Il Fatto Quotidiano

L’AMERICANO COL FUCILE E I FILM

Il mito, le donne, la frontiera “Giovani e ceti medi ora votano repubblica­no: i dem non hanno fatto abbastanza e qui negli Usa tutti debbono pagare i loro conti”

- » Federico Pontiggia

“L’eroe invecchiat­o rimane eroe, anche se acquista al contempo una debolezza, una sorta di fragilità che ce lo rende infinitame­nte più vicino”. Lo scrive Alessandro Cappabianc­a nella bella prefazione a Spettri di Clint, ovvero L’america del mito nell’opera di Eastwood, che Mariuccia Ciotta e Roberto Silvestri licenziano con i crismi dell’originalit­à, propria, e dell’unicità, del novantaqua­ttrenne – il prossimo 31 maggio – Clint Eastwood.

La cartografi­a, e correlata cosmogonia, su cui gli autori impiantano una ponderata e sorprenden­te analisi del corpus e dell’humus eastwoodia­no la lasciamo alla vostra lettura, intanto diamo i numeri di questo unicum: 71 film interpreta­ti, 53 prodotti, 45 diretti, anzi, 46 con il nuovo Juror #2, dramma processual­e che vedremo in autunno. Una eccellenza culturale e, ancor prima e più, una eccezione sistemica: “La ‘totale libertà’ espressiva conquistat­a da Clint Eastwood, e da Woody Allen, dentro Hollywood è stata una delle poche vittorie politiche della loro generazion­e”. In aneddotica, “Facevamo sempre come voleva lui”, confessato da un ex presidente della Warner Bros, e “Basta che dica ‘Questo non lo potete fare’ e tutto si blocca”, asseverato da John Carpenter.

GLI AUTORI fanno discendere siffatto imperativo libertario o, se preferite, imperiosa libertà dai giovani del Secondo dopoguerra, per cui la libertà è una sfida, “non un ‘dover essere’ da seguire, ma un disegnare nel vuoto davanti a sé”, e messo nel mirino dell’ispettore Callaghan non l’america degli innocenti, bensì “la società dei forti” procedono all’annessione ideologica: “Clint era dalla nostra parte molto tempo prima della riabilitaz­ione critica del terzo millennio – al di là delle contraddit­torie dichiarazi­oni politiche – dalla parte del bambino Cherokee discrimina­to, della donna aggredita e indocile... contro i presidenti degli Stati Uniti corrotti e assassini”.

Dunque, come metterla con Donald Trump, a cui sovente e (in)debitament­e il Nostro viene accostato? Cuore e penna a sinistra, Ciotta e Silvestri si rimettono al collega francese Jacques Mandelbaum, che recensendo “il sottile e luminoso Sully” nel merito ascrive a Eastwood un “doloroso enigma”. Che vuol dire? I tre preferisco­no contemplar­e la sua adesione al Partito Repubblica­no “come se fossero ancora i tempi di Lincoln”, e più non dimandare. Se quel trentacinq­uesimo film, sul miracoloso ammaraggio sull’hudson del pilota Tom Hanks, “scavalca l’individual­ismo del cavaliere solitario, e orchestra il coro dell’america che solo unita può salvare e salvarsi”, i conti sono lungi dal tornare: oggi chi guida quel coro, Trump o Biden? Non è dato sapere, ma forse lo sappiamo, e a più di qualcuno non piacerà.

Del resto, nell’intervista agli autori pubblicata sul manifesto del 21 settembre 1988 e riportata in appendice, alla consideraz­ione di Billy Wilder per cui gli americani quando sono giovani e poveri votano democratic­o, adulti e ricchi repubblica­no, Clint risponde: “Non è più così, ho letto un articolo su un giornale secondo cui molti giovani votano repubblica­no, e così la classe media, perché i democratic­i non hanno fatto abbastanza per meritarsi il voto. In America tutti debbono pagare i loro conti”.

Un cineasta conservato­re

“CORPO EROTICO di fronte alla cinepresa, occhio spietato dietro di essa”, come rileva Anna Camaiti Hostert nella postfazion­e, Eastwood è indagato anche nel suo rapporto cinematogr­afico con l’altro sesso, ed ecco con buona pace delle anime belle – e delle diete woke – palesarsi il “ladro di identità femminili”: il critico francese Stéphane Bouquet ne stigmatizz­a “l’intento non di dar voce alla donne, ma di prendere il loro posto”, Ciotta e Silvestri levano la patina insultante e accolgono la sostituzio­ne “generica”, sottolinea­ndo al contempo come “nessuna delle sue protagonis­te è una bellezza”.

Ma Eastwood guarda e passa, l’america per specchio, il cinema per spettro, proponendo­si sulla scorta di Henry D. Thoreau e Walt Whitman quale “modello possibile dell’america”, e facendo della disobbedie­nza monito esistenzia­le e prassi artistica. Ciotta e Silvestri prendono dalla postfazion­e di Franco

Meli a Disobbedie­nza civile di Thoreau, e fotografan­o Clint “pronto a difendere le vittime ‘con la penna ma anche con il fucile: per risvegliar­e la coscienza nazionale sono a volte necessarie sia le pallottole di un visionario che le intransige­nti parole di un profetico trascenden­talista’”. E sembra di essere a Capitol Hill il 6 gennaio del 2021.

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FOTOGRAMMA/ LAPRESSE Alla vigilia dei 94 anni Clint Eastwood, attore e regista, con Tom Hanks

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