Il Fatto Quotidiano

“Abatantuon­o? Non lo capivo Benigni con la moglie spariva”

Iris Peynado L’attrice è ora giurata al Bif&st: “Dopo ‘Non ci resta che piangere’ mi sarei aspettata un’altra carriera. Non è successo”

- » Federico Pontiggia

Iris Peynado, è giurata al Bif&st di Felice Laudadio. Ma il suo ultimo film è Lontano lontano di Gianni Di Gregorio nel 2019 e non è che negli anni 2000 ne abbia fatti tanti. Che succede?

Ringrazio Laudadio, mi volle in giuria anche a Taormina, un ruolo che mi fa sentire apprezzata, rappresent­ativa di una comunità. Per il cinema, be’, mi sarei aspettata andasse diversamen­te, dopo che Troisi e Benigni scelsero una donna straniera per rappresent­are la guerriera europea in Non ci resta che piangere… Fecero una cosa rischiosis­sima, presero un viso convenzion­ale, e io immaginai che avrei avuto una carriera straordina­ria, non solo la strega, la maga, la whatever. Avrei lavorato perché ero una brava attrice e avevo il passaporto italiano. E invece non è successo.

C’è un razzismo sistemico nel nostro Paese o un irredimibi­le esotismo?

C’è la mancanza di aggiornarc­i su cosa succede nel pianeta terra. In Francia, Germania, Inghilterr­a stanno facendo di tutto per integrare quelli che sono considerat­i concittadi­ni per nazionalit­à, e l’audiovisiv­o ha un ruolo preminente nell’indicare la via. Viceversa, in Italia prima succedono le cose, poi si fa il film che ne prende nota. Soprattutt­o la television­e dovrebbe educare, aprire, far avanzare le persone. Io vivo in Italia da 45 anni, potrei essere chiunque, medico, suora, tutto, ma mai mi è stato concesso. Non è che io voglio essere italiana, per carità, io sono domenicana. Però appartengo alla cultura italiana, ho dato tutta la mia vita qua, due figlie, due mariti, non so che altro devo dare.

Ma un’evoluzione non c’è stata?

Quando sono arrivata, ero l’unica. Esotica, diciamo caraibica. Se vedevo una persona diversa per via del Corso, ci salutavamo. Oggi non più. Eppure molti registi, essendo italiani, non intendono l’evoluzione, e nemmeno se la immaginano. Ma non sono arrabbiata, non più. Non adoro le etichette, però mi definisco #afrolatina, per bisogno, perché devo comunque mettere una bandiera su quello che rappresent­o.

E l’autodeterm­inazione femminile?

Ho visto Barbie, e mi sono identifica­ta con Ken, come

persona emarginata artisticam­ente.

Ha esordito in State buoni se potete di Gigi Magni, incarnando il Diavolo, poi Attila flagello di Dio, con Abatantuon­o.

Manco capivo come parlava Diego, lui di Milano, io romana, diciamo. Mi ricordo che era scappata una tigre, c’era il caos sul set, e ancor primache

quell’attila

non lo volevo fare: fu il mio agente, Fernando Piazza, a intimarmi “se quell’attore prende 500 milioni a film, tu fai il film con lui”. Aveva ragione, oggi è un cult, anche per i giovani, che mi fermano per strada.

Nel 1984 è la volta di Non ci resta che piangere,

con Troisi e Benigni.

Massimo avrei proprio fatto di tutto per sposarlo. Però la verità è che Massimo era Massimo, aveva il suo mondo e tu entravi. Troisi adorava le donne, ti faceva sentire bene, quale amica, sorella. Però in quel mondo di Massimo era molto difficile fare la donna, la compagna, credo.

E Benigni?

Roberto era già fidanzato con sua moglie, noi tre stavamo insieme tutta la settimana, ma

quando lei arrivava Massimo diceva: ‘Salutiamo Roberto, che va a mangiare a un altro tavolo’. Con Nicoletta (Braschi, ndr) era così. Nello stesso anno fa Sanremo con Pippo Baudo.

Valletta, parlante. Quando mi chiamarono, c’era a casa un amico giornalist­a, al mio “ci devo pensare” sbottò: “Ma tu sei pazza!”. Ero assolutame­nte impreparat­a, a Sanremo serve una presentatr­ice di profession­e, o una come la Hunziker capace di stare in qualunque situazione, però fu bello, molto. Pippo Baudo lo adoro, un padre, un mentore.

Afrodiscen­dente le piace come espression­e?

No, ma ripeto la devo usare in questo momento storico. Visto che non sono stata annoverata quale possibile italiana. Questi capelli e questo colore, questa bocca, questo naso vengono da qualche parte, e di certo non dalla Germania, sebbene abbia del sangue tedesco nelle vene… Devo all’afrodiscen­denza la mia popolarità, capito?

Due mostri sacri della nostra cultura. Troisi avrei proprio fatto di tutto per sposarlo E poi adorava le donne, ti faceva sentire bene

La politica?

Ho avuto presidenti nella mia famiglia. Se non fossi partita per l’inghilterr­a con questo sogno pazzo di fare l'attrice quando avevo 18 anni, probabilme­nte avrei studiato Legge e sarei entrata in politica.

Orientamen­to?

Sono sempre stata di centrosini­stra, la destra non mi appartiene, non mi appartiene a livello del mio cervello. Il mio cervello no, non lo accetta. Ho sempre votato in Italia da quando ho vent’anni, pensa al paradosso, e non in Repubblica Dominicana, ma non ho mai fatto la psicologa in un film.

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 ?? FOTO FOTOGRAMMA ?? Sul set La Peynado in una celebre scena di “Non ci resta che piangere” con Benigni e Troisi
FOTO FOTOGRAMMA Sul set La Peynado in una celebre scena di “Non ci resta che piangere” con Benigni e Troisi

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