Kharkiv: i contadini che sfamarono l’urss sono sfollati e poveri
Una volta registrati nel centro di prima accoglienza di Kharkiv agli sfollati viene assegnato un alloggio. Ci sono diversi edifici nella città adibiti a tale funzione, molti sono attivi dal 2022 e da allora accolgono gli sfollati del fronte. Siamo andati a visitarne uno nella periferia di Kharkiv. Nel cortile un gruppo di adolescenti ci indica l’entrata. Vengono da Kupiansk e abitano lì da circa un anno. Nell’edificio, Tatyana, l’amministratrice del centro, ci conduce all’ultimo piano, dove si stanno sistemando le stanze per chi arriverà nei prossimi giorni, tutto il piano è dedicato ai nuovi arrivati.
In una camerata alloggiano tre uomini, sono soli, senza figli, mogli o genitori. “Fino a qualche giorno fa c’era una bomba ogni tanto, non pensavamo di dover partire, poi è diventato insostenibile e siamo fuggiti”. raccontano. “Se ci avesse trovato un soldato russo ci avrebbe ucciso sul colpo”. Sedute su un letto ad accarezzare un gattino ci sono due donne anziane, sono due sorelle di Vovchansk. Una di loro non riesce a parlare, guarda fuori e piange. L’altra ci racconta di come siano riuscite a fuggire, nell’auto di un vicino con tutto quello che sono riuscite a prendere sul momento. Un drone le ha seguite per tutto il tempo e fortunatamente non ha attaccato. “Abbiamo abbandonato la casa di tutta la vita e con lei tutte le capre, i polli e le anatre”, racconta. “Avevamo preso in prestito un orto da un amico, abbiamo piantato cipolle, aglio, pomodori, patate. Così anche se c’era la guerra potevamo mangiare, non ci mancava niente. A casa avevamo una meravigliosa aiuola, stava fiorendo magnificamente, ora tutto è distrutto”, aggiungono. “Ci propongono di andare in Finlandia, in Polonia, in Germania. Ma noi siamo radicate qui, abbiamo 70 anni, non andremo da nessuna parte, vogliamo tornare alla nostra terra”. La condizione