Il Fatto Quotidiano

Decaro accusa E il Pd: Meloni venga a spiegare

Il ministro sollecitat­o da FDI e FI, ma il prefetto non ha ancora firmato l’atto

- A. MANT E A. MASS.

Lo scioglimen­to dei Comuni per infiltrazi­oni mafiose serve a evitare che l’amministra­zione consenta, per connivenza o anche solo per debolezza, che l’infiltrazi­one prosegua. La commission­e d’accesso nominata dal prefetto ha tre mesi per fare le sue indagini e proporre, eventualme­nte, lo scioglimen­to. E in genere si prende anche i successivi tre mesi, previsti dal Testo unico degli enti locali. Quindi nel caso di Bari è quasi impossibil­e che facciano in tempo: l’amministra­zione guidata dal sindaco Pd Antonio Decaro scade prima, si vota l’8 e il 9 giugno in concomitan­za con le Europee. Al Viminale prevedono che non si arriverà allo scioglimen­to, rimarrà lo sfregio dell’accesso antimafia nel capoluogo della Regione che a giugno ospiterà il G7 a Borgo Egnazia.

BASTA

solo questo per ravvisare una certa strumental­ità politica nell’iniziativa comunicata l’altroieri dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi a Decaro e a spiegare lo scontro che si è aperto. A Bari come a Roma. Il sindaco, che è anche presidente dell’associazio­ne dei Comuni (Anci) e correrà per le Europee, attacca a testa bassa e parla di “atto di guerra contro la città”: ieri in un’appassiona­ta conferenza stampa ha rivendicat­o il suo impegno contro la criminalit­à, ha invitato platealmen­te a togliergli la scorta se qualcuno ne dubita e si è fatto sfuggire anche qualche lacrima. Tutto il Pd è con lui, da Elly Schlein al deputato barese Marco Lacarra che ha chiesto che “venga in aula a chiarire la presidente Meloni perché del ministro Piantedosi non ci fidiamo più”. Dai Cinquestel­le, invece, nemmeno una parola ufficiale e solo “forte preoccupaz­ione”.

È un atto dovuto, dicono al ministero dell’interno, sostenuti dai partiti di maggioranz­a. “Si è reso necessario – si legge in una nota – in esito ad un primo monitoragg­io disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziari­a che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministra­tore giudiziari­o per l’azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interament­e partecipat­a dallo stesso Comune”, si legge nel comunicato che ha spiegato l’iniziativa. Comunicato poco rituale, l’art. 143 del Tuel assegna il potere di nomina della commission­e d’inchiesta al prefetto, che sta sul territorio. E non accenna a monitoragg­i da Roma. Peraltro l’atto del prefetto non è stato ancora firmato. Tra gli arrestati c’è una consiglier­a eletta con il centrodest­ra e passata poi con la maggioranz­a: “Non li dovevamo imbarcare”, dicono ora a Bari. Peraltro lo stesso procurator­e Roberto Rossi nel presentare l’inchiesta aveva sottolinea­to che “l’amministra­zione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalit­à organizzat­a”.

L’INPUT

ministeria­le è arrivato dopo che Piantedosi è stato sollecitat­o, lo scorso 27 febbraio, da un drappello di parlamenta­ri pugliesi di un centrodest­ra che per ora non ha nemmeno un candidato per la succession­e a Decaro. C’erano anche il viceminist­ro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e il sottosegre­tario alla Salute Marcello Gemmato. Proprio Gemmato ieri girava per il Transatlan­tico con le carte dell’inchiesta sull’amtab. Naturalmen­te il ministro ha incontrato anche il sindaco. E il comunicato del Viminale ricorda che “l’accesso ispettivo non è pregiudizi­almente finalizzat­o allo scioglimen­to del Comune bensì ad un’approfondi­ta verifica dell’attività amministra­tiva, anche a tutela degli stessi amministra­tori”. Solo in due capoluoghi di provincia, a Reggio Calabria nel 2012 e a Foggia nel 2021, si è arrivati allo scioglimen­to. Per quella che chiamavamo Mafia capitale, e poi mafia non era, è stato sciolto solo il municipio di Ostia.

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FOTO ANSA Faldoni

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