QUANDO IL TEOREMA “ACCHIAPPACLICK” CADE NEL VUOTO
Dieci anni per scrivere la parola fine all’operazione “Decollo Ter – Money”
Scheda del Processo L’accusa: traffico internazionale di droga, riciclaggio, criminalità organizzata, con l’obiettivo della scalata al Credito Sammarinese Gli imputati: 27 imputati, tra cui i vertici del Credito Sammarinese Le date: 2011 – inizio delle indagini su impulso della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro 2011 – pochi mesi dopo l’avvio delle indagini, partono le prime ordinanze di custodia cautelare 2014 - inizio del processo Com’è finita: 2021 – a fronte della richiesta della Procura di un totale di 209 anni di reclusione, il Tribunale di Vibo Valentia pronuncia sentenza di assoluzione per 25 imputati e condanna nei confronti di soli 2. Decaduta l’aggravante mafiosa. Pende appello della Procura per 13 imputati
“Decollo” non decolla
Traffico internazionale di droga, riciclaggio, criminalità organizzata, tentativi di acquisto di quote di banche: il castello accusatorio sembrava solido e inattaccabile. Eppure, per l’ennesima volta, le accuse e gli arresti iniziali si sono rivelati tutta un’altra storia rispetto alla sentenza finale. Ci sono voluti dieci anni dall’inizio dell’indagine e sette di processo per scrivere la parola fine all’operazione “Decollo Ter – Money”, uno dei tanti procedimenti a cui è stato assegnato un nome acchiappaclick per suggestionare l’opinione pubblica. A decretare il flop dell’operazione della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro è il Tribunale di Vibo Valentia che ad aprile 2021 segna un confine preciso in termini numerici: 25 assolti e 2 soli condannati. Venticinque vite di persone che si sono trovate nel calderone mediatico e giudiziario per mesi e anni senza che poi ci fosse qualcosa di fondato. Anche le condanne, poi, sono state decisamente più contenute rispetto alle ipotesi accusatorie iniziali: caduta l’aggravante mafiosa, per i due condannati sono rimaste briciole. Il fascicolo è nato dall’unione di due inchieste, “Decollo Ter” e “Decollo Money”. A gennaio 2011, con l’operazione denominata “Decollo ter”, gli inquirenti hanno messo sul tavolo l’esistenza di un traffico internazionale di cocaina tra Venezuela, Spagna e Colombia. La merce doveva arrivare in Calabria, terra sempre nel mirino degli inquirenti. Passano pochi mesi – il calendario segna luglio – e scoccano gli arresti ad opera dei carabinieri del Ros coordinati dalla Procura antimafia di Catanzaro. L’ipotesi è chiara: alcuni presunti esponenti ritenuti vicini al clan Mancuso di Limbadi (uno dei più pericolosi e temuti in Calabria e all’estero) avrebbero tentato di acquistare il Credito sammarinese con una serie di versamenti di denaro provenienti dal narcotraffico. Lo scopo finale, secondo la prospettazione accusatoria, era quindi quello di acquisire le quote dell’istituto di credito con il riciclaggio dei proventi del narcotraffico con la conseguenza diretta che, con il passare degli anni, la banca sarebbe finita praticamente nelle mani della criminalità organizzata della provincia vibonese. Di tutto questo però, nella sentenza di primo grado ora appellata dalla Procura per 13 imputati, non c’è traccia: assoluzioni su assoluzioni. Per comprendere bene ogni storia c’è sempre bisogno del confronto con chi quella storia ha vissuto, soffrendone e pagandone le conseguenze. Uno dei principali protagonisti di questa vicenda deflagrata di fronte alla impossibilità di trovare le prove è Lucio Amati, ex patron del Credito Sammarinese, arrestato nel 2011 e rinchiuso nel carcere di Rimini. Il pubblico ministero in aula chiede 6 anni. Il finale? Assolto, come tanti altri di questa triste storia. “Dieci anni. Questo il tempo necessario per la conclusione del processo in primo grado che vedeva imputato, tra gli altri il dott. Lucio Amati, arrestato nel luglio del 2011 e rinchiuso nel carcere di Rimini per un delitto aggravato dall’art. 7 (agevolazione mafiosa, n.d.r.) e sottoposto a custodia cautelare per quasi un anno perché accusato di aver concorso, insieme a tutto il Consiglio di amministrazione e il Comitato esecutivo della banca, nel ‘riciclare’ i soldi di Vincenzo Barbieri. Le conseguenze sono state una chiusura immediata della Banca Credito San Marinese, Csm, e dieci anni di processo”, ha commentato il suo avvocato, Sergio Rotundo, dopo la sentenza.