Il presidente all’ex-narco: “Siamo italiani, uniamoci”
Il presidente della Colombia Gustavo Petro ha scelto Monteria per tendere ancora una volta la mano al leader dei paramilitari Salvatore Mancuso, condannato a 15 anni negli Usa per avere prodotto e trafficato 100 tonnellate di cocaina negli anni in cui spadroneggiava nella Selva colombiana. Nella città di Mancuso, capoluogo del Dipartimento di Còrdoba, Petro ha detto: “Vorrei chiedere a Mancuso di venire nel mio ufficio, che cadano lampi e tuoni, per raccontare la sua storia e chiudere in modo simbolico la ‘stagione della caccia’. Lo dico io, da cordobes a cordobes, con le medesime origini italiane”. Il presidente Petro è nato a Cienaga de Oro, in Còrdoba, a 35 km da Monteria. C’è un filo esile che lega i due nemici oltre le barricate da molti anni: Mancuso nel 2006 telefonò al politico dal carcere per chiedere una mano perché i figli del boss paramilitare rischiavano la vita. Ora è Petro a chiedergli un’operazione verità sulle complicità dei militari e della destra governativa nelle azioni di morte dalla fine del millennio. Il presidente colombiano vorrebbe riscrivere la Costituzione, ma solo dopo aver riscritto la storia con Mancuso.
EPPURE TUTTO
divide i due: Petro è stato un guerrigliero del M19, il movimento comunista attivo tra gli anni 70 e ’90 che ha deposto le armi per partecipare nel 1991 alla Costituente. Eletto nel 2011 sindaco di Bogotà, dal giugno 2022 è il primo presidente ex comunista della Colombia. Grazie al bisnonno emigrato è iscritto all’anagrafe di Conza della Campania, provincia di Avellino. Anche Mancuso è un cittadino italiano perché figlio di un venditore di elettrodomestici originario di Sapri, in provincia di Salerno, emigrato a Monteria. Leader dei paramilitari dei gruppi di Autodefensas Unidas de Colombia, AUC, ha confessato le sue responsabilità nei massacri di civili e ha ammesso che nei territori controllati dall’auc si producevano 2 tonnellate di cocaina al mese. Si consegnò nel 2006 a seguito di lunghe trattative con il governo di destra che portarono alla legge di pacificazione sotto la quale rischiava al massimo 8 anni di carcere. A sorpresa fu estradato nel 2008 negli Stati Uniti dove è stato condannato a 15 anni nel 2015 per narcotraffico. Di lui si sono occupati nei loro libri Nicola Gratteri e Antonio Nicaso. Spiega il procuratore di Napoli: “Salvatore Mancuso Gomez è cresciuto a Montería, ha studiato Agraria all’università Javeriana di Bogotá e la lingua inglese in quella di Pittsburgh. Una volta ero in Colombia per indagare sui traffici di droga di Mancuso e lui venne ad alloggiare nel mio stesso albergo. Notai un corteo di fuoristrada pieno di uomini armati di kalashnikov. Quando lo interrogai tempo dopo negli Stati Uniti, legato mani e piedi, mi disse che quel giorno voleva solo vedere il giudice italiano che voleva arrestarlo. Sarà. Io mi sento un miracolato. Mi confermò i rapporti con la ’ndrangheta di molti narcotrafficanti legati alla sua organizzazione e parlò anche del sistema di corruzione che aveva messo in piedi grazie alla cocaina. Davanti
alla commissione d’inchiesta colombiana ha stimato in 7 miliardi di dollari l’introito annuo della cocaina colombiana. Aveva rapporti con un imprenditore italiano che aveva una catena di negozi e ristoranti. Indagammo sui loro rapporti, poi l’inchiesta è finita per competenza a Roma e non ne ho più saputo nulla. Ricordo che amava la Toscana e voleva comprare immobili, quasi un paese intero, in provincia di Lucca, dove poi voleva trasferirsi. Si faceva consegnare casse di Brunello di Montalcino nella selva, 700 bottiglie alla volta”.
