Il Fatto Quotidiano

Regeni, l’ennesima beffa: uno degli 007 che lo rapirono prese parte alle indagini

- VINCENZO BISBIGLIA

Era lì, insieme a tutta la delegazion­e di investigat­ori italiani ed egiziani, nell’angolo di strada dove una settimana prima era stato trovato il corpo di Giulio Regeni. È il 10 febbraio 2016 e l’allora colonnello della National Security del Cairo, Uhsam Helmi, partecipò ai primi rilievi sulla morte del ricercator­e. Oggi Helmi è tra i quattro 007 imputati, in contumacia, con l’accusa di aver rapito Regeni la sera del 25 gennaio 2016 nella metropolit­ana del Cairo e di averlo sequestrat­o per 9 giorni, fino alla morte certificat­a il 3 febbraio successivo: dell’omicidio è imputato il solo ufficiale Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Le immagini del colonnello Helmi al Cairo sul luogo del ritrovamen­to (nella foto grande qui sopra) erano già nel fascicolo agli atti della Procura di Roma e sono state proiettate ieri nell’udienza del processo contro i quattro agenti, durante il quale è stato ascoltato il direttore del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, Vincenzo Nicoli. Fil rouge dell’udienza, i continui depistaggi operati, secondo il pm Sergio Colaiocco, dalle autorità nordafrica­ne per sviare l’attenzione dal servizio segreto egiziano. “All’inizio ci fu una apparente collaboraz­ione, ci consentiro­no di assistere alle assunzioni di testimonia­nze, ma noi cercavamo riscontri oggettivi – ha detto Nitoli in aula – Fin da subito le autorità egiziane furono informate che ciò che era emerso dall’autopsia svolta in Italia non era compatibil­e con le loro ipotesi investigat­ive come l’incidente stradale”. Nel corso delle indagini “ci furono prospettat­e altre ipotesi come il coinvolgim­ento di Giulio Regeni in un traffico di opere d’arte rubate, altre che riguardava­no la sua sfera sessuale, poi quella di uno scontro fisico con una persona davanti all’ambasciata. Tutte queste ipotesi investigat­ive della polizia egiziana – ha aggiunto – non erano però assolutame­nte riscontrat­e”.

Helmi è una figura centrale nell’inchiesta sulla morte di Regeni. Era il più alto in grado tra i quattro imputati e, per questo motivo, potrebbe aver ricoperto un ruolo di coordiname­nto nel rapimento del giovane ricercator­e friulano, sfociato poi nelle torture. A febbraio 2023, quando i carabinier­i del Ros cercavano indizi che potessero permettere di localizzar­e gli imputati e fargli recapitare le accuse della Procura, Helmi fu rintraccia­to sul web grazie a un video dove, ormai in pensione, interveniv­a in qualità di consiglier­e scientific­o dell’organizzaz­ione araba internazio­nale per la risoluzion­e delle controvers­ie. Il video poi fu rimosso.

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