LA DESTRA MANGANEL LA CHI CONTESTA LA RAI
Napoli, Torino & C. 12 feriti Manifestazioni contro l’ad Sergio che ha imposto la “riparazione” pro-bibi . I poliziotti caricano, Salvini li difende
L’onda di Sanremo è sempre più lunga, la tensione aumenta: ancora manifestazioni sotto le sedi della Rai, ancora risposte repressive e scontri.
Soprattutto a Napoli, dove alcune centinaia di manifestanti si sono dati appuntamento sotto gli uffici della televisione pubblica a Fuorigrotta.
Bandiere palestinesi, maschere dell’“alieno” che ha accompagnato Ghali a Sanremo, lo slogan “stop genocidio” e uno striscione con la scritta “Radio Televisione Israeliana”. Il sit-in aveva un obiettivo: essere ricevuti e ascoltati negli uffici del servizio pubblico e chiedere spiegazioni sulla linea editoriale con cui racconta la strage quotidiana di Gaza, schiacciata sulle ragioni di Netanyahu. È il risultato, a distanza di due giorni, della lettera di solidarietà a Israele che l’amministratore delegato Roberto Sergio ha fatto leggere a Mara Venier, prendendo le distanze dalle parole di Ghali e dall’altro rapper Dargen D’amico.
IL SIT-IN era organizzato dalle realtà politiche e sociali della sinistra cittadina: la “Rete Napoli per la Palestina”, Sicobas Napoli, Potere al Popolo, Ex Opg “Je So’ Pazzo” e Laboratorio politico “Iskra”. Prima dell’inizio, gli agenti della Digos hanno distribuito un foglio della questura: una prescrizione che invitava i manifestanti a “non creare intralcio alle attività Rai”, “non esporre vessilli, striscioni, bandiere discriminatorie o a carattere razziale o religioso” e “non pronunciare slogan inneggianti all’odio razziale”.
Il clima è peggiorato presto: le forze dell’ordine, allineate sotto ai cancelli chiusi della Rai, hanno reagito alla pressione del corteo spianando i manganelli. Il bilancio ufficiale è di 12 feriti, di cui 5 poliziotti. Gli agenti sono stati colpiti da sassi e aste di bandiera, mentre i manifestanti manganellati ne sono usciti con ferite copiose e volti rigati dal sangue. Tra di loro c’era Mimì Ercolano, 45 anni, sindacalista dei Cobas. “Siamo stati vittime di una reazione violenta, spropositata e inattesa – ha detto Ercolano –. Stavolta davvero non ce lo aspettavamo, eravamo lì pacificamente, armati solo delle bandiere”. Nella calca anche un fotografo del Mattino, storico quotidiano di Napoli, è stato ferito alla testa dal casco lanciato da un manifestante.
Era presente l’ex sindaco Luigi de Magistris. “C’è stata qualche spinta, ne ho viste tante alle manifestazioni, ma sono volate manganellate pesanti. Non c’era nessun pericolo, c’è stato un uso sproporzionato della forza”, ha detto De Magistris al Fatto. “Ho l’impressione – ha aggiunto – che stiamo entrando in una fase buia della Repubblica. La Rai sembra la Radiotelevisione israeliana, c’è una criminalizzazione del dissenso e ora i manganelli. I segnali sono brutti”.
Dopo gli scontri una delegazione dei manifestanti è stata ricevuta negli uffici della televisione pubblica, ma è uscita insoddisfatta dall’incontro: “Alla fine la Rai ci ha concesso solo un minuto di intervista con una rappresentante dei palestinesi a Napoli. Pretendiamo un’informazione completa”.
Lunedì a Roma una manifestazione simile, molto più contenuta nei numeri e senza episodi di violenza, si era conclusa con l’identificazione e la denuncia di 9 studenti. Ieri la protesta ha coinvolto anche Torino, dove circa 500 persone hanno protestato sotto la sede della televisione pubblica. Anche qui la tensione era alta, con lanci di uova e bottiglie da una parte, di fumogeni dall’altra. Oggi tocca a Milano.