I giornali nel 2020 avevano parlato di una richiesta di estradizione italiana, ma spiega Gratteri, “non c’era una richiesta da parte nostra perché i fatti che aveva da raccontare sull’italia erano troppo vecchi. Era Mancuso che voleva venire in Italia perché temeva di essere estradato in Colombia e restare in carcere lì. Aveva fatto i nomi di alcuni politici colombiani”. Il cambio di presidente nel 2022 ha giocato in suo favore perché le accuse ai vecchi amici della destra potrebbero ora tornare utili politicamente a Petro. Antonio Nicaso, coautore dei libri con Gratteri, impegnato in una conferenza insieme al magistrato italiano a New York alle Nazioni Unite, aggiunge: “Mancuso ha parlato di molti politici colombiani che erano nel suo portafoglio. Con la sua mossa di coinvolgerlo come fautore della pacificazione, il presidente Petro gli sta dando un’occasione di rientrare nel gioco politico colombiano”.
Gustavo Petro lo ha nominato a luglio 2023 “gestore della pacificazione” e ora vorrebbe incontrarlo. Peccato che i giudici non siano d’accordo e hanno negato la scarcerazione. Per ora. Petro difficilmente sarà rieletto e gli restano due anni e mezzo per realizzare quel che ha promesso: la riforma agraria. La Colombia è sempre stata l’alleato più fedele degli Stati Uniti in zona ma Petro non perde occasione per far capire che il vento è cambiato. Nei suoi post accusa Israele di genocidio o ricorda che Zelensky è un presidente scaduto. Ora la Costituente e l’operazione verità a braccetto con Mancuso sono viste dai suoi oppositori come l’antipasto di una deriva venezuelana. Anche Maduro nel 2017 varò la Costituente ma poi esautorò il Parlamento. Mentre Petro gira i villaggi dei campesinos infiammando el pueblo i suoi oppositori si sono autoconvocati per manifestare in tutte le strade della Colombia per il 21 aprile.
COMUNQUE finirà, la storia del duo italo-colombiano sembra già una romanzo. Solo un emulo di Gabriel García Márquez che si faceva chiamare col nome di battaglia ‘Aureliano’, poteva lanciare un appello come quello di Petro a Mancuso: “Un altro discendente di poveri italiani immigrati a Córdoba, influenzato dalle idee del fascismo genocida, reagì contro la violenza insurrezionale: Salvatore Mancuso. (...) Negli anni 70 ascoltavo dai miei zii i racconti della lotta contadina (...) Eravamo anche noi discendenti della povera immigrazione italiana... Sono diventato un rivoluzionario del M19 e (...) ho sempre sognato di attuare a Còrdoba la riforma agraria. Ne ho parlato nelle notti di Cienaga de Oro tra chitarre, poesia e amore con il mio amico Enán Lora Mendoza (...) avevo la sensazione che la violenza contro gli allevatori scatenata dall’epl potesse essere sostituita da un patto democratico con l’m19. Entrambi siamo andati in guerra. Enán è stato torturato e ucciso dal DAS (Dipartimento Amministrativo di Sicurezza,ndr). Ho raccolto il suo cadavere carbonizzato su un’autostrada vicino a Bogotá e ho dovuto spedire il corpo del poeta-cantante su un aereo cargo alla sua tomba a Cienaga de Oro senza realizzare il sogno dell’emancipazione contadina. Adesso sono diventato presidente (...). Incontrerò Mancuso, colui che avrebbe potuto uccidermi, e un Petro, discendente di contadini italiani, gli chiederà la verità e il suo aiuto affinché migliaia di contadini senza terra possano avere la terra che mi sto battendo per dargli. (...) I paradossi del flusso della storia ora ci uniscono. Vent’anni fa Mancuso mi avrebbe ucciso. Oggi dal governo gli tendo la mano perché la verità possa riconciliarci”. Per la senatrice ultraconservatrice del Centro Democratico, Paloma Valencia, “rendere i criminali portatori della verità pubblica è un’altra umiliazione alla giustizia e alle vittime”. Il collega Andrés Guerra denuncia: “La strategia per portare Álvaro Uribe (presidente negli anni in cui i paramilitari davano manforte all’esercito nella repressione della guerriglia, ndr) in prigione e far vincere le elezioni del 2026 alla sinistra”.
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