Il Fatto Quotidiano

Ma droni e missili di Kiev volano già oltre il confine

- » Mi chela A. G. Iaccarino

Dal 2022 la promessa degli ucraini agli americani, prima di ogni invio di aiuti militari, era sempre la stessa: le armi occidental­i non sarebbero mai state usate per colpire obiettivi oltreconfi­ne, sul territorio russo. Più che una restrizion­e per evitare l'escalation globale, era un tabù. Oggi, nel terzo anno di guerra, sta cadendo. O forse ha già ceduto.

Il recente appello del segretario Nato Stoltenber­g per consentire a Kiev di colpire con armi occidental­i il territorio russo ha suscitato dietrofron­t e inviti alla prudenza. I politici in attesa delle elezioni europee temono il superament­o di una nuova linea rossa, ma questa, di linea, è stata già varcata: a ridosso dei confini russi, incursioni e attacchi sono già avvenuti con mezzi forniti dall'asse Ue-usa. Oltre le linee nemiche gli ucraini hanno già spedito una pioggia di droni (prodotti però sul suolo nazionale) in maniera costante, soprattutt­o nella vicina Belgorod; un velivolo kamikaze è riuscito a colpire una raffineria russa a 1.300 chilometri dal fronte ad aprile scorso. Alla fine dello stesso mese la stessa Casa Bianca ha ammesso di aver consegnato in segreto agli alleati i missili a lungo raggio Atacms (raggio d'azione: 300 chilometri) e più volte sono stati usati contro le forze russe: un obiettivo raggiunto è stata una base aerea in Crimea, ma la Difesa russa ha dichiarato, senza fornire molti dettagli, di averne intercetta­ti sei (insieme a due Hammer francesi). È di pochi giorni fa l’attacco condotto da droni ucraini a Krasnodar, nella Russia meridional­e: colpita una raffineria nelle vicinanze della base da cui decollano i caccia diretti in Ucraina.

Al Dipartimen­to di Stato Usa sembrano aver cambiato idea su quella che prima considerav­ano la potenziale miccia d'innesco della terza guerra mondiale. E il motivo appare ovvio: con le linee di difesa russe fortificat­e (anche per il ritardo nell'arrivo degli aiuti), in assenza di progressi militari sul terreno e perdita di territori a svantaggio degli ucraini, la strategia va cambiata. Lloyd Austin, segretario della Difesa, ha ammesso che le aspettativ­e rimangono uguali, ovvero che gli ucraini “continuino ad usare le armi che abbiamo fornito su territorio ucraino”, ma sembra pronto a fare eccezioni per la difesa aerea; per Victoria Nuland “è tempo di dare agli ucraini più aiuto per colpire le basi dentro la Russia”. Un lasciapass­are al divieto, in filigrana, si poteva leggere già nella dichiarazi­one di Blinken del 15 maggio: “L'ucraina deve prendere decisioni da sola”. Due giorni dopo Zelensky ha ribattuto che non si può impedire all'ucraina di usare armi occidental­i in

GLI ATTACCHI I COLPI IN TERRA RUSSA NON SONO PIÙ TABÙ

Russia: “Fa parte della difesa, non di un attacco”.

Di reticenze ne hanno ancora meno nel Regno Unito: si è espresso a favore “dell'assoluto diritto” di Kiev di colpire la Russia David Cameron; il suo ministro della Difesa Grant Shapps ha confermato che Storm Shadows (250 chilometri di gittata) sono stati utilizzati “soprattutt­o in Crimea”. A

fornirli Londra e Parigi, ma pure Roma. Meno convinto , secondo il New York Times, è Biden, che non sembra aver preso una decisione in un dibattito in ritardo sui fatti. Un'ufficiale luce verde all'impiego di armi contro la Federazion­e suggerisce però che gli ucraini avranno il permesso di colpire di più, più lontano e obiettivi sempre più sensibili, in Russia.

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FOTO LAPRESSE Fuoco e fiamme dopo i boombardam­enti russi

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