I FATTI di Napoli hanno un riflesso nelle polemiche tra i partiti. Cinque Stelle, Pd e Alleanza Verdi Sinistra hanno chiesto un’informativa urgente del ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, perché faccia luce sul comportamento della polizia. Ma l’unità delle sigle di opposizione è solo apparente: sui social l’ex ministro dem Andrea Orlando e l’eurodeputato Brando Benifei hanno accusato Giuseppe Conte di “difendere l’indifendibile Sergio”, ad della Rai. Fonti interne al Movimento hanno fatto trapelare la stizza dell’ex premier: “Abbiamo subito stigmatizzato il comunicato stampa di Sergio e abbiamo chiesto a Piantedosi di chiarire i gravi fatti di Napoli, ma per alcuni esponenti del Pd diventa un escamotage per attaccare Conte”.
Lega e Fratelli d’italia invece marciano unite. Matteo Salvini difende l’ad della Rai: “La mia solidarietà umana e culturale a Roberto Sergio, e totale condanna per chi insulta e minaccia professandosi ‘pacifista’”. Parole simili da FDI: “Condanniamo la violenta manifestazione pro Palestina di Napoli. Altro che pace, si è trattata di un’iniziativa violenta. Ai lavoratori e ai vertici Rai, vittime di questa indegna aggressione, esprimiamo tutta la nostra solidarietà”.
Ora il caso Ghali non fa altro che esacerbare lo scontro.
Pubblicata online l’intervista al rapper sparita dal giornale
VENERDÌ il rapper milanese rilascia un’intervista a Repubblica. Il pezzo è pronto per uscire il giorno successivo – prima delle polemiche – ma la direzione decide di farlo saltare. Il motivo? Lo ribadisce lo stesso Molinari in un pezzo online: “Era stato chiesto di integrare l’intervista con una risposta sul 7 ottobre, richiesta fatta con un messaggio, mandato all’entourage dell’artista all’1.16 di venerdì 9 febbraio, che non ha mai avuto risposta”. A parte l’errore di Molinari, che confonde il venerdì col sabato, è curioso l’orario in cui viene inviato il messaggio, cioè a notte fonda (quando il giornale è già nelle rotative). Poi la conferma della censura: “Nel messaggio si ribadiva l’intenzione del giornale a pubblicare l’intervista non appena Ghali avesse fornito una risposta, naturalmente quella che riteneva di dover dare”. Tradotto: pubblichiamo l’intervista – già impaginata – solo se l’artista lega le sue parole, in qualche modo, ad Hamas.
Dopo l’articolo del Fatto di ieri, il cdr ha inviato una mail durissima a tutte le colleghe e a tutti i colleghi: “Quello che non si può fare è non pubblicare un’intervista (dove peraltro si parlava di pace) perché non ci piace il suo contenuto, buttando il lavoro delle colleghe e dei colleghi e umiliandone la professionalità. Non possiamo che contestare la mancata pubblicazione dell’intervista a Ghali solo perché non piaceva il suo contenuto. Fatto che diventa ancora più grave nel momento in cui Repubblica racconta il comportamento dei vertici Rai parlando di ‘censura e Festival vigilato’”. Tutto ciò “mina la credibilità della testata e mette in grave difficoltà il lavoro delle colleghe e dei colleghi”.
Come detto, Molinari ha deciso di far uscire l’intervista solo dopo l’articolo del Fatto. Ma cosa aveva di così problematico? Niente. L’artista ribadiva cose già dette in quei giorni sanremesi, ovvero che la canzone Casa mia era stata scritta prima del 7 di ottobre, che va bene se la sua musica “innesca una riflessione” e che “è incredibile che mentre siamo qui a cantare ci siano le bombe sui civili, i bambini che muoiono”.
IL CASO della censura a Ghali è scoppiato proprio quando il giornale diretto da Molinari ha deciso di uscire, in prima pagina, con una denuncia nei confronti della Rai e della maggioranza di governo, colpevoli di aver censurato i cantanti. Non solo: nelle pagine interne Francesco Merlo risponde a una lettrice che - casualmente - si domanda come sia possibile che Ghali lanci schizzi “di antisemitismo della cui stupida gravità non è capace di rendersi conto?”. E Merlo: “Lo scandalo siamo noi che abbiamo legittimato come ‘impegno’ il pensiero confuso dei nostri ‘artisti’, sino all’antisemitismo, spesso inconsapevole, di usare la parola genocidio come fa Hamas”. E in serata, sull’online, un nuovo caso: ci sono scontri a Napoli per il presidio, sotto la Rai, in favore di Ghali e di denuncia nei confronti degli attacchi israeliani a Gaza. Ma la parola “Israele” non compare mai.