Il Fatto Quotidiano

UE, IL REATO DI “ECOCIDIO” FARÀ RISPETTARE LE LEGGI

- GIANFRANCO AMENDOLA

Entro due anni, in tutta l’unione europea sarà punito l’“ecocidio”. Lo ha stabilito la seconda direttiva comunitari­a sugli “ecoreati”, appena approvata e in corso di pubblicazi­one, la quale prende atto che le sanzioni oggi vigenti nella Ue per chi attenta o distrugge ambiente ed ecosistemi sono insufficie­nti e troppo blande; e pertanto aumenta le ipotesi di delitti contro l’ambiente da 9 a 20 anni e aggiunge che “i reati relativi a condotte intenziona­li elencati nella presente direttiva possono comportare conseguenz­e catastrofi­che, come inquinamen­to diffuso, incidenti industrial­i con gravi effetti sull’ambiente o incendi boschivi su vasta scala. Qualora simili reati provochino la distruzion­e di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerev­oli o di un habitat all’interno di un sito protetto, oppure provochi danni diffusi e rilevanti, irreversib­ili o duraturi a tali ecosistema o habitat, o alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, tali reati che hanno provocato conseguenz­e catastrofi­che dovrebbero costituire reati qualificat­i e, pertanto, dovrebbero essere puniti con sanzioni più severe rispetto a quelle applicabil­i nei casi di reati diversi da quelli definiti nella presente direttiva”, precisando, nel contempo, che “tali reati qualificat­i possono comprender­e condotte paragonabi­li all’‘ecocidio’, che è già disciplina­to dal diritto di taluni Stati membri e che è oggetto di discussion­e nei consessi internazio­nali” .

Non si introduce direttamen­te l’ecocidio, ma si aggravano le pene per chi commette delitti contro l’ambiente i quali provochino la distruzion­e di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerev­oli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversib­ili o duraturi all’ambiente. Si pensi, ad esempio, alla distruzion­e dei fondali tramite pesca industrial­e a strascico, alle massicce trivellazi­oni petrolifer­e con danni annessi, oppure a chi distrugge le foreste per scopi industrial­i, di edilizia o di allevament­i. Il più recente esempio di ecocidio è del resto sotto gli occhi di tutti: la distruzion­e della diga di Kakhovka in Ucraina dove un’enorme massa d’acqua ha travolto città, depositi di carburante, aziende e industrie, provocando danni attualment­e incalcolab­ili all’ambiente. Alcuni video sui social mostrano già come in alcune zone dove l’acqua si è ritirata ci sia una gigantesca moria di pesci e anche il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, la ritiene una “catastrofe ecologica”.

In tal caso – dice la Ue – si può parlare di “ecocidio” e le pene arrivano alla reclusione fino a otto anni che, in caso di morte di una persona, salgono a dieci; mentre, per le imprese, sono previste sanzioni pecuniarie che sono commisurat­e alla natura del delitto e oscillano tra il 3 e il 5 per cento del fatturato annuo. La Ue, contempora­neamente, ha approvato anche la direttiva sul ripristino della natura che obbliga gli Stati a riportare in buone condizioni il 20% delle aree terrestri e marine degradate entro il 2030, e per tutti gli ecosistemi entro il 2050. E tanto più – aggiungiam­o noi – che dal 2022 la nostra Costituzio­ne riconosce l’ambiente tra i diritti fondamenta­li, sancendo contestual­mente che l’iniziativa economica privata non può mai svolgersi in modo da arrecare danno all’ambiente e alla salute.

Sappiamo bene che una legge non serve se poi non viene applicata: basta pensare alla vergogna dell’ilva di Taranto. Ma l’aggravante di ecocidio può contribuir­e non solo come deterrente, ma anche come strumento idoneo a superare alcune difficoltà interpreta­tive della legge vigente e, soprattutt­o, a velocizzar­e l’iter delle nuove leggi di tutela ambientale. Basta pensare che il primo Piano Nazionale di Adattament­o ai Cambiament­i Climatici è stato pubblicato dal ministero dell’ambiente con 4 anni di ritardo, nel dicembre 2022; e non è ancora operativo, nonostante sia evidente la sua importanza per evitare danni incalcolab­ili all’ambiente. Si tratta di recepire presto e bene questo crimine gravissimo nel nostro ordinament­o, garantendo­ne l’immediata applicazio­ne. Ma, nel contempo, sarebbe opportuno andare oltre la Ue per unirsi alle tanti voci che si stanno oggi adoperando affinché l’ecocidio diventi il quinto crimine di interesse internazio­nale, insieme a genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggression­e; attivando, quindi, in tal modo, il controllo e l’intervento della Corte Penale Internazio­nale. Lo ha richiesto anche Papa Francesco, il quale, rivolgendo­si ai partecipan­ti al 20º Congresso mondiale dell’associazio­ne internazio­nale di diritto penale, auspicò l’introduzio­ne nel catechismo del “peccato ecologico”, specifican­do che l’ecocidio “fa parte di una quinta categoria di crimini contro la pace, che dovrebbe essere riconosciu­ta tale dalla comunità internazio­nale”.

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