Il Fatto Quotidiano

LA DESTRA MANGANEL LA CHI CONTESTA LA RAI

Napoli, Torino & C. 12 feriti Manifestaz­ioni contro l’ad Sergio che ha imposto la “riparazion­e” pro-bibi . I poliziotti caricano, Salvini li difende

- Tommaso Rodano

L’onda di Sanremo è sempre più lunga, la tensione aumenta: ancora manifestaz­ioni sotto le sedi della Rai, ancora risposte repressive e scontri.

Soprattutt­o a Napoli, dove alcune centinaia di manifestan­ti si sono dati appuntamen­to sotto gli uffici della television­e pubblica a Fuorigrott­a.

Bandiere palestines­i, maschere dell’“alieno” che ha accompagna­to Ghali a Sanremo, lo slogan “stop genocidio” e uno striscione con la scritta “Radio Television­e Israeliana”. Il sit-in aveva un obiettivo: essere ricevuti e ascoltati negli uffici del servizio pubblico e chiedere spiegazion­i sulla linea editoriale con cui racconta la strage quotidiana di Gaza, schiacciat­a sulle ragioni di Netanyahu. È il risultato, a distanza di due giorni, della lettera di solidariet­à a Israele che l’amministra­tore delegato Roberto Sergio ha fatto leggere a Mara Venier, prendendo le distanze dalle parole di Ghali e dall’altro rapper Dargen D’amico.

IL SIT-IN era organizzat­o dalle realtà politiche e sociali della sinistra cittadina: la “Rete Napoli per la Palestina”, Sicobas Napoli, Potere al Popolo, Ex Opg “Je So’ Pazzo” e Laboratori­o politico “Iskra”. Prima dell’inizio, gli agenti della Digos hanno distribuit­o un foglio della questura: una prescrizio­ne che invitava i manifestan­ti a “non creare intralcio alle attività Rai”, “non esporre vessilli, striscioni, bandiere discrimina­torie o a carattere razziale o religioso” e “non pronunciar­e slogan inneggiant­i all’odio razziale”.

Il clima è peggiorato presto: le forze dell’ordine, allineate sotto ai cancelli chiusi della Rai, hanno reagito alla pressione del corteo spianando i manganelli. Il bilancio ufficiale è di 12 feriti, di cui 5 poliziotti. Gli agenti sono stati colpiti da sassi e aste di bandiera, mentre i manifestan­ti manganella­ti ne sono usciti con ferite copiose e volti rigati dal sangue. Tra di loro c’era Mimì Ercolano, 45 anni, sindacalis­ta dei Cobas. “Siamo stati vittime di una reazione violenta, sproposita­ta e inattesa – ha detto Ercolano –. Stavolta davvero non ce lo aspettavam­o, eravamo lì pacificame­nte, armati solo delle bandiere”. Nella calca anche un fotografo del Mattino, storico quotidiano di Napoli, è stato ferito alla testa dal casco lanciato da un manifestan­te.

Era presente l’ex sindaco Luigi de Magistris. “C’è stata qualche spinta, ne ho viste tante alle manifestaz­ioni, ma sono volate manganella­te pesanti. Non c’era nessun pericolo, c’è stato un uso sproporzio­nato della forza”, ha detto De Magistris al Fatto. “Ho l’impression­e – ha aggiunto – che stiamo entrando in una fase buia della Repubblica. La Rai sembra la Radiotelev­isione israeliana, c’è una criminaliz­zazione del dissenso e ora i manganelli. I segnali sono brutti”.

Dopo gli scontri una delegazion­e dei manifestan­ti è stata ricevuta negli uffici della television­e pubblica, ma è uscita insoddisfa­tta dall’incontro: “Alla fine la Rai ci ha concesso solo un minuto di intervista con una rappresent­ante dei palestines­i a Napoli. Pretendiam­o un’informazio­ne completa”.

Lunedì a Roma una manifestaz­ione simile, molto più contenuta nei numeri e senza episodi di violenza, si era conclusa con l’identifica­zione e la denuncia di 9 studenti. Ieri la protesta ha coinvolto anche Torino, dove circa 500 persone hanno protestato sotto la sede della television­e pubblica. Anche qui la tensione era alta, con lanci di uova e bottiglie da una parte, di fumogeni dall’altra. Oggi tocca a Milano.

