Alla periferia di Parigi c’è un serial killer che taglia i testicoli allo spacciatore nero
Ancora un poliziotto, in questo caso ex, che verga noir di grande qualità. Dopo Marco De Franchi e il suo Maestro dei sogni (Longanesi), di cui abbiamo scritto la settimana scorsa, adesso è il turno del francese Olivier Norek, l’inventore del capitano Coste, ovviamente fascinoso e duro. Norek si muove bene al confine tra il polar autoctono (poliziesco più noir) e il thriller popolato di serial killer. Nella traduzione di Maurizio Ferrara, è uscito per Rizzoli Codice 93, la trilogia della banlieue, che risale a due lustri fa. Coste è attino nel SDPJ 93, il servizio di polizia giudiziaria della Seine-saint-denis, uno dei tre dipartimenti alla periferia di Parigi. In pratica, il 93 è in mezzo a un enorme ghetto abitato da un milione e mezzo di persone e che vanta un tasso di criminalità record.
IL CASO CHE impegna Coste e la sua squadra mescola appunto il poliziesco e il thriller. La storia principia da un gigante nero rinvenuto all’interno di un capannone. Spacciatore e pappone. Il medico legale, Léa Marquant, a Coste: “Victor, credo che gli manchino le palle. (...). Incisione chirurgica, ablazione dei testicoli dopo legatura. Non gli sarà piaciuto, le ferite sono ante mortem”. Il gigante, di nome Bébé, in realtà non è morto e si risveglia. Il misterioso sicario l’ha zombificato. Indi viene ritrovato il corpo bruciato di un altro spacciatore, seduto però su una sedia intatta. Autocombustione: possibile? Le indagini di Coste incrociano una lista di uccisi “invisibili” (ventitré casi insabbiati per abbassare il tasso di omicidi, da qui il titolo: Codice 93) e il dramma della bella Camille, di nobili ascendenze, finita a prostituirsi per la droga e ammazzata dopo sevizie indicibili. Il contesto è quello di un ghetto dove le dinamiche opache, se non sporche, di potere investono i vertici della polizia. Del resto, il polar ci ricorda che la vita è più complicata di un racconto diviso tra buoni e cattivi, tra il bianco e il nero.