.LA NONVIOLENZA. .BATTE LA GUERRA.
“Dispense litografate”: quanti oggi conoscono il significato di questa espressione? Erano trascrizioni delle lezioni dei professori curate da studenti o assistenti, spesso riviste dal docente, poi stampate con il metodo della litografia e distribuite a prezzi modici. Quando frequentavo l’università, negli anni 70, erano ancora preziosi strumenti per preparare gli esami.
Nel 1965 due studentesse dell’università di Torino, Nadia Betti e Marina Vaciago, hanno raccolto e dato alle stampe presso la Cooperativa Libraria Universitaria Torinese (esiste ancora?) le Lezioni di filosofia del diritto tenute dal prof. Norberto Bobbio nell’anno accademico 1964-1965, su Il problema della guerra e le vie della pace.
Tommaso Greco ha curato un’edizione corretta di quelle Lezioni per Laterza, arricchita da una postfazione di Pietro Polito. Ho letto poche settimane fa che pochissimi giovani che frequentano l’università di Torino sanno chi era e cosa ha scritto Norberto Bobbio. Confesso che la notizia mi ha rattristato. Mi illudevo che almeno Bobbio non sarebbe stato dimenticato. Spero che il lavoro di Greco e di Polito serva a fare rinascere l’interesse per la sua opera e la sua vita.
Bobbio ha raccolto i suoi studi sulla guerra e la pace in un volume che reca il medesimo titolo delle Lezioni pubblicato per i tipi de Il Mulino nel 1979, poi ristampato nel 1984, 1991, 1997. Ha ragione Tommaso Greco quando scrive che riproporre le Lezioni del 1964-65 è un “evento editoriale degno di nota” che ci permette di conoscere meglio il Bobbio professore, e di tornare a riflettere sui suoi scritti sulla guerra e sulla pace.
Da intellettuale militante quale è sempre stato, Bobbio si impegnò attivamente nel movimento pacifista. Nel 1961 partecipò alla prima Marcia della Pace organizzata da Aldo Capitini, con il quale strinse una profonda e duratura amicizia. Nell’anno accademico 1962-1963, a riprova dello stretto legame fra gli studi e l’impegno militante, Bobbio, insieme ad Alessandro Passerin d’entrèves, tiene il seminario congiunto di ‘Filosofia del diritto e dottrina dello Stato’ su Il problema della guerra. Sono gli anni, vale la pena ricordarlo, della crisi dei missili a Cuba, quando la guerra fra Usa e Urss combattuta con armi nucleari era una minaccia reale.
Bobbio considerava la guerra, soprattutto la guerra atomica, tema centrale del suo impegno civile: “Da circa 20 anni – scrive nel De senectute e altri scritti autobiografici, del 1996 – ho dedicato buona parte dei miei scritti d’attualità al tema della pace e della formazione di una coscienza atomica. Sia per la novità assoluta del tema che mette in questione ogni tradizionale filosofia della storia, sia per il modo con cui l’ho trattato per grandi sintesi dottrinali e per avervi per la prima volta introdotto la metafora prediletta del labirinto, considero centrale nella mia opera di saggista lo scritto Il problema della guerra e le vie della pace”.
L’origine della profonda preoccupazione di Bobbio per la guerra va rintracciata negli anni della Seconda guerra mondiale, come rivela in un passo molto bello del discorso che pronunciò a Madrid nel 1996 in occasione del conferimento della laurea honoris causa dell’universidad Autónoma. Ha fatto bene Pietro Polito a citarlo nella sua postfazione: “Appartengo a una generazione [...] che è passata dal limbo, in cui, per dirlo con Dante, stanno coloro che ‘mai furon vivi’, all’inferno della Seconda guerra mondiale durata cinque anni e che in Italia, a differenza di quel che accadde in altri Paesi, terminò con l’occupazione tedesca di parte del territorio e con una crudele guerra fratricida, che lasciò piaghe così profonde non ancora guarite dopo mezzo secolo. Per chi, come me, aveva seguito studi giuridici e filosofici e si era occupato forzatamente di studi politicamente asettici, era naturale che, finita la guerra e tornata la libertà, i grandi problemi da affrontare fossero la democrazia e la pace. La storia della mia vita di studioso comincia di lì. Quello che precede è la preistoria”.
Bobbio ha cercato le vie della pace, ma non è mai stato un sostenitore della non violenza, anche se ammirava gli apostoli di quella dottrina: “Non mi considero – scrive – un nonviolento militante, ma ho acquistato la certezza assoluta che o gli uomini riusciranno a risolvere i loro conflitti senza ricorrere alla violenza, in particolare a quella violenza collettiva e organizzata che è la guerra, sia esterna sia interna, o la violenza li cancellerà dalla faccia della terra. L’importanza dei movimenti che predicano la nonviolenza collettiva e attiva deriva dalla accresciuta consapevolezza che via via che la violenza diventa più totale diventa anche più inefficace. Certamente l’uomo non può rinunciare a combattere contro l’oppressione, a lottare per la libertà, per la giustizia, per l’indipendenza. Ma è possibile, e sarà anche producente e concludente, combattere con altri mezzi che non siano quelli tradizionali della violenza individuale e collettiva? Questo è il problema”. Preferiva il pacifismo istituzionale rispetto al pacifismo morale perché riteneva il primo più realistico del secondo. Mentre il pacifismo morale confida nella speranza di un miglioramento della natura umana, il pacifismo istituzionale confida nel diritto sostenuto da istituzioni statali e sovranazionali con potere di sanzione. Alla domanda “come si possono rendere impossibili le guerre?” Bobbio risponde: “Tra le risposte che si possono dare a questa domanda, di cui le due estreme sono l’azione diplomatica, praticabile ma insufficiente, e l’educazione alla pace, più efficace ma meno attuabile, io ho dato la preferenza, per ragioni legate alla mia formazione culturale e per una naturale vocazione a ritenere che la virtù sia nel mezzo, a quella che guarda alla creazione di nuove istituzioni che aumentino i vincoli reciproci tra gli Stati o al rafforzamento di quelle fra le vecchie che hanno dato sinora buona prova”.
Di fronte alla forza dei signori della guerra del nostro tempo, e alle falangi di servi sempre pronti a giustificare e a scusare anche le guerre più ingiuste, le voci di chi ama la pace e i diritti dei popoli sono più deboli rispetto ai tempi di Bobbio. Eppure, proprio Bobbio, che non era certo un ottimista, chiudeva l’ultima edizione de Il problema della guerra e le vie della pace con parole che noi vecchi non dovremmo mai stancarci ripetere ai giovani: “Qualche volta è accaduto che un granello di sabbia sollevato dal vento abbia fermato una macchina. Anche se ci fosse un miliardesimo di miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo [che abbiamo costruito] è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino”.
MORALE DISARMATA “Certo, riusciremo a risolvere i conflitti, grazie ai movimenti pacifisti. Anche se l’uomo non può rinunciare a combattere contro l’oppressione, a lottare per la libertà, la giustizia, l’indipendenza”