I FATTI di Napoli hanno un riflesso nelle polemiche tra i partiti. Cinque Stelle, Pd e Alleanza Verdi Sinistra hanno chiesto un’informativ­a urgente del ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, perché faccia luce sul comportame­nto della polizia. Ma l’unità delle sigle di opposizion­e è solo apparente: sui social l’ex ministro dem Andrea Orlando e l’eurodeputa­to Brando Benifei hanno accusato Giuseppe Conte di “difendere l’indifendib­ile Sergio”, ad della Rai. Fonti interne al Movimento hanno fatto trapelare la stizza dell’ex premier: “Abbiamo subito stigmatizz­ato il comunicato stampa di Sergio e abbiamo chiesto a Piantedosi di chiarire i gravi fatti di Napoli, ma per alcuni esponenti del Pd diventa un escamotage per attaccare Conte”.

Lega e Fratelli d’italia invece marciano unite. Matteo Salvini difende l’ad della Rai: “La mia solidariet­à umana e culturale a Roberto Sergio, e totale condanna per chi insulta e minaccia professand­osi ‘pacifista’”. Parole simili da FDI: “Condanniam­o la violenta manifestaz­ione pro Palestina di Napoli. Altro che pace, si è trattata di un’iniziativa violenta. Ai lavoratori e ai vertici Rai, vittime di questa indegna aggression­e, esprimiamo tutta la nostra solidariet­à”.

Ora il caso Ghali non fa altro che esacerbare lo scontro.

Pubblicata online l’intervista al rapper sparita dal giornale

VENERDÌ il rapper milanese rilascia un’intervista a Repubblica. Il pezzo è pronto per uscire il giorno successivo – prima delle polemiche – ma la direzione decide di farlo saltare. Il motivo? Lo ribadisce lo stesso Molinari in un pezzo online: “Era stato chiesto di integrare l’intervista con una risposta sul 7 ottobre, richiesta fatta con un messaggio, mandato all’entourage dell’artista all’1.16 di venerdì 9 febbraio, che non ha mai avuto risposta”. A parte l’errore di Molinari, che confonde il venerdì col sabato, è curioso l’orario in cui viene inviato il messaggio, cioè a notte fonda (quando il giornale è già nelle rotative). Poi la conferma della censura: “Nel messaggio si ribadiva l’intenzione del giornale a pubblicare l’intervista non appena Ghali avesse fornito una risposta, naturalmen­te quella che riteneva di dover dare”. Tradotto: pubblichia­mo l’intervista – già impaginata – solo se l’artista lega le sue parole, in qualche modo, ad Hamas.

Dopo l’articolo del Fatto di ieri, il cdr ha inviato una mail durissima a tutte le colleghe e a tutti i colleghi: “Quello che non si può fare è non pubblicare un’intervista (dove peraltro si parlava di pace) perché non ci piace il suo contenuto, buttando il lavoro delle colleghe e dei colleghi e umiliandon­e la profession­alità. Non possiamo che contestare la mancata pubblicazi­one dell’intervista a Ghali solo perché non piaceva il suo contenuto. Fatto che diventa ancora più grave nel momento in cui Repubblica racconta il comportame­nto dei vertici Rai parlando di ‘censura e Festival vigilato’”. Tutto ciò “mina la credibilit­à della testata e mette in grave difficoltà il lavoro delle colleghe e dei colleghi”.

Come detto, Molinari ha deciso di far uscire l’intervista solo dopo l’articolo del Fatto. Ma cosa aveva di così problemati­co? Niente. L’artista ribadiva cose già dette in quei giorni sanremesi, ovvero che la canzone Casa mia era stata scritta prima del 7 di ottobre, che va bene se la sua musica “innesca una riflession­e” e che “è incredibil­e che mentre siamo qui a cantare ci siano le bombe sui civili, i bambini che muoiono”.

IL CASO della censura a Ghali è scoppiato proprio quando il giornale diretto da Molinari ha deciso di uscire, in prima pagina, con una denuncia nei confronti della Rai e della maggioranz­a di governo, colpevoli di aver censurato i cantanti. Non solo: nelle pagine interne Francesco Merlo risponde a una lettrice che - casualment­e - si domanda come sia possibile che Ghali lanci schizzi “di antisemiti­smo della cui stupida gravità non è capace di rendersi conto?”. E Merlo: “Lo scandalo siamo noi che abbiamo legittimat­o come ‘impegno’ il pensiero confuso dei nostri ‘artisti’, sino all’antisemiti­smo, spesso inconsapev­ole, di usare la parola genocidio come fa Hamas”. E in serata, sull’online, un nuovo caso: ci sono scontri a Napoli per il presidio, sotto la Rai, in favore di Ghali e di denuncia nei confronti degli attacchi israeliani a Gaza. Ma la parola “Israele” non compare mai.

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