Il Fatto Quotidiano

Il Doge e la corsa solitaria, ma non è più imbattibil­e

- » Giuseppe Pietrobell­i

Da tre anni e mezzo il fenomeno Luca Zaia è diventato un oggetto di studio per i politologi. Mai prima d’ora un presidente di Regione è sembrato incarnare in modo così profondo la rappresent­anza dei veneti. Un Golia della politica soprattutt­o in casa propria, che si basa sullo stratosfer­ico 76,79 per cento ottenuto nel 2022, quando fu confermato per la terza volta. Un milione 883 mila veneti gli decretaron­o fiducia, lui disse che non si sarebbe montato la testa, in realtà da allora lo “Zaiastan”, per delinearne il potere assoluto, è entrato nel lessico del Veneto.

Adesso si ipotizza che la Lega possa correre da sola, nel 2025, se non dovesse essere concessa a Zaia la possibilit­à del quarto mandato A lanciare il guanto della sfida sono stati il segretario regionale Alberto Stefani e il capogruppo in consiglio regionale Giuseppe Pan. Il primo è uomo di Matteo Salvini, il secondo è una creatura di Zaia. Questo dimostra che il partito in modo compatto è pronto a presentare un proprio candidato governator­e per sconfigger­e le velleità dei Fratelli d’italia, rispolvera­ndo il vecchio motto “Prima i veneti”, contro le decisioni imposte dall’alto e da Roma.

A guardare i numeri, Zaia parte da una posizione di forza enorme. Nel 2020 ottenne con la lista Zaia Presidente 21 seggi in consiglio regionale, oltre a 9 della Lega per

Salvini e uno di Veneto Autonomia. Un bottino di 41 seggi che ha ridotto all’impotenza tutti gli altri. Non solo il centrosini­stra e i Cinquestel­le (in totale 10 rappresent­anti), ma anche gli alleati di governo, con 5 eletti di Fratelli d’italia e due di Forza Italia. Da allora non hanno toccato palla (unica consolazio­ne l’assessore Elena Donazzan) e questo ha fatto crescere la loro voglia di potere.

QUELLA

è però un’era geologica che appartiene al passato dei grandi numeri elettorali. Da allora la capacità di Zaia di trainare l’elettorato verso la Lega si è indebolita, nonostante il radicament­o in decine di municipi. La dimostrazi­one si è avuta nel 2022 quando la Lega al 13 per cento è stata superata di quasi tre volte dai Fratelli d’italia, oltre il 32 per cento. In un solo anno il centrodest­ra è riuscito poi a perdere il sindaco di Verona (Federico Sboarina) e quello di Vicenza (Francesco Rucco). Nel primo caso Zaia si era speso in prima persona, anche per

CREPE VENETE PERSE VERONA E VICENZA, FDI 1° PARTITO

contrastar­e Flavio Tosi, che era passato a Forza Italia e aveva affossato la coalizione. A Padova, dove è stato riconferma­to Sergio Giordani, la Lega ha avuto uno dei peggiori risultati di sempre, il 7,3 per cento.

In una parola, l’effetto Zaia non c’è stato, anche perché allora i suoi rapporti con Matteo Salvini non erano idilliaci. Nel corso del 2023, restando alla finestra nella corsa per la segretaria regionale, Zaia ha dimostrato di non essere ostile al segretario, abbandonan­do al proprio destino di sfidante perfino l’assessore Roberto Marcato. Con i numeri delle Politiche la Lega sembra destinata alla sconfitta e così anche Zaia, la cui giunta registra il malumore di tre assessori come Marcato, Giampaolo Bottacin e Federico Caner, che molti danno in libera uscita. La vera arma di Zaia, in una corsa sanitaria che spacchereb­be il centrodest­ra, sarebbe quella dell’orgoglio leghista e dell’identità veneta, dentro una cornice di trasversal­ità politica che nessun altro è in grado di cavalcare.

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FOTO ANSA Mal di pancia Luca Zaia avrebbe voluto il quarto mandato in Veneto

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