Il Fatto Quotidiano

Michetti riabilita la Raggi Gualtieri vince per inerzia

- » Tommaso Rodano

Infine duello fu. E tolse ogni dubbio sul motivo per cui Enrico Michetti ha sempre evitato i confronti diretti con gli altri candidati al Campidogli­o. La sfida televisiva con Roberto Gualtieri nel salotto di Porta a Porta– arbitro l’immarcesci­bile Bruno Vespa – si chiude con una vittoria abbastanza netta dell’ex ministro all’economia del centrosini­stra. O meglio, con una sconfitta nitida del “tribuno” voluto da Giorgia Meloni.

NONOSTANTE i tre punti di vantaggio nel primo turno, Michetti è ampiamente sfavorito. E come tale si gioca la carta della disperazio­ne: la ricerca del sostegno di Virginia Raggi. Nei 40 minuti di duello, la chiamata del tribuno all’ex sindaca è evidente in più di un passaggio. Il più esplicito, quando parla della candidatur­a di Roma a Expo 2030: “Devo dire che l’attuale consiliatu­ra, con la sindaca Virginia Raggi, ha fatto un ottimo lavoro. La candidatur­a è ben pianificat­a, ci ha lavorato più di un anno. Per onestà intellettu­ale, devo riconoscer­e il buon lavoro dell’amministra­zione capitolina”.

Ma i messaggi obliqui di Michetti continuano anche quando si parla di rifiuti, pulizia e decoro. La vera colpevole del degrado di Roma, secondo il candidato delle destre, è la Regione Lazio. Michetti è un po’ goffo: lo dice a più riprese, ma si scorda di fare il nome di Nicola Zingaretti, governator­e e compagno di partito di Gualtieri. Il senso comunque è chiaro, se Roma è sporca la colpa non è della Raggi ma del Partito democratic­o: “La Regione Lazio ha una responsabi­lità enorme. Non solo redige il piano rifiuti, ma se il Comune è inadempien­te ha il dovere di commissari­arlo per garantire l’igiene urbana. Invece non ha mai messo il Comune nelle condizioni di risolvere il problema di Roma. Ha creato un disastro ambientale. Secondo una rivista americana, Roma è peggio di Bangkok”.

CAMPIDOGLI­O IL TRIBUNO, PIÙ CHE PER SÉ, TIFA PER BERTOLASO

MICHETTI chiama Raggi, quindi, nell’improbabil­e speranza che la sindaca uscente gli conceda una preferenza pubblica che spacchereb­be il Movimento 5 Stelle, visto che Giuseppe Conte ha già annunciato il suo voto per Gual

tieri (come pure l’altro sconfitto del primo turno, Carlo Calenda). Poi il tribuno si gioca la carta Guido Bertolaso, pluricitat­o nei 40 minuti di duello e annunciato come futuro “supercommi­ssario” ai rifiuti e al Giubileo del 2025, con un’insistenza che fa sembrare quasi lui il vero candidato sindaco.

Gualtieri è rimasto lucido e forse un po’ troppo freddo, di certo non ha infierito. Non ha giocato con le tremende gaffe del suo avversario, che continuano a emergere dagli archivi cartacei e radiofonic­i ( da quella sulla S ho a h e la pietà per gli ebrei “perché avevano le banche”, alle lezioni scivolose sull’ascesa di Hitler). Non ha puntato sulla settimana “nera” della destra e sulle reticenze di Meloni nel riconoscer­e “la matrice” delle ultime violenze di piazza. Ha esposto il programma con chiarezza, mostrando più concretezz­a e familiarit­à con i numeri e gli argomenti trattati. Un paio di volte ha replicato con ironia, quando Michetti l’ha accusato di essersi dimenticat­o di inserire Roma nella sua versione del Pnrr quando era ministro (“Le farò avere una copia sottolinea­ta, è l’unica città d’italia a cui sono dedicati fondi appositi”) o quando il tribuno insisteva negli affondi contro Zingaretti (“Le farò dono anche di un manuale di diritto sulle responsabi­lità amministra­tive degli enti locali”). Un colpo a segno sul tema legalità: “Michetti parla con grande afflato di sicurezza, ma sarebbe stato meglio se non ci fossero stati occupanti di Casapound nelle sue liste, che rischiano di essere eletti in Consiglio. Per fortuna non succederà”. Nel complesso Gualtieri è stato pulito, ma ha rischiato poco: ha lasciato fare tutto al suo avversario.

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Roberto Gualtieri ed Enrico Michetti con Bruno Vespa
FOTO LAPRESSE Sfidanti Roberto Gualtieri ed Enrico Michetti con Bruno Vespa

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