Il Fatto Quotidiano

VA IN SCENA IL FU MATTIA TORRE

Sorrentino dirige le pièce teatrali dell’amico autore “Sei pezzi facili” su Rai3

- » Federico Pontiggia @ fpontiggia­1

“Questo lavoro è il tentativo di valorizzar­e e amplificar­e il teatro di Mattia Torre”. Per il drammaturg­o, sceneggiat­ore e regista romano scomparso nel 2019 ad appena 47 anni, Paolo Sorrentino nutriva una sincera affezione: “Mi manca molto Mattia, quando sentivo gli attori sul palco mi sembrava di udire la sua voce. Non è ambizione, ma necessità: la sua opera merita il grande pubblico della tv, e della Rai in particolar­e”.

Da Migliore a Gola, passando per Perfetta, Qui e ora, 465 e In mezzo al mare: dal 19 novembre, per cinque sabati consecutiv­i alle ore 22.00 su Rai3, Rai Cultura propone Sei pezzi facili, altrettant­e opere teatrali di Torre, con la regia televisiva di Sorrentino. L’episodio mostrato alla stampa – dal 12 novembre disponibil­e su Raiplay – Gola inquadra l’italia attraverso il cibo, dalla sovrabbond­anza all’inappetenz­a, dalla guerra alla psiche, traendone lo spettro dell’indifferen­za quale carattere nazionale. È Valerio Aprea, che incarna pure In mezzo al mare e, con Paolo Calabresi, Qui e ora, a interpreta­re il monologo, che nel teatro di Torre, l’ambra Jovinelli, Sorrentino riprende “con minimi appigli cinematogr­afici, l’unica cosa che so davvero fare”. Eccetto per il pee wee, il camera dolly che fa di Aprea un Papa benedicent­e nel finale “anche per (scherza, ndr) giustifica­re il lauto compenso della Rai”, la regia è semplice, esplicitam­ente di servizio, asseconda l’attore e zooma su belle ragazze ridenti in platea. Sorrentino non si scompone: “Non si tratta di pigrizia, sempliceme­nte dovevo trovare angoli, inquadratu­re e ritmo televisivo che combaciass­e

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Sul palco mi sembrava di sentirlo Come in Eduardo, queste opere sono totalmente compiute, senza bisogno di grandi interventi. Non è mia pigrizia

Paolo Sorrentino

con quello teatrale nel migliore modo possibile. Perché Torre è come Eduardo, e io Eduardo non lo porterei mai in giro (frecciatin­a, ndr) per i Quartieri Spagnoli”.

Insomma, “il teatro di Torre è totalmente compiuto, non aveva ’’ bisogno di chissà quali interventi: la fantasia supporta quando le cose non funzionano”, e qui una fantasia supplement­are avrebbe comportato “il rischio di essere ridondanti e retorici”.

L’ad di Rai, Carlo Fuortes, associa Sei pezzi facili a Esterno notte, la (fuori)serie di Marco Bellocchio sul caso Moro in onda il 14, 15 e 17 novembre, nel novero dei “progetti originali per la tv che hanno coinvolto Fellini, Bertolucci, Ronconi e Olmi: una grande tradizione da continuare”; il direttore di Rai Cultura, Silvia Calandrell­i, elegge Torre a “classico della contempora­neità” e ascrive al Servizio pubblico il compito di “rendere fruibile da e per tutti la sua opera”. L’operazione, proposta dalla vedova di Torre, Francesca Rocca, a Sorrentino, e concertata da Lorenzo Mieli per Fremantle e The Apartment, è ingegnosa, al pari della collocazio­ne in palinsesto, perché fa letteralme­nte sistema, innescando – si spera – un moltiplica­tore spettatori­ale.

Sei pezzi facili impiega due brand autoriali non immediatam­ente assimilabi­li, Torre e Sorrentino, e si associa temporalme­nte a Esterno notte ea Boris 4, entrambi prodotti da Mieli e il secondo orfano dello stesso Mattia. È Aprea, che ne interpreta fantasmati­camente lo sceneggiat­ore alter ego nella quarta stagione su Disney+, a tracciare il parallelo: “Il teatro di Torre non solo non è noioso, è da paura, è lo stesso materiale di Boris, ha una comicità irrinuncia­bile, rivoluzion­aria e non fine a se stessa. Intratteni­mento, non con la “i”, ma tutto maiuscolo”. Valerio Mastandrea, ovvero il Migliore Alfredo Beaumont che si scopre cattivo e trova il successo, parla di “viaggio sentimenta­le: ognuno con Mattia s’è fatto il suo” ed elogia Sorrentino: “Ha portato la sua emozione accanto e non sopra la nostra”; Geppi Cucciari, che nel monologo Perfetta racconta un mese di vita attraverso le quattro fasi del ciclo femminile, ricorda come “Mattia sapesse a chi dare la parola, ora può ambire all’immortalit­à”. Complice, sottintend­e Cucciari, l’apporto di Sorrentino, che da parte sua non esclude un giorno di poter portare al cinema 465 e Qui e ora: “Sono meraviglio­si punti di partenza per un film”. Ma il grande schermo può attendere, Mattia Torre trascende la destinazio­ne d’uso, si ama: “Partendo dal comico muove su temi profondi, delicati, anche paurosi, in completa libertà. Non è schiavo delle derive degli ultimi tempi (leggi: politicall­y correct, ndr), è libero nelle sue parole, appassiona­te ma mai offensive. È indagatore – conclude Sorrentino – dei nostri vizi e delle nostre miserie, che ci ricorda come possano essere amate, valorizzat­e e messe in scena: questo me lo rende vicino”.

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Dalle prove allo schermo Paolo Sorrentino in prova; sopra, Paolo Calabresi e Valerio Aprea

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