UE, IL REATO DI “ECOCIDIO” FARÀ RISPETTARE LE LEGGI
Entro due anni, in tutta l’unione europea sarà punito l’“ecocidio”. Lo ha stabilito la seconda direttiva comunitaria sugli “ecoreati”, appena approvata e in corso di pubblicazione, la quale prende atto che le sanzioni oggi vigenti nella Ue per chi attenta o distrugge ambiente ed ecosistemi sono insufficienti e troppo blande; e pertanto aumenta le ipotesi di delitti contro l’ambiente da 9 a 20 anni e aggiunge che “i reati relativi a condotte intenzionali elencati nella presente direttiva possono comportare conseguenze catastrofiche, come inquinamento diffuso, incidenti industriali con gravi effetti sull’ambiente o incendi boschivi su vasta scala. Qualora simili reati provochino la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto, oppure provochi danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi a tali ecosistema o habitat, o alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, tali reati che hanno provocato conseguenze catastrofiche dovrebbero costituire reati qualificati e, pertanto, dovrebbero essere puniti con sanzioni più severe rispetto a quelle applicabili nei casi di reati diversi da quelli definiti nella presente direttiva”, precisando, nel contempo, che “tali reati qualificati possono comprendere condotte paragonabili all’‘ecocidio’, che è già disciplinato dal diritto di taluni Stati membri e che è oggetto di discussione nei consessi internazionali” .
Non si introduce direttamente l’ecocidio, ma si aggravano le pene per chi commette delitti contro l’ambiente i quali provochino la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi all’ambiente. Si pensi, ad esempio, alla distruzione dei fondali tramite pesca industriale a strascico, alle massicce trivellazioni petrolifere con danni annessi, oppure a chi distrugge le foreste per scopi industriali, di edilizia o di allevamenti. Il più recente esempio di ecocidio è del resto sotto gli occhi di tutti: la distruzione della diga di Kakhovka in Ucraina dove un’enorme massa d’acqua ha travolto città, depositi di carburante, aziende e industrie, provocando danni attualmente incalcolabili all’ambiente. Alcuni video sui social mostrano già come in alcune zone dove l’acqua si è ritirata ci sia una gigantesca moria di pesci e anche il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, la ritiene una “catastrofe ecologica”.
In tal caso – dice la Ue – si può parlare di “ecocidio” e le pene arrivano alla reclusione fino a otto anni che, in caso di morte di una persona, salgono a dieci; mentre, per le imprese, sono previste sanzioni pecuniarie che sono commisurate alla natura del delitto e oscillano tra il 3 e il 5 per cento del fatturato annuo. La Ue, contemporaneamente, ha approvato anche la direttiva sul ripristino della natura che obbliga gli Stati a riportare in buone condizioni il 20% delle aree terrestri e marine degradate entro il 2030, e per tutti gli ecosistemi entro il 2050. E tanto più – aggiungiamo noi – che dal 2022 la nostra Costituzione riconosce l’ambiente tra i diritti fondamentali, sancendo contestualmente che l’iniziativa economica privata non può mai svolgersi in modo da arrecare danno all’ambiente e alla salute.
Sappiamo bene che una legge non serve se poi non viene applicata: basta pensare alla vergogna dell’ilva di Taranto. Ma l’aggravante di ecocidio può contribuire non solo come deterrente, ma anche come strumento idoneo a superare alcune difficoltà interpretative della legge vigente e, soprattutto, a velocizzare l’iter delle nuove leggi di tutela ambientale. Basta pensare che il primo Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici è stato pubblicato dal ministero dell’ambiente con 4 anni di ritardo, nel dicembre 2022; e non è ancora operativo, nonostante sia evidente la sua importanza per evitare danni incalcolabili all’ambiente. Si tratta di recepire presto e bene questo crimine gravissimo nel nostro ordinamento, garantendone l’immediata applicazione. Ma, nel contempo, sarebbe opportuno andare oltre la Ue per unirsi alle tanti voci che si stanno oggi adoperando affinché l’ecocidio diventi il quinto crimine di interesse internazionale, insieme a genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione; attivando, quindi, in tal modo, il controllo e l’intervento della Corte Penale Internazionale. Lo ha richiesto anche Papa Francesco, il quale, rivolgendosi ai partecipanti al 20º Congresso mondiale dell’associazione internazionale di diritto penale, auspicò l’introduzione nel catechismo del “peccato ecologico”, specificando che l’ecocidio “fa parte di una quinta categoria di crimini contro la pace, che dovrebbe essere riconosciuta tale dalla comunità internazionale”.