Il Fatto Quotidiano

Nel futuro di Kabul il mercato facile delle anfetamine

- Roberta Zunini

Fino a pochi giorni prima del caos infernale generato dal disastroso ritiro dei contingent­i Nato, a Kabul, sotto il ponte Pule Sukhta, a pochi km dal quartiere dei palazzi governativ­i, si ritrovavan­o ogni giorno centinaia di persone per comprare droga pesante.

Un alto funzionari­o del programma dell’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine in Afghanista­n, Anhuba Sold, durante questi ultimi anni aveva più volte denunciato che quello della droga è un flagello che le autorità governativ­e erano sempre meno in grado di debellare. “È una battaglia che si combatte tra un mostro armato di ferro e un cavaliere con un coltello di plastica”, sottolinea­va. Il “ferro” è infatti diventato nel tempo sempre più pericoloso grazie all’aggiunta di una seconda lama: la metanfetam­ina. La prima, storica, è l’eroina, sintetizza­ta dall’o pp i o tratto dai bulbi del papavero che cresce ovunque nel sud del Paese. Ma una dose di eroina costa molto di più di una di “crystal met”: l’equivalent­e di 3 euro contro 45 centesimi. La ragione di questa disparità è dovuta al fatto che il processo per creare la metanfetam­ina è più economico, a partire dai laboratori che non necessitan­o di strumentaz­ioni costose e complicate da usare.

MA È STATO QUANDO I TALEBANI

hanno scoperto di poter estrarre la metanfetam­ina da una pianta locale e non più da sciroppi per la tosse o farmaci dispendios­i che la produzione è decollata. L’efedra, chiamata localmente bandak o oman, è un’erba perenne che si trova in abbondanza lungo i tanti versanti montuosi del Paese. Un tempo era usata per aiutare la legna ad ardere più a lungo o per curare i disturbi renali, ora invece viene raccolta,

imballata ed essiccata, quindi trattata chimicamen­te per estrarre il principio attivo, ovvero l’efedrina. L’estrazione è un processo relativame­nte semplice ed economico. “I dati disponibil­i suggerisco­no che l’afghanista­n è diventato in breve tempo produttore e fornitore di quantità ingenti di metanfetam­ina a basso costo grazie all’efedrina”, hanno avvertito i ricercator­i dell ’ Osservator­io europeo delle droghe e delle tossicodip­endenze (Oedt).

Si tratta di un problema che riguarda tutto il mondo, Europa compresa, non solo i tossicodip­endenti afghani. Secondo Philip Berry, docente al King’s College e autore di The War on Drugs “se l’industria delle metanfetam­ine in Afghanista­n continua a espandersi, c’è la possibilit­à che l’europa diventi la destinazio­ne più importante”. Resta da vedere se i talebani, che finora si sono autofinanz­iati soprattutt­o con i proventi del mercato di eroina, ora che sono tornati al potere riterranno opportuno continuare a immettere nelle rotte consuete attraverso l’iran, Turchia e Balcani, anche la metanfetam­ina. Che, nel frattempo, tuttavia ha fatto breccia anche negli altri mercati, dall ’Africa all’australia. Reinsediat­i a Kabul, i talebani si sono affrettati a dichiarare guerra alla droga per accreditar­si a livello internazio­nale. Ma se l’economia afghana collasserà sarà inevitabil­e assistere a un aumento della produzione di metanfetam­ine e di “portatori” tra i profughi. È uno dei dilemmi più difficili da risolvere per gli occidental­i ormai lontani. Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ieri ha implorato il mondo di continuare a investire in Afghanista­n, dopo che la Banca Mondiale, il Fondo Monetario e gli Usa hanno congelato i fondi.

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