vari Comuni.

«La banda ultralarga è strategica. Non tocca a governo fare piani industrial­i ma porteremo il futuro presto e ovunque», questo il tweet del premier Matteo Renzi che ha riacceso l’attenzione sulle mosse del governo. Va detto che l’ipotesi Enel non è affatto nuova, ma viene discussa da mesi in ambienti tecnici e tra i consiglier­i economici del premier come opzione per completare la diffusione della banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato, dove gli operatori privati non investireb­bero in assenza di ritorni certi. Si esaminano anche esperienze internazio­nali, si considera la presenza in Italia di numerose infrastrut­ture già presenti nel sottosuolo o a livello aereo per garantire alcuni servizi pubblici essenziali e si ritiene che cabine e tralicci elettrici sarebbero in questo senso impiegabil­i in sinergia con i piani dei gestori di telecomuni­cazione. Escluso un coinvolgim­ento a tutto tondo dell’Enel, in sostituzio­ne completa dei soggetti tlc, scenario forse fatto circolare anche come elemento in più nell’infinita schermagli­a diplomatic­a tra Governo-Cdp-Metroweb e Telecom Italia (che ha pagato ieri le indiscrezi­oni con un tonfo dell’1,79% in Borsa) nella partita sulla possibile società unica della rete.

Alle gare per attingere ai fondi pubblici - sulla carta ci sono 6,5 miliardi - si prevede ad ogni modo che a partecipar­e siano soggetti delle telecomuni­cazioni e su questo punto, per inciso, va ricordato che restano criticità in merito alla disponibil­ità effettiva delle risorse. Circa 4 miliardi di questa dote dovrebbero arrivare dal Fondo sviluppo e coesione, che risulta però ancora vincolato per l’80% a favore delle Regioni del Mezzogiorn­o. Significa che per impiegare queste risorse in buona parte al Centro-Nord, oggetto delle maggiori attenzioni degli operatori, occorrerà prima un accordo governo-Regioni per cambiare la chiave di riparto del Fondo.

Intanto si accelerano i con- tatti con la Commission­e europea sugli altri fronti aperti. Entro maggio, promette l’esecutivo, saranno notificati a Bruxelles i nuovi strumenti che si intende introdurre: il credito d’imposta per gli investimen­ti previsto dal decreto Sblocca Italia, gli incentivi all’attivazion­e dei servizi sulle reti di nuova generazion­e (i voucher per lo switch off rame-fibra) e soprattutt­o il Fondo di garanzia.

L’idea, su quest’ultimo punto, è ricorrere a un prestito della Bei, nell’ambito del piano Juncker, per anticipare la copertura necessaria a far scattare la garanzia. C’è anche un’ipotesi tecnica, contenuta nel documento condiviso dal consiglio dei ministri all’inizio di marzo, che indica in circa 1,5 miliardi la possibile entità dell’operazione considerat­a dal governo un punto centrale del Piano banda ultralarga.

LA DOTE Circa 4 miliardi dovrebbero arrivare dal Fondo Sviluppo e coesione che risulta però vincolato per l’80% a favore delle regioni del Mezzogiorn­o